“Tu mi hai spinto con violenza per farmi cadere, ma l’Eterno mi ha soccorso” – Salmo 118:13
Tutto accadde nel 1940 durante la seconda guerra mondiale. Dopo alcuni anni di guerra ero diventato armiere nell’arma aeronautica. Avevo trascorso 22 mesi in Sardegna, alcuni mesi a Borgo Panigale (Bologna), e infine all’aeroporto di Gioia del Colle (Bari) per poi ripartire per la Sardegna, sempre con il 32° storno e nella 229° squadriglia di cui facevo parte. Fu proprio in quei giorni in cui si doveva partire che io caddi malato e fui ricoverato all’ospedale militare di Gioia del Colle dove rimasi per 5 mesi. Da lì, fui trasferito all’ospedale militare Policlinico di Bari e infine altri 2 mesi al Decimo Seggio Miramare di Rimini. Il 5 settembre 1943, sebbene non fossi del tutto guarito, mi mandarono a casa con una convalescenza di 90 giorni. Quando arrivai ebbi la brutta sorpresa di non trovare il mio caro padre: era deceduto nel marzo precedente e, potete immaginare quale grande dolore io abbia provato… Quando mia madre, mio fratello e mio cognato (marito di mia sorella) vennero a trovarmi qualche tempo prima in ospedale a Bari, avevo chiesto loro di mio padre, ma in accordo con i medici, a causa della mia precaria salute, mi nascosero il triste evento, perfino togliendosi di dosso i segni del lutto che portavano. Intanto le suore dell’ospedale mi avevano regalato una di quelle grandi corone che servono per recitare il Rosario ed ogni primo venerdì del mese mi facevano la confessione affinché io ottenessi l’indulgenza per una guarigione miracolosa. Questo tran tran proseguì per tutto il tempo della mia malattia.
La mia casa si era trasformata in una specie di oratorio perché, tutte le sere, diversi amici venivano a recitare il Rosario con me. Tra loro ricordo il mio amico Vallerino, la mia cognata Esterina e tanti altri, testimoni oculari di quei 6 anni trascorsi nella mia sofferenza e nel mio scoraggiamento. Sfiduciato a causa di queste preghiere senza risposta, dentro di me maturava sempre più il desiderio di suicidarmi. Siamo arrivati intanto al 15 settembre del 1948. Il giorno dopo sarebbe stato il mio 29° compleanno ed anche il giorno in cui avevo deciso di togliermi la vita. Con una bugia dissi a mia madre ed ai miei amici che sarei andato a Bari per farmi ricoverare di nuovo e che quella, quindi, era l’ultima sera in cui recitavamo il Rosario poiché, il giorno dopo, di buon mattino, sarei partito. (Oh! Se il buon Dio non fosse intervenuto, non potrei oggi raccontarvi le meraviglie che ha compiuto in me!). Avevo scritto una lettera a mio fratello nella quale gli lasciavo alcune raccomandazioni per mandare avanti la famiglia e chiedevo perdono per il mio gesto, e ne stavo scrivendo una anche a mio cognato quando, a metà foglio scritto, fui interrotto da qualcuno che bussava alla mia porta.
Aprii e vidi un uomo, un pò malconcio che oggi definirei “Giovanni Battista”, che mi disse:<<Tu stai male ed io devo parlarti !>>. Certo rimasi sorpreso! Non l’avevo mai visto prima di allora ma, a quelle parole, aprii il mio cuore raccontandogli la mia vita e la mia disperazione. Lui mi disse: <<Io conosco un medico che può guarirti in pochi giorni. Il Suo Nome è Gesù!>>. Ma io gli risposi mostrandogli la mia stanza adorna di tutte le immagini di tutti i santi possibili: <<Guarda! Sono 6 anni che prego, eppure non faccio altro che peggiorare!>>. <<Le preghiere che tu fai – mi disse – Dio non le gradisce e per questo che non ti risponde. Ciò che mi mostri è un concentrato di idoli che l’Iddio vivente ha in abominio. Infatti nel primo comandamento sta scritto di non farti sculture o immagini alcune perché il Signore è un Dio geloso. Egli mi ha mandato proprio qui per pregare per te>>. Andammo in cucina, ci inginocchiammo ed egli pregò in un modo per me del tutto nuovo: <<Padre nostro e Padre del nostro Signore Gesù Cristo. Ti presento questo pover’uomo malato che prega da più di 6 anni, ma che Tu sai non si è rivolto a Te. Perciò ora io lo porto davanti a Te e ti chiedo di guarire le sue piaghe.
