La Corte d’appello ha stabilito che non ci sono prove. L’accusa montata da un parente del fedele, contrario alla sua conversione cristiana. In Marocco i convertiti riescono a vivere tranquilli. Ma l’evangelizzazione (non solo il proselitismo) è messa sotto controllo. Espulsi decine di evangelici.
Rabat (AsiaNews/Morning Star) – La Corte di appello di Fez ha scagionato dalle accuse di proselitismo un cristiano convertito dall’islam, che in precedenza era stato condannato a 30 mesi di prigione. Il giudice ha liberato l’uomo per “insufficienza di prove”. L’ultima sessione del processo si è tenuta il 6 febbraio scorso e si chiuderà in modo definitivo il 13 febbraio.
Mohamed El Baladi, 31 anni, era stato arrestato il 28 agosto scorso nella cittadina di Ain Aicha (provincia di Taounate, circa 80 km da Fez) con l’accusa di proselitismo, per aver spinto due giovani musulmani alla conversione. La polizia era giunta nella sua casa sequestrando cd e libri di contenuto cristiano, oltre a riviste e soldi. Durante il raid i poliziotti hanno insultato El Baladi per aver abbandonato l’islam e lo hanno spinto a rivelare i nomi di altri convertiti.
In seguito si è giunti a sapere che l’accusa di proselitismo era stata fatta dallo zio di El Baladi, da sempre contrario alla sua conversione al cristianesimo.
Il 3 settembre scorso un tribunale di Taounate ha condannato El Baladi a 30 mesi di prigione e pagare una multa di 1500 dirham marocchini (circa 182 dollari Usa).
Gruppi per i diritti umani hanno criticato la sentenza: l’accusato non ha potuto scegliere alcun avvocato difensore e la multa comminata è superiore a quella consentita dalla legge.
Il codice marocchino prevede da sei mesi a tre anni di prigione e multe fino a 500 dirham.
In seguito El Baradi ha potuto dimostrare che le sue conversazioni con i giovani musulmani non tendevano a convertirli, ma erano una condivisione delle proprie ragioni alla conversione.
La legge marocchina condanna “l’incitamento nell’indebolire la fede di un musulmano o per convertirlo a un’altra fede”, ma una conversazione con a tema la propria fede non è considerata “proselitismo”.
Diversi Paesi islamici prevedono la pena di morte per apostasia e condannano il proselitismo. Ma questo non è il caso del Marocco.
Ad ogni modo, il sito Morning Star, di cristiani evangelici americani, spiega che fino a che un convertito al cristianesimo “rimane tranquillo”, non ha alcun problema – forse al massimo subirà ostilità dai suoi familiari. Ma se un convertito cerca di fare missione e diffonde la sua fede, rischia di essere controllato dalla polizia. Ciò avviene soprattutto nelle piccole città e nelle zone rurali.
Una legge così liberale – piuttosto rara nel mondo islamico – rischia però di subire contraccolpi dai settori più integralisti. Nel 2012 una fatwa dell’Alto consiglio degli Ulema (dottori coranici) domandava di applicare la pena di morte contro tutti i convertiti dall’islam.
Per ora non sembra che tale fatwa abbia avuto alcuna influenza. Ma negli ultimi anni il governo ha espulso dal Paese decine di cristiani evangelici accusati di proselitismo.
Fonte: http://www.asianews.it/
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