In India gi istituti religiosi non seguono il sistema scolastico governativo. Un rapporto della Commissione nazionale per la protezione dei diritti dei bambini consiglia al governo di revocare lo status di cui godono le scuole delle minoranze. Rev. Babu Joseph: “Narrazione di propaganda”.
New Delhi (AsiaNews) – La Commissione nazionale per la protezione dei diritti dei bambini (Ncpcr) ha raccomandato al governo indiano di portare le scuole delle minoranze religiose all’interno del sistema di educazione governativo: lo Sarva Shiksha Abhiyan, regolato dall’articolo 21 della Costituzione indiana. La comunicazione è arrivata subito dopo la pubblicazione di un rapporto sullo stato delle scuole in India, tra cui le madrase musulmane e i gli istituti cristiani. “Lo scopo dell’indagine era valutare le differenze tra gli istituti statali che seguono il programma educativo del governo e le scuole delle minoranze religiose”, ha spiegato Priyank Kanoongo, presidente dell’Ncpcr. “L’articolo 21 – egli afferma – non viene applicato alle scuole delle minoranze religiose, ma questa esenzione dovrebbe essere cancellata a causa del numero sproporzionato tra fedeli e scuole”.
Secondo l’indagine, il 74% degli studenti delle scuole missionarie cristiane non è cristiano e solo l’8,76% degli studenti proviene da ambienti socialmente ed economicamente svantaggiati. I cristiani gestiscono il 73% delle scuole e i musulmani il 23%. Nel Bengala occidentale il 93% delle minoranze è musulmano e il 2,5% cristiano. Vi sono però 114 scuole cristiane e solo due madrase islamiche. Nell’Uttar Pradesh anche se la popolazione cristiana è meno dell’1%, ci sono 197 scuole cristiane.
P. Babu Joseph, portavoce della Conferenza episcopale cattolica dell’India, ha spiegato che il rapporto sembra essere “una narrazione di propaganda”: “Se la popolazione cristiana in tutto il Paese arriva al 2,3% è ovvio che saranno un numero più piccolo anche nelle scuole. È sbagliato poi quello che dicono sulla concessione dello status di istituto per le minoranze”.
Dall’indagine sembra anche che le scuole dei missionari siano scuole d’élite e non siano rivolte alla popolazione bisognosa: “Questo è in contrasto con le accuse populiste della destra, secondo cui i missionari adescherebbero i più poveri con l’istruzione gratuita”, ha aggiunto p. Jospeh. “È bene tenere a mente – spiega il religioso – che educare i bambini del Paese è responsabilità del governo e non di una comunità minoritaria in quanto tale. E se la comunità cristiana ha investito le sue scarse risorse per il bene pubblico, questo dovrebbe esserle riconosciuto, visto che non riceviamo fondi statali per l’istruzione”.
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