Tu, oh Signore, hai mandato il Tuo Figliolo per guarire i lebbrosi; la donna dal flusso di sangue fu guarita semplicemente toccando il lembo della Sua veste; hai dato la vista ai ciechi nati; hai risuscitato Lazzaro dopo 4 giorni dalla sua morte. Perciò ti prego: fa così anche a quest’uomo!>>. Io piangevo a dirotto. Chiedevo perdono a Dio per tutte le volte in cui mi ero ribellato a Lui avendoLo accusato del mio male, per aver bestemmiato il Suo Nome e per averGli chiesto di farmi morire. Leondino (così si chiamava quest’uomo) mi disse che sarei guarito in pochi giorni. Non ci credevo molto: come poteva il Signore guarire un peccatore come me? Comunque egli se ne andò e quando la sera tornò mia madre le raccontai l’accaduto e le dissi che non sarei più partito perché il Signore mi avrebbe guarito in pochi giorni. Ma lei cominciò a minacciare di bastonare me e quell’uomo se non fossi partito e mentre discutevamo giunsero gli altri per recitare il Rosario. Raccontai anche a loro quanto mi era successo e spiegai che Dio non gradiva quelle preghiere.
Si scatenò un’accesa discussione quando arrivò di nuovo Leondino che disse: <<Pace sia in questa casa!>>. Iniziò a parlarci del Signore e di come Egli lo aveva mandato da noi. Tutti erano attratti da quelle parole di guarigione e di salvezza e la mia casa si trasformò in un luogo di culto in cui si Glorificava il Nome del Signore. Vallerino notò per primo che la mia ferita andava cicatrizzandosi ed in pochi giorni fui guarito completamente. La mia anima aveva finalmente trovato la Salvezza e la pace invase il mio cuore. Sia benedetto Iddio che ha mandato quel Suo servitore per farci conoscere la Verità. Più tardi venni a sapere che mio zio Francesco Di Cintio (padre di Pina, Maria e Anna) aveva ricevuto la testimonianza dell’Evangelo da questo Leondino e che era stato proprio lui a dirgli che stavo male e ad invitarlo a venire da me a pregare prima che io morissi. Così Leondino acconsentì, ma andò a trovare un altro Giustino che era disperato a causa della morte della sua cara moglie. Tornando da mio zio Francesco gli disse che non ne aveva voluto sapere niente dell’Evangelo e che il dolore della perdita della moglie era incolmabile. Mio zio gli disse che suo nipote non era sposato e che quindi aveva sbagliato persona. Leondino disse che probabilmente il Signore aveva voluto così! Passarono alcuni mesi prima che si decidesse di venire da me. Sia gloria al nostro buon Dio e al nostro Salvatore Gesù Cristo che manda i Suoi servitori al momento giusto!
Sono passati più di 50 anni da quando il Signore mi ha salvato ed ho superato i miei 80 anni. Un ricordo affettuoso vada a mio zio Francesco e a zia Giovina (ora col Signore), alle mie cugine Pina, Maria e Anna: la loro casa era diventata un’oasi nel deserto, un posto di ristoro quando si andava a piedi fino a Pescara per il culto. Ringrazio il Signore per quanti altri, attraverso la mia testimonianza hanno conosciuto il Re dei re, il Signore dei Signori, Il Salvatore. Oggi posso dire come il vecchio Simeone: <<Ora manda, oh mio Signore, il servitore Tuo in pace, poiché gli occhi miei hanno veduto la Salvezza d’Israele!>> (Luca 2:29).
Giustino Di Virgilio
NOTA: Il fratello Giustino non è membro della nostra comunità, ma è un nostro caro fratello. Ringraziamo il Signore per il privilegio che ci ha donato di scrivere le meraviglie che ha fatto nella sua vita, per l’edificazione e l’incoraggiamento ricevuto.
Testimonianza tratta da: ilbuonsamaritano.org | lanuovavia.org
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