La foto pubblicata da Greekreporter indigna: ritrae una donna, probabilmente titolare di un negozio del centro di Atene, che prende a calci una bimba che chiede l’elemosina.
La foto, scattata ad Atene dal fotografo dell’Associated Press Dimitris Messinis vicino alla stazione della metropolitana a due passi dall’Acropoli e pubblicata dal sito GreekReporter, sta facendo il giro del web. Ritrae una donna che prende a calci una bambina rom. Unica colpa della piccola: era davanti al negozio di proprietà della signora, a chiedere l’elemosina suonando una piccola fisarmonica. Unin una delle zone pedonali della capitale greca maggiormente frequentata dai turisti. Il Dipartimento per la protezione dell’Infanzia della regione di Attica ha avviato un’inchiesta per identificare la donna. (fanpage.it)
Viviamo attualmente in una società in cui l’apparenza ha maggior valore della sostanza. Siamo impegnati a mostrarci sotto una particolare luce senza preoccuparci eccessivamente che l’immagine corrisponda alla realtà.
Probabilmente, la commerciante che a preso a calci la bambina rom non si è accorta di essere stata fotografata, perchè alla vista della macchina fotografica avrebbe potuto reagire in maniera falsa e ipocrita mostrandosi caritatevole e portandole magari, un croissant o un dolcetto e regalargli un sorriso.
Tale atteggiamento può essere considerato l’effetto di un pensiero moderno di un mondo che va sempre più alla deriva, ma le parole di Gesù, per i figli di Dio, fanno chiaramente comprendere che tale contegno è molto antico e fa parte della nostra natura umana. Infatti, buona parte della seconda frazione del discorso della montagna è dedicata a condannare il formalismo religioso sotto diversi aspetti e nell’ottica di varie manifestazioni.
Conduce alla riflessione il fatto che l’uomo assuma tale atteggiamento ipocrita anche nell’ambito della vita religiosa, sapendo bene che se non è difficile ingannare i nostri simili offrendo loro una parvenza priva di sostanza, è impossibile raggirare il Signore che consoce i cuori nella loro realtà. Pertanto tale formalismo religioso non è indirizzato a Dio, ma a chi ci sta guardando nel tentativo di essere considerati non per ciò che si è realmente, ma secondo l’immagine che abbiamo scelta.
Il Signore Gesù affermò che la nostra vita religiosa, la pratica della nostra giustizia, cioè l’insieme delle azioni e delle opere che riteniamo giuste e degne di qualche considerazione, non deve essere vissuta davanti agli uomini, ma nel segreto della presenza di Dio, nel nascondimento della nostra intimità con Lui.
Se si agisce per essere lodati ed ammirati dagli uomini troveremo in questo il nostro premio, la nostra ricompensa e non ne riceveremo un’altra.
Ci accontenteremo di parole vuote, di lodi vane, di riconoscimenti inconsistenti rinunciando e tralasciando la ricompensa di Dio, il premio del Padre celeste.
Uno degli atti che dai giudei veniva considerato più meritorio, più degno di considerazione, era fare l’elemosina, dare l’offerta.
E’ nota che la parabola del fariseo e del pubblicano (Luca 18:9-14) dove risulta che uno dei motivi di vanto che il religioso sbandierava davanti al Signore consisteva nel corretto pagamento dell’offerta. Tale esaltazione toglieva all’atto del dare ogni merito e mentre poteva venire considerato dagli uomini in modo positivo, non era certamente apprezzato da Dio, come dimostra la morale della parabola.
Il metro di valutazione divino riferito all’offerta e all’elemosina, ci viene ben illustrato dal racconto del comportamento di una vedova (Luca 2 1:1-4). Gesù stava osservando delle persone ricche che mettevano i loro doni nella cassa delle offerte e certamente notò che donavano generosamente.
Nella considerazione umana tale liberalità veniva considerata positivamente e che era in grado di offrire molto era stimato ed apprezzato.
Anche una povera vedova si avvicinò alla cassa delle offerte e vi mise due spiccioli, una vera miseria, ma Gesù dichiarò che la sua sovvenzione superava tutte le altre. Non per una valutazione materiale, economica, ma per una stima spirituale.
Mentre tutti valutavano l’entità del dono, Gesù non considerò quanto quella povera vedova aveva dato, ma quanto aveva trattenuto per se stessa, cioè nulla. Non aveva certamente agito per essere guardata dagli uomini, che valore potevano avere due sole monetine; non aveva ricercato di venire onorata dagli uomini, ma aveva donato tutto ciò che possedeva nella certezza che Dio la vedeva, rifugiandosi poi in Lui attraverso la fede per la sua sopravvivenza, per il suo immediato futuro.
Questa è vera spiritualità, questo è autentico spirito cristiano. La vera spiritualità è vissuta interiormente, nell’intimo del cuore, nel rapporto con Dio e senza preoccuparsi di ciò che gli altri pensano.
Le manifestazioni della vera vita cristiana non sono a vantaggio del cristiano stesso, non tendono a suscitare lodi, applausi, apprezzamenti e onori, ma sono ad esclusivo profitto degli altri che ricevendo del bene saranno indotti ad onorare il nostro Signore e Maestro, a ringraziarlo e a benedirlo.
Lo strumento umano di cui Dio si è servito può rimanere nell’ombra aspettando la ricompensa che il Padre celeste gli assegnerà. Non un premio superficiale, temporaneo ed effimero come l’uomo può offrire, ma una ricompensa eterna di smisurato valore.
“Guardatevi dal praticare la vostra giustizia davanti agli uomini, per essere osservati da loro; altrimenti non ne avrete premio presso il Padre vostro che è nei cieli.
Quando dunque fai l’elemosina, non far sonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere onorati dagli uomini. Io vi dico in verità che questo è il premio che ne hanno. Ma quando tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra quel che fa la destra, affinché la tua elemosina sia fatto in segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa” (Matteo 6:1-4).
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