Turchia: qualche considerazione a posteriori (“a bocce ferme”, relativamente ferme almeno) post elettorale.
Con qualche segnale di speranza (anche se sappiamo che il peggio può sempre arrivare).
Ricordando soprattutto che la questione principale, quella determinante,rimane l’economia. Quella turca (con la la lira in caduta libera) è messa piuttosto male, naviga a vista e non si esclude un naufragio.
Stando ai dati forniti per il 2023 da Enag (Gruppo di ricerca sull’inflazione) l’inflazione si aggira sul 58,9% e l’aumento dei prezzi al consumo arriva al 128%. Una tendenza che si mantiene e conferma almeno dal 2019.
L’aumento del costo della vita, insopportabile per una fetta consistente di popolazione, è sicuramente uno dei principali fattori degli scarsi risultati conseguiti dal partito di Erdogan alle ultime lezioni municipali del 31 marzo.
Tra i segnali di speranza di cui si diceva, il buon risultato del Partito DEM (Partito Popolare per l’Uguaglianza e la Democrazia; ex HDP, disciolto in quanto minacciato di interdizione).
Nonostante le ben note difficoltà incontrate, ha riconquistato le 66 municipalità da cui era stato forzatamente rimosso e ne ha guadagnate altre 16. Sia “in solitaria” che con qualche coalizione come nel distretto di Mersin (con Torosiar) o a Esenyurt (un distretto di Instanbul). Così nel comune metropolitano di Diyarbakir (più del 64%, 13 distretti su 17).
Ovviamente la maggior parte dei voti provengono dal Bakur (territori curdi sotto amministrazione turca nel sud-est della Turchia), nonostante tutte le ambigue manovre (brogli veri e propri) poste in campo da Ankara. Per esempio inviando a votare in massa militari provenienti dalle zone di frontiera e riuscendo così a impedire la vittoria del partito curdo a Şırnak, Çukurca, Uludere, Beytüşşebap e Şemdinli.
Emblematico quanto è avvenuto nel distretto Kulp di Amed (Diyarbakir) dove il partito DEM ha superato AKP di 4.218 voti nonostante circa duemila soldati e poliziotti “di importazione” avessero preso parte alle votazioni.
Il 10 aprile i co-sindaci di Kulp (Murat İpek e Fatma Ay) e i membri del consiglio avevano potuto assumere ufficialmente il loro incarico festeggiati dalla popolazione con l’inno curdo “Her ne peş”
Così come a Veysel Karani (Ziyaret, distretto Baykan di Siirt) dove i co-sindaci eletti di DEM (Enes Cengiz e Berfin Evren) hanno ricevuto il certificato dalla giunta elettorale del distretto.
Il deputato di Siirt, Sabahat Erdoğan Sarıtaş e i co-presidenti provinciali del Partito DEM (Eşref Tekin e Rewşan Aslan) si erano uniti alla folla che entrava nel municipio per festeggiare.
Significativa ovviamente anchela vittoria (così possiamo definirla, ottenuta anche grazie a voti curdi) dei “laici” del CHP (Partito repubblicano del popolo, i kemalisti per quanto temperati da un po’ di socialdemocrazia). Stando alle agenzie sarebbero passati dal 30,1% (presidenziali del 2023) al 37,8% (quasi otto punti).
Al contrario l’AKP (il partito di Erdogan) retrocede di ben nove punti (dal 44,3% al 35,5%).
Purtroppo aumenta invece il Nuovo partito della prosperità (YRP, ex Refah), organizzazione islamista di estrema destra a cui sarebbero andati parte dei voti di AKP e di MHP (altro partito di estrema destra, quello dei “Lupi Grigi” che cala del 2,3%).
Altro elemento positivo, la restituzione da parte dell’Alto Consiglio elettorale (YSK) dell’incarico di sindaco di Van al candidato del Partito DEM Abdullah Zeydan (dopo che gli era stato arbitrariamente tolto dalla commissione elettorale locale). Una autentica novità questo atto di indipendenza in quanto finora YSK appariva sottoposto alle richieste di Erdogan. Da segnalare anche le dichiarazioni di Ekrem İmamoğlu (esponente di spicco di CHP e sindaco di Istanbul) a sostegno di Zeydan: “Non restituire il mandato al candidato del partito DEM sarebbe come negare la volontà del popolo di Van”.
Fatalmente – visto anche il contesto internazionale – vien da chiedersi cosa potrà ora accedere in attesa delle future elezioni turche del 2028.
In molti esponenti democratici (non solo curdi) cresce il timore che Erdogan intenda risollevarsi da questa prima sconfitta alimentando ulteriormente la sua guerra contro i curdi, sia in BaKur che in Rojava e Bashur.
Gianni Sartori
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