Devo ammettere che trovo piuttosto difficile trovare le parole giuste per descrivere il vissuto a Cremona ma ringrazio Il Signore per aver risposto alle mie preghiere privilegiando il desiderio di unirmi ai fratelli di Samaritan’s Purse. Un pensiero continuo mi straziava il cuore: le vittime del coronavirus morivano soffocate e in solitudine senza conforto, privati dalla presenza dei propri cari, dell’ultima stretta di mano del figlio, della moglie, del marito, del fratello e sorella, nessun sorriso, nessun viso amato, nessuna speranza di Salvezza.
Divenni volontario in seguito alla richiesta oggettiva di un interprete, figura necessaria per l’avviamento del reparto Covid-19. Iniziai come traduttore per i primi tre giorni, poi mi fu chiesto di applicare il ruolo di cappellano; può apparire strano il significato piuttosto cattolico ma al momento della’ adesione riferii d’essere un ministro di una missione evangelica. Tre giorni dopo, in seguito alla mia richiesta chiesi di esser inserito all’interno dell’ospedale da campo; fino allora avevo divulgato la Parola “ai” parenti degli ammalati, ma nel mio cuore sentii fortemente di portare il Vangelo anche alle persone sofferenti e colpite dal coronavirus.
Il paziente 38 morì poche ore dopo il mio turno. Il giorno seguente nell’iniziare il mio turno, le infermiere mi riferirono che il viso del paziente 38, dopo aver parlato e pregato con me, risplendeva di una pace interiore nata dalla fede e nutrita dall’amore espresso in obbedienza al Padre, quel Padre raggiunto e incontrato solo poche ore prima. Amai moltissimo il paziente 38 e mentre si spense le infermiere gli tennero le mani e gli altri fratelli intonarono i canti. In seguito ebbi una conversazione telefonica molto commovente con la figlia, fu colpita dall’amore e dalle cure dei medici, di tutte le attenzioni dei fratelli verso gli ammalati e manifestò il desiderio di conoscere la nostra fede, la stessa fede che abbracciò suo padre.
Non ebbi facoltà di incontrarla ma offrii la mia disponibilità… ancora oggi prego per lei e per sua madre, la preghiera è che entrambi trovino Gesù.
Era affetto da una strana tosse, prima di allora non sentii nessuno tossire come lui. Lo incontrai durante la prima settimana al “Samaritan”, la sua condizione molto grave sarebbe dovuto essere suffragata da un ventilatore polmonare ma i respiratori si rivelarono insufficienti e furono introvabili a Cremona e in tutto il Nord. Purtroppo molti morirono per la gravità della malattia o per la mancanza di apparati strumentali ma nel contempo ci fu un’incredibile presenza di Dio. I miracoli di molte guarigioni miracolose divennero esplosione di adorazione che toccarono i cuori. Innumerevoli e inaspettate furono le conversioni dei giornalisti, della forze dell’ordine, dei famigliari dei pazienti. Lo Spirito Santo operò largamente e ogni volta la gioia ci fortificò ma la gioia maggiore per noi tutti fu F. Il primo paziente dimesso dal reparto di terapia intensiva. Disposti in fila presenziammo alla sua dimissione applaudendo a gran voce. Fu un momento molto emozionante.
“Una nuova vita Gesù mi dà, tutto il vecchio è passato tutto il nuove è…” intona un cantico. Il cuore di F. fu ricolmato di una gioia e di pace spirituale mai provata, che gli permise di realizzare Colui che non ebbe alcun modo di conoscere ma che si rivelò a lui stesso. Allora, F. comprese che dal quel momento in poi la sua vita avrebbe avuto un cambio di rotta.
Un giorno la dottoressa Julie mi comunicò che C. fosse clinicamente spacciato, nell’impossibilità di ripresa. Unica e sola terapia esistente la preghiera. Iniziammo a pregare chiedendo a migliaia di fedeli di tutto mondo di unirsi a noi. Italia, Germania, Australia, America, Canada, Panama intercedettero per C. Pur conoscendo le sue condizioni, noi credemmo nel “Dio dell’impossibile”. Dopo settimane di battaglie C. si riprese, fu dimesso il giorno prima di Pasqua, Dio gli diede una nuova vita, nel sabato della Risurrezione.
Prima del Covid-19 C. non ebbe modo di conoscere Dio e la Sua Grazia, Il Signore lo compunse con il suo Spirito tanto da sospingerlo a indagare la Bibbia e realizzò che la guarigione avvenuta fu un miracolo di Dio. Il dottor Paul un giorno mi disse: “Prima di essere infermieri o medici siamo cristiani”.
