Il video della distruzione dell’edificio religioso, diventato per il califfo «luogo di apostasia». E Sako scrive all’Onu: «Fermate la pulizia etnica dei cristiani».
Dopo aver occupato e distrutto chiese e moschee sciite, costringendo migliaia di persone alla fuga, lo Stato islamico ha raso al suolo uno dei simboli di Mosul, la moschea del profeta Giona (Nabi Yunis).
Dopo aver costretto ieri i presenti in moschea a lasciare l’edificio, l’hanno fatto saltare in aria. La grandiosa moschea posta sulla collina di Al Tauba, dove si crede sia sepolto il profeta Giona, la cui tomba era già stata distrutta a mazzate dai terroristi, era secondo gli islamisti «diventata un luogo di apostasia e non di preghiera». Ora della moschea rimangono solo macerie.
VELO INTEGRALE PER LE DONNE. Lo Stato islamico, intanto, continua nella sua imposizione di una rigida versione della sharia a Mosul. Un imam ha dichiarato oggi a Reuters che i terroristi hanno obbligato tutte le donne a uscire di casa solo se accompagnate, con le mani, i piedi e il volto interamente coperti. «Non è una restrizione della loro libertà – ha scritto in un messaggio lo Stato islamico – ma un modo per impedire che vengano umiliate e che siano uno spettacolo per gli occhi di chi le guarda. Chiunque non rispetterà questo dovere sarà ritenuto responsabile e verrà severamente punito per proteggere la società dal male e perseguire gli obblighi della religione, proteggendola dalla dissolutezza».
«FERMATE LA PULIZIA ETNICA DEI CRISTIANI». Davanti a questi ultimi fatti assume ancora più valore l’appello che il patriarca caldeo Louis Raphael Sako ha rivolto all’Onu scrivendo una lettera al segretario generale Ban Ki-moon: «Non si può rimanere fermi ed essere semplici osservatori delle continue atrocità commesse contro i cristiani». Bisogna «fare pressioni su tutte le parti in causa per fermare questo massacro». I cristiani stanno andando incontro a «una pulizia etnica», mentre i fondamentalisti «continuano a bruciare chiese e antichi monasteri. Sarà difficile ricostruirli», soprattutto se l’Onu non sviluppa «con urgenza una strategia per proteggere e preservare il nostro patrimonio, colpito e dato alle fiamme dai militanti».
Leone Grotti
Fonte: http://www.tempi.it/
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