Ciò che leggerete è una breve testimonianza di un infermiere in Liguria. L’emergenza ha permesso al popolo italiano di accorgersi di quanto siano preziosi questi professionisti in camice bianco o verde. Apprezzati da molti e disprezzati da alcuni, i quali ignorando le fatiche dell’esercito bianco, complicano i loro compiti.
Affida al Signore la tua attività e i tuoi progetti riusciranno. Proverbi 16:3
Cronaca di una mattinata nel mio nuovo reparto covid…
h 7.00 entro in reparto… prendo le consegne insieme alle colleghe del turno di notte… 5 minuti per un caffè… stabiliamo i turni in prima linea completamente bardati. A me tocca dalle 7.30 alle 10,30… e inizio con la terapia… flebo… endovene… Mentre aiuto le colleghe Oss e sistemo i pazienti per la colazione … una collega infermiera raccoglie i parametri ed esegue i prelievi di routine.…
h 8.39… deceduto un paziente… solo come un cane accidenti…ne ho visti tanti morire ma il cuore mi si spacca in due. Le colleghe sistemano la salma, passerà del tempo prima che gli addetti vengano a prenderla… alcuni pazienti desiderano telefonare perché sognano la voce dei loro affetti…
h 9.30 Continuo il mio lavoro …sino al termine del turno in prima linea..
h 10.30 … mi danno il cambio, comincio a scrivere i diari e intanto aiuto i colleghi ad approvvigionare il reparto isolato collocando materiale e strumenti sino al limite di divisione.
h 11.00 Ricevo la telefonata del figlio di un malato, scusandosi chiede notizie padre scusandosi.. lo riassicuro, sono contento di non riversare cattive nuove.
h 11.30 Vengo contattato da un altro famigliare, chiede indicazioni per recapitare gli occhiali alla madre
h 12.00 Rientro in reparto per un elettrocardiogramma..
h 12.30 Distribuzione del pasto.
h 13.15… arriva il cambio… passo le consegne e… vado a cambiarmi…con una tristezza infinita nel cuore… non posso fare a meno di pensare a quel povero nonno morto solo… ogni volta cosi… ero certo di essere forte, ma ho lacrime nel cuore e occhi lucidi… reggerò! Cercherò insieme ai colleghi di fare l’impossibile, il nostro lavoro impiegato al massimo delle forze umane per salvare da questo inferno, più persone possibili.
Del resto, Dio ha potere di far abbondare in voi ogni grazia perché, avendo sempre il necessario in tutto, possiate compiere generosamente tutte le opere di bene. 2° Corinzi 9:8
Sono un Infermiere ormai prossimo alla pensione, 42 anni di servizio. Non avrei dovuto lavorare come infermiere, avrei dovuto costruire le navi. Ero iscritto al secondo anno di Istituto Nautico quando dovetti abbandonare per aiutare mio padre rimasto senza lavoro. Scaricai sacchi al porto, abbandonai la scuola ma non lo studio. Mentre lavoravo, conseguii un diploma di tipografo al corso serale. Un importante quotidiano” Il Secolo decimonono” mi offri un posto di lavoro che declinai perché tempo prima avevo inoltrato domanda per entrare in ospedale con la qualifica di ausiliario. A quei tempi non vi era necessitò di laurea come oggi. Appagato dalla mia professione, mi accorsi di avere delle attitudini particolari nei confronti dei pazienti.
Decisi di frequentare un corso d’infermiere professionale che superai brillantemente. Durante gli anni mi fu proposto iscrivermi a diversi corsi: caposala, tecnico. Ho sempre rifiutato, mi considero da sempre un infermiere di prima linea, amo le persone e voglio stare accanto a loro incitandole a non mollare, stimolandole a vivere. Emergenza covid 19 ci ha sorpreso perché da un giorno all’altro tanti reparti sono stati chiusi per recuperare personale da destinare agli ammalati di coronavirus. Da subito avemmo la convinzione che sarebbe stata una catastrofe. Infatti, l’azienda ospedaliera aprì un reparto ricavandolo da un padiglione denominato covid.
I primi turni furono traumatici essendo abituati alla nostra routine. La nuova realtà ci ha scaraventato in una dimensione opposta, la professione svolta sino a quel momento ci imponeva di ricominciare tutto da zero, non eravamo preparati a tanta sofferenza ma ci siamo buttati a capofitto in questa tragedia.
Non è stato facile iniziare con la ripartizione dei turni e spesso per mancanza di personale e per la gravità si lavora per due e a volte tre turni consecutivi.
Amministrazione del reparto, gestione della terapia, la cura dei pazienti non solo fisica ma anche psicologica. I pazienti entrano e muoiono a una velocità impressionante, siamo infermieri abituati alla morte ma non in modo impietoso. Sottolineo che il reparto di rianimazione intensiva era un reparto per i ricoverati con sospetto Covid-19, con pochi sintomi oppure con lievi febbre. Adesso arrivano anziani in condizioni molto gravi e mi fa più male vederli morire in solitudine benché noi cerchiamo di stargli vicino e di confortarli.
In precedenza a questa pandemia , al momento del decesso vi era sempre figli o coniugi sino all’esalazione dell’ultimo respiro.
Ci impegniamo per assicurare il massimo sostegno verso i nostri pazienti consapevoli dell’esposizione al rischio di contagio. Ci applaudono, ci chiamano angeli, ci ringraziano da tutto il paese e ne siamo lusingati ma devo ammettere che siamo delusi e infastiditi dalla mancanza di considerazione da parte delle autorità preposte, infatti, a noi sanitari il tampone non lo fanno perché scarseggiano mentre ii comunicati del telegiornale asseriscono che calciatori, atleti, politici e uomini importanti della musica sono sottoposti all’analisi, anche se non presentano sintomi. Si dovrebbe considerare che siamo la prima fonte d’infezione. Ad esempio se io sono positivo ma sono asintomatico e non ne sono a conoscenza, ho molte possibilità di poter infettare potenziali pazienti e protezioni.
Durante gli anni in ospedale ho potuto vedere morire migliaia di persone, pur essendo corazzato il mio rientro a casa, è triste, sfiduciato, nessuna voglia di parlare o di scherzare. Ripenso a quanto accaduto in ospedale e davanti ai miei occhi i visi di chi lotta per la vita e mi lacera l’anima. Non sono un ragazzino, ho vissuto tante difficoltà nella vita privata: ho subito una separazione e un divorzio, dispiaceri in famiglia, come il resto dell’umanità. Un tempo quando timbravo cartellino, i miei problemi rimanevano sul cartellino e quindi lavoravo sereno senza pensare a ciò che mi assillava, quando smontavo all’uscita, riprendevo ciò che avevo lasciato. Inutile nascondere che la situazione attuale mina l’equilibrio pur ripetendo che cercherò di superare il disagio. Mi auguro di non assistere più una tale catastrofe del genere. Dietro al soccorso della pandemia l’opinione pubblica ha spostato l’attenzione sul personale medico, non vogliamo né statue né targhe ma rispetto per il nostro lavoro esercitato con dedizione, non ci spiacerebbe un adeguamento economico più congruo e non è giustificabile che ci siano portieri o commessi nei palazzi governativi che percepiscono cifre da capogiro.
Non siamo eroi, siamo uomini e donne con un cuore e sentimenti verso l’umanità, spesso sacrificando gli affetti. Amateci come noi vi amiamo.
Fate attenzione a voi stessi, perché non abbiate a perdere quello che avete conseguito, ma possiate ricevere una ricompensa piena. 2 Giovanni 1:8
Lella Francese
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