A volte la realtà sorprende, irrompe e spazza gli equivoci della banalità e dello stupido superfluo con una forza più grande di un tornado. Così la realtà, ma anche una sua piccola scheggia, per chissà quale misterioso incrocio di circostanze, riesce a scuotere l’attenzione e colpire il cuore, destando a una commozione che ha del meraviglioso. Anche una foto, nell’essenzialità del bianco e nero, può bastare. Quella che vedete qui è una di quelle: due anziani, marito e moglie, che si danno la mano prima di uscire di scena stremati dall’età e dalla malattia verso l’ignoto. Oppure no, verso una meta accettata e sperata. Don e Maxine Simpson, 90 anni lui e 87 lei, di Bakersfield, California, sono stati sposati per 62 anni e se ne sono andati mano nella mano, lo stesso giorno. Roba da “romantic movie”, perfetto per l’happy end di una fiction al miele. Invece no, è una storia vera seppure incredibile, raccontata dalla nipote che ha diffuso sul web le immagini dei nonni.
La storia di Don e Maxine non ha nulla di eccezionale. Si incontrano nel 1952 in un bowling e da quel momento non si lasciano più. Si sposano, adottano due bambini e li crescono, viaggiano per il mondo, sono amati e rispettati dalla comunità di Bakersfield. L’ultimo capitolo del loro libro comincia a metà del luglio scorso. Don Simpson, ex ingegnere civile originario del Nord Dakota, si è rotto l’anca cadendo in casa. I giorni passano ma lui non migliora. Contemporaneamente si complicano le condizioni anche della moglie Maxine, malata di cancro. La famiglia decide di ricoverarli insieme, non in ospedale, ma in una camera da letto di un parente. «Avevano i loro letti fianco a fianco», ha spiegato la nipote, Melissa Sloan. La coppia trascorre le ultime ore tenendosi per mano e sorridendo. «A un certo punto mia nonna si è svegliata dallo stato di torpore e ha visto che accanto a lei c’era il nonno. Ha preso la sua mano ed è spirata». Portato via dalla stanza il corpo di Maxine, la nipote entra in camera per vedere come stava il nonno, accorgendosi che anche lui ha smesso di respirare. Sono passate solo quattro ore dal momento in cui la moglie aveva esalato l’ultimo respiro.
Le foto hanno fatto il giro del web e, una volta tanto, i volti di Don e Maxine hanno avuto la meglio sulle curve siliconate di top model e superstar di plastica, noiosamente sdraiate sulle sciccose spiagge di Miami. Per qualche ora, i due morenti di Bakersfield, hanno capovolto e fatto a pezzi le regole dell’universo virtuale: i corpi levigati e perfetti delle dive hollywoodiane oscurati da quelli rugosi e stremati di due anziani in agonia. Perché? Forse perché in quelle mani congiunte c’è l’indicibile dolcezza di una carezza che tutti noi vorremmo ricevere almeno una volta nella vita. Un flash che vale un’enciclica nella sua laicissima testimonianza (nell’era dei matrimoni gay, delle unioni di fatto e delle vigliaccherie di nozze a tempo per coppiette fragili) dell’indissolubilità del legame nuziale.
Chissà, forse in quell’ultimo gesto di tenerezza, Don e Maxine avranno rivissuto la sorpresa del loro primo incontro, 62 anni fa, nella sala bowling di Bakersfiel. Niente di storico per il mondo, la stessa casualità e banalità che in posti e tempi diversi segnano il destino di miliardi di vite sulla Terra. Eppure tutte le grandi storie cominciano così, con un tuffo al cuore nel luogo più impensato che si consegna indifeso a un incontro, a una persona, a un punto del paesaggio che improvvisamente si mette sotto la luce e attira in una irresistibile tentazione la libertà. Confessiamolo: anche per noi il meglio della nostra vita, quello che consideriamo valga il ricordo, è cominciato così. E vorremmo, perché no?, che finisse allo stesso modo.
Massì, anche a noi piacerebbe non dover sopravvivere alla morte dell’altro, a chi amiamo e che vorremmo accompagnare, mano nella mano, nel viaggio della seconda vita. Nulla può resistere alla verità di queste immagini più avvincenti di ogni dottrina e morale sull’indissolubilità delle promesse coniugali. Perché sono fotografie che documentano la dolcezza struggente di un’esperienza umana che desidera, come gli angeli di Rilke, il cielo, l’eternità, il “non-finirà-mai”. Ma lo chiede subito e quaggiù, non in chissà quale paradiso privilegio per pochi santi. Così, in quell’ultima gentilezza la paura è vinta e le mani di Don e Maxine paiono rassicurarci: c’è un mistero buono per noi uomini, perché la morte non può essere la porta che dà sul nulla. E’ la fine per continuare a vivere, per prolungare la compagnia oltre l’istante. Le foto dei coniugi Simpson non potrebbero avere quel loro potere di incantamento se questa eternità fosse soltanto un sogno.
di Luigi Santambrogio
Tratto da: http://www.lanuovabq.it/
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