Uno dei miei pazienti preferiti fu O. venne ricoverato nel nostro ospedale da campo in condizioni molto gravi, confuso e dolorante. La difficoltà respiratoria pervase nel suo corpo malato. Il medico sospese la morfina e aggiunse che non potette somministrargli nulla per calmarlo, così mi chiese di pregare per lui… improvvisamente si calmò e si addormentò.
Alquanto dubbiosi nel credere se si fosse risvegliato e se avesse sofferto di crisi di astinenza la mattina seguente pregammo. Il giorno seguente, l’ho trovai seduto sul suo letto mentre mangiava una mela. Pregai con O. e chiesi esplicitamente a Dio la guarigione nei polmoni. Il giorno dopo un mio collega mi chiamò dicendomi che qualcosa di straordinario si verificò e che avrei dovuto esserne a conoscenza. Aggiunse che O. mi stesse cercando per parlarmi, incredibilmente seppi direttamente da O. che dopo la preghiera di pari sentimento, immediatamente riprese a respirare liberamente per la prima volta, come se Dio volesse mostrargli che si sarebbe preso cura di lui, dandogli un sollievo temporaneo. O. non si ristabilì immediatamente, ma acquistò consapevolezza di un Dio reale, un Dio con cui stabilire un rapporto personale e affinché O. potesse conoscere il Dio Padre amorevole, gli regalai una Bibbia.
La salute di O. migliorò di giorno in giorno e i medici gli ricordarono spesso il miracolo operato da Dio.
Diventammo buoni amici e lodai Dio per lui e pregai il Signore affinché salvasse tutta la sua famiglia. Fu dimesso alcuni giorni dopo. Quanta Gioia provai!
Raccontai alla moglie e alla figlia l’intervento Potente di Dio. La moglie fra le lacrime riconobbe la Potenza Suprema: Dio aveva fatto qualcosa di immenso per tutti loro.
“È per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere” Ef. 2:8-9.
Nelle ultime settimane si convertirono tante altre persone; un musulmano la quale mamma fu curata da noi, poliziotti, personale del 118, giornalisti e tra cui E. e C..
E. combatté con la morte nell’ospedale di Cremona sino allo stremo delle proprie forze sino ad arrendersi e un’esperienza pre morte si materializzò nella sua mente. Vide il suo corpo circondato da infermiere e medici che lottavano per la sua vita. Contemporaneamente vide due porte che gli indicarono la scelta tra la vita e la morte. Improvvisamente si svegliò. Durante il ricovero nell’ospedale da campo E. mi raccontò la sua storia, fu un grande “assist” per me, ossia mi permise di mettere a fuoco l’aspetto principale e prioritario. Gli spiegai che avrebbe dovuto decidere tra la vita e la morte eterna. Con la Bibbia fra le mani gli mostrai le scritture…Enzo ora è nostro fratello…
La conversione di C. è quella che mi ha toccato veramente il cuore. C. più o meno coetanea di mia figlia maggiore, fu una delle traduttrici cui volli e voglio bene come una figlia e come tale mi sono sempre presa cura di lei. Pregammo insieme e lei accettò il Signore, fu un momento molto bello… Ancora oggi la sua conversione mi emoziona. Gloria a Dio!
Fu uno dei nostri pazienti del reparto di terapia intensiva. Benché cosciente e non più attaccato a un respiratore, reduce da una tracheotomia, non riuscì a comunicare verbalmente con me. Ogni giorno lo incoraggiai a non arrendersi e a lottare. Passammo molto tempo in preghiera e ogni volta lui pianse. Continuai a pregare per lui sino a quando il suo cuore smise di battere. Tra di noi si sviluppò una grande simbiosi, gli volli molto bene.
