Da cinque anni in Francia è vietato indossare il niqab. Alcune donne musulmane continuano a portarlo, i politici non sembrano più interessati alla questione. (Tom Heneghan) Il quinto anniversario della legge che vieta di indossare il velo integrale in pubblico è passato quasi inosservato in Francia, così come lo sono i pochi niqab indossati da donne musulmane per le strade di Parigi, di Lione o di Marsiglia. Il divieto, adottato dal Parlamento francese quasi all’unanimità, è quasi assente nei dibattiti ricorrenti della comunità musulmana, forte di 5 milioni di persone, in un paese che limita il ruolo della religione nella sfera pubblica.
Tra l’approvare e l’applicare
La trasformazione progressiva della questione del niqab da un dibattito a livello nazionale all’equivalente di una nota a piè di pagina la dice lunga sulla politica francese. Il legislatore è pronto ad approvare leggi, ma non sempre efficace nel farle applicare.
Il divieto del niqab, un capo d’abbigliamento considerato un simbolo della diffusione dell’islamismo radicale, non ha impedito ad alcune donne musulmane di indossarlo in segno di sfida nei confronti di una società che, secondo loro, non le accetta. “È il mio modo di dire ‘no’ a un governo che mi ha rubato la libertà”, ha dichiarato al quotidiano parigino “Le Monde” Leila, che ha ammesso di non essere stata una musulmana molto praticante prima che la legge fosse approvata.
Un divieto criticato
Il divieto è stato molto criticato nel mondo musulmano. Secondo alcuni musulmani militanti, esso è considerato un motivo in più per mettere la Francia in cima alla lista nera degli estremisti islamici.
La sociologa Agnès de Féo, che studia la questione da un decennio, ha dichiarato che prima del 2010 le donne con il velo erano essenzialmente tradizionaliste devote, mentre oggi molte sono convertite che si sentono più autonome adottando un islam radicale. “Abbiamo creato il mostro che volevamo evitare”, ha constatato Agnès de Féo a proposito del divieto, promulgato nell’ottobre del 2010 dal presidente dell’epoca, Nicolas Sarkozy.
Non è dunque sorprendente che la maggioranza dei politici che cinque anni fa sostenevano il divieto oggi non parli più molto della questione. La loro attenzione si è spostata verso altri temi.
Matrimoni con il niqab
Il movimento francese per l’introduzione del divieto ha mosso i primi passi nel 2009, quando diversi sindaci segnalarono che donne musulmane si erano presentate alla cerimonia di matrimonio indossando il niqab. Secondo loro ciò costituiva una violazione della laicità.
I sondaggi d’opinione hanno mostrato che almeno due terzi dei cittadini francesi sostenevano il divieto del niqab – indossato, secondo le stime, soltanto da circa duemila donne -, e del burqa che copre tutto il corpo e che i francesi hanno potuto vedere soltanto sulle foto provenienti dall’Afghanistan.
Dopo mesi di dibattito, una legge che vieta “la dissimulazione del viso nello spazio pubblico” è stata approvata dall’Assemblea nazionale con 335 voti contro 1 e dal Senato con 246 voti contro 1. La multa per chi indossa il niqab in pubblico è stata fissata a 150 euro. Ben presto sono stati espressi dubbi riguardo all’applicabilità della legge.
La polizia in difficoltà
La polizia francese si è presto resa conto della difficoltà di multare le donne che non rispettano il divieto. Quando degli agenti hanno chiesto a una donna che indossava il velo integrale di mostrare la carta d’identità, nel 2013, a Trappes, una periferia parigina in cui agisce un gruppo musulmano radicale, si sono verificati disordini nel corso dei quali è stato attaccato il commissariato della polizia locale.
A Parigi si vedono di tanto in tanto dei niqab, indossati da turiste provenienti da Stati del Golfo Persico, in luoghi turistici come la torre Eiffel o gli Champs-Elysées. Una coppia ha dovuto lasciare l’Opéra Bastille, lo scorso anno, durante una rappresentazione della “Traviata” di Verdi: gli attori hanno notato la donna seduta in prima fila, coperta dal niqab, e hanno minacciato di interrompere lo spettacolo se non si fosse tolta il velo o non avesse lasciato la sala.
Tuttavia sono poche le turiste con il velo che hanno subito questo genere di trattamento. La polizia infligge piuttosto multe in modo sporadico, ma regolarmente, soprattutto nei quartieri periferici.
Oltre 1500 multe
Secondo i dati pubblicati dal Ministero francese dell’interno (aggiornati al 1. settembre), sono state inflitte 1.546 multe: 234 nel 2011, 332 nel 2012, 383 nel 2013, 397 nel 2014 e 200 nel corso dei primi nove mesi del 2015. Non risulta alcuna segnalazione di uomini che abbiano pagato i 15.000 euro di multa previsti per aver costretto una donna a indossare il velo. Il ministro ha dichiarato che molte donne fermate dalla polizia erano recidive e che una di esse era stata multata 33 volte. La maggior parte delle donne multate avevano meno di trent’anni ed erano nate in Francia.
Rachid Nekkaz, uomo d’affari franco-algerino che ha promesso di pagare la multa di tutte le donne sanzionate perché indossavano il niqab, ha affermato che all’inizio del mese di ottobre aveva già pagato 973 contravvenzioni per 683 donne. Inoltre ha pagato 251 multe analoghe in Belgio e due nei Paesi Bassi. Rachid Nekkaz dice di essere “contrario all’uso del velo in Europa”, ma pensa che le donne abbiano il diritto di portarlo, ritiene che due terzi delle donne da lui aiutate fossero francesi convertite all’islam. Soltanto 118 delle donne sanzionate hanno smesso di indossare il velo integrale, mentre 213 di esse hanno iniziato a indossare il niqab dopo l’approvazione della legge.
Nuovi divieti in vista?
La legge anti-niqab non è stata davvero all’altezza delle aspettative suscitate dai suoi sostenitori, ma ciò non ha screditato l’idea di immaginare nuove regole per tentare di imporre una maggiore conformità al modo di vivere francese. Le elezioni legislative e presidenziali sono previste per il 2017 e il Front National è ormai un avversario importante per i repubblicani, partito conservatore di Sarkozy, e per i socialisti del presidente François Hollande.
All’inizio di quest’anno diversi politici hanno cominciato a chiedersi se le gonne lunghe indossate da alcune giovani musulmane possano essere considerate un segno distintivo di appartenenza religiosa non appropriato per la scuola. Altri affermano che le centinaia di scuole pubbliche dovrebbero rimuovere l’opzione di menù vegetariano per gli allievi musulmani e ebrei che non mangiano maiale o carne che non sia stata macellata ritualmente. (RNS/Protestinter; trad. it. G. M. Schmitt/voceevangelica,ch)
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