Donald Trump lancia la sfida dell’America First

Donald Trump è ufficialmente il 45mo presidente degli Stati Uniti. Chi si aspettava toni moderati o un discorso ufficiale di insediamento volto a riconciliarsi con gli avversari, si sbagliava. Dopo i convenevoli di rito, il ringraziamento a Obama e Michelle per la transizione, quel che è seguito ha lasciato sbalorditi gli osservatori di tutto il mondo. Il neo-presidente ha pronunciato un’arringa dai toni forti, non dissimile dai suoi comizi elettorali, dai tweet provocatori e dalle dichiarazioni sparate ai media, dimostrando che ha sempre parlato sul serio e che non c’è alcuna differenza fra il Trump di lotta e quello di governo. Un discorso che ruota attorno a tre temi: popolo contro élite, americanismo contro globalismo, unità della nazione sotto il Creatore.

Popolo contro élite: “Per troppo tempo – dichiara il neo-presidente – un piccolo gruppo di persone nella capitale della nostra nazione ha raccolto benefici per chi governava mentre il popolo ne sopportava il costo. Washington prosperava, mentre il popolo non ne condivideva il benessere. I politici prosperavano, ma i posti di lavoro venivano bruciati e le fabbriche chiudevano. Le loro vittorie non erano le vostre vittorie, i loro trionfi non erano i vostri, e mentre celebravano nella capitale, c’era ben poco da celebrare nelle famiglie sofferenti in tutto il resto del paese. Tutto questo cambierà, da qui e da ora, perché questo momento è il vostro: appartiene a voi”. Completando il discorso anti-élite, ribadisce uno spirito bipartisan nel suo essere antipolitico: “Quel che realmente conta non è il partito che controlla il governo, ma se il nostro governo è controllato dal popolo. Il 20 gennaio 2017 sarà ricordato come il giorno in cui il popolo torna ad essere ancora al comando di questa nazione”.

Americanismo contro globalismo: “Per molti decenni abbiamo arricchito industrie straniere a spese di quelle americane. Abbiamo finanziato eserciti di altri paesi, mentre permettevamo una triste degradazione del nostro. Abbiamo difeso i confini delle altre nazioni, mentre ci rifiutavamo di difendere i nostri. E abbiamo speso miliardi di dollari all’estero, mentre le infrastrutture americane finivano in rovina. Rendevamo ricchi altri paesi, mentre il benessere, la forza e la fiducia nel nostro sparivano oltre l’orizzonte. Il benessere della nostra classe media è stato strappato via dalle sue case e redistribuito nel resto del mondo. Ma tutto questo è passato. E ora guardiamo solo al futuro. Noi, radunati qui e ora, stiamo proclamando una nuova legge che sia udita in ogni città, in ogni capitale straniera e in ogni stanza dei bottoni. D’ora in poi, una nuova visione governerà la nostra terra. Da questo momento, essa sarà: prima l’America!”

Per quanto riguarda gli eventuali interventi all’estero, Trump conferma nel discorso inaugurale la sua missione isolazionista: “Non cercheremo di imporre a nessuno il nostro modello di vita, ma lo faremo brillare quale esempio da seguire per chiunque. Rafforzeremo le vecchie alleanze e ne forgeremo di nuove, uniremo il mondo civilizzato contro il terrorismo dei radicali islamici, che sradicheremo completamente dalla faccia della terra”.

Infine, andando contro agli otto anni della presidenza più laicista della storia recente americana, Trump non esita a invocare Dio e a citare la Bibbia su cui ha appena giurato: “Come la Bibbia ci insegna: ‘quanto è buono e quanto è piacevole, che il popolo di Dio dimori assieme nell’unità!’ Dobbiamo esprimere apertamente le nostre idee, dibattere onestamente su quanto non concordiamo, ma perseguire sempre la solidarietà. Quando l’America è unita, è assolutamente inarrestabile. Non dobbiamo aver paura, siamo protetti e lo saremo sempre. Saremo protetti dai grandi uomini e donne del nostro esercito e delle forze dell’ordine e, soprattutto, siamo protetti da Dio”. “Che nasca un bambino a Detroit o nel Nebraska, entrambi guardano lo stesso cielo stellato americano, e ricevono il respiro della vita dallo stesso Creatore onnipotente”

America First! Sono le due parole che riecheggiano nelle orecchie di tutti e che riassumono bene tutto il senso del discorso. In un’epoca in cui vanno di moda i concetti della post-nazione, del post-cristianesimo, della post-modernità e chissà quanti altri “post”, il nuovo presidente ha lasciato tutti di stucco. Gli anarchici sfasciano Washington, i big del cinema e della musica si radunano a New York per una sorta di contro-cerimonia. Donald Trump ha subito finora un tentativo di delegittimazione che non ha precedenti e ha accettato la lotta, senza compromessi. La storia lo giudicherà.

di Stefano Magni | Lanuovabq.it

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