Il Covid 19 è una malattia diabolica e impietosa, infatti, nel nostro ospedale da campo sopraggiunse il primo caso di Covid tra il nostro staff. L’infermiera Whitney. Pregammo per lei affinché la situazione non peggiorasse. Il suo caso fu un forte richiamo ed un incitamento a non abbassare mai la guardia. Dovemmo prendere atto che nonostante il nostro equipaggiamento di protezione, i dispositivi non ci preservavano al 100% ma fu solo per grazia di Dio che il contagio si limitò a un solo caso. Le notizie quotidianamente ci informarono dei decessi in Italia i fra i vari medici e infermieri in conseguenza del Covid. La nostra protezione giacque nelle mani di Dio e la Sua Divina direzione ci permise di servirlo a Cremona, una città considerata come una delle più sbarrate al Vangelo… niente è impossibile per Dio! Gli abitanti di Cremona ci aprirono le loro braccia calorose. Tempo dopo invitammo diversi leader, responsabili di chiese e pastori della zona e dell’hinterland di Cremona. L’intenzione fu quella di coinvolgerli nella nostra preghiera ricevendo sostegno e incoraggiamento per noi volontari e per operatori sanitari dell’ospedale di Cremona, fu un gesto apprezzato e condiviso. Ciò che nacque dall’esperienza prima, durante e in seguito si materializzò in un legame indissolubile, impossibile da archiviare.
Dopo circa un mese mi resi conto che l’esperienza presso la Samaritan’s Purse stava cambiando le prospettive della mia vita, non fu sempre facile affrontare la morte ogni giorno. Una delle cose più difficili fu il dover telefonare ai parenti per comunicare il decesso di un loro caro. Un uomo di 56 anni morì inaspettatamente… Non fu la mia prima chiamata ma si configurò come la più difficile. Dopo quella telefonata accadde un qualcosa che mi logorava lentamente, fui consapevole che il mio tempo al “Samaritano” fosse una vera e propria lotta spirituale…
Mi trovai per la prima volta a sperimentare una realtà mai vissuta prima in tanti anni di ministero, vite toccate e cuori aperti dalla Potenza Spirito Santo. Mi chiesi cosa ci fosse di diverso. La risposta dinanzi a me fu che il messaggio di Salvezza ha più potere se è accompagnato dall’unione dei figli di Dio quali servitori fedeli senza distinzione di bandiere o denominazioni ma uniti solo dalla Croce. Il messaggio accompagnato dall’amore fortemente visibile di un Corpo di Cristo che non solo predica… ma s’impegna a soccorrere applicando il vangelo del nostro Signore. Tutti uniti con un solo obiettivo!
La situazione sembra molto buona, il numero di nuovi pazienti diminuì in modo esponenziale, potremmo riuscire a smontare le tende molto prima del previsto benché Samaritan’s Purse avesse un contratto con il governo italiano fino a metà giugno.
Qui termina la testimonianza del fratello Antonio e noi desideriamo ardentemente inoltrare al Samaritan’s Purse, ad Antonio e a tutti i volontari di cui non conosciamo i nominativi, i nostri ringraziamenti e le benedizioni di tutto il popolo di Dio.
Dai notiziari e dal social fummo informati quotidianamente dell’Opera di volontariato. Fratelli e sorelle impegnati a testimoniare chi sia veramente Dio, scelti per annunciare ai perduti che Dio si è fatto uomo soffrendo e morendo per loro per la loro salvezza. Tutti noi eravamo risucchiati in un vortice di preoccupazione per il famigerato virus che percuoteva l’Italia e il mondo, ma Dio è al controllo di ogni cosa e permettendo quanto accaduto ha fatto sì, che ogni Suo figliolo si appartasse maggiormente con Lui e si unisse in preghiera con i propri simili: parenti o fratelli. Quante volte piegammo le nostre ginocchia e rigammo il nostro viso di lacrime, invocammo e intercedemmo presso il Trono della Grazia affinché qualcuno inviato da Dio, fosse vicino ai malati al termine della loro vita mentre in solitudine soffocarono esalando l’ultimo respiro.
Antonio insieme a tutti i fratelli presenti (e spero ve ne siano state altre) furono una risposta alle mie preghiere e chissà quanti altri intercessori per la stessa richiesta. Durante il colloquio con Antonio quando rilevò che il proposito fu di non lasciar spirare nessun essere umano in solitudine mi sentii sollevata e ringraziai il Signore per la generosa benevolenza operata. I nostri cari fratelli ebbero modo di testimoniare che Dio è amare e che il Signore su ognuno di loro riversa amore per la loro esistenza futura. Indistintamente nel proprio animo videro i sacerdoti di Dio adempiere ad atti fraterni in circostanze pericolose rendendo a loro la precisa testimonianza dell’amore di Dio perseverante nei loro confronti. Dio intervenne al momento giusto per spezzare la sofferenza da cui furono angustiati tramite fratelli e sorelle scelti per annunciare ai perduti che Dio si è fatto uomo soffrendo e morendo per la loro salvezza.
“La fede senza le opere è morta”. Giacomo 2:26
Lella Francese
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