L’uomo moderno vive costantemente nella paura del diverso, di chi è ai margini, dell’extracomunitario, dell’ebreo; nella paura perché non ha un adeguato lavoro, non è nelle condizioni economiche. Paura di essere uno tra i tanti, di non avere potere e controllo su alcuno. Ma soprattutto vive, l’uomo moderno, nella paura di perdersi in un vuoto senza punti di riferimento in cui anche gli altri, il prossimo diventa una minaccia. Eppure, nel significato psicologico e antropologico biblico, l’altro è la grande rivelazione di noi stessi. Solo attraverso l’altro che possiamo conoscere e strutturare il senso di una sana identità.
Quando un figlio non trova nel genitore un valido modello di affidabilità e fiducia resta nelle proprie paure e sfida all’inverosimile ogni sorta di regole come tentativo di attirare attenzione. O all’altro estremo si chiude e si isola frammentando il senso sociale e familiare. Ha perso il senso della fiducia. «Nel tornare a me e nello stare sereni sarà la vostra salvezza; nella calma e nella fiducia sarà la vostra forza» (Isaia 30,15), dice il profeta quando suggerisce all’uomo di avere fiducia in Dio. Ma il nostro è il millennio della mancanza di fiducia che alimenta la paura. L’urgenza della nostra epoca è ritrovare sicurezza all’interno di una società che sappia ispirare fiducia in una fede comune, in una convinzione di adesione a principi e valori condivisi. In una società più autentica e non fatta di arrivismo e narcisismo a tutti i costi dietro parole e messaggi di una promettente felicità. Ogni società può dirsi rispettosa dei propri cittadini se propone un orizzonte comune di fiducia nel futuro. Diversamente è votata al fallimento. Ogni democrazia fallisce “senza fiducia” nel futuro, nel prossimo. Fallisce senza il recupero di una sana umanizzazione. E’ un dato di fatto osservare in televisione scene di popoli in guerra con fatti orribili come di questi giorni, in Cile, il manifestante schiacciato dal blindato e trasmesso sui rotocalchi di tutto il mondo cartaceo e del web.
Nasce la paura, non tanto della violenza e dell’ingiustizia, ma da constatare che la fiamma all’umanizzazione è sempre più fioca. Senza umanizzazione nella politica, nell’economia a cascata manca quella nel quotidiano di chi lavora negli ospedali, nelle agenzie educative, nelle istituzioni sociali più varie. Senza umanizzazione non si mette fine all’ingiustizia e alla violenza, anzi la alimenta. Ed allora quale senso di fiducia rimane? Nient’altro che solitudine dell’uomo che si distrae su social in cerca di avventure narcisistiche. Ma l’autentico bisogno comune ad ogni uomo di pace resta frustrato. Nessuna umanizzazione senza un ritrovamento di una fede che sia da base alla fiducia nella speranza di un cambiamento. Senza una fede che dia sostegno alle opere dell’uomo tutto diventa senza umanizzazione ed allora suonano attuali le parole di San Paolo ai Galati: «…sapendo tuttavia che l’uomo non è giustificato dalle opere della legge (dall’obbedienza alla legge) ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo…» (Gal. 2,16)
Pasquale Riccardi D’Alise
Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook