Novità – praticamente storiche – dalla Gran Bretagna. Nuove indicazioni, infatti, sono presenti in una guida che il governo ha diramato per informare le scuole che non sarà più permesso insegnare ai bambini che possono cambiare la loro identità di genere. Se richiesto, gli insegnanti dovranno fornire ai bambini solo informazioni “biologiche” sul sesso. Le scuole saranno inoltre tenute a informare gli adolescenti che non possono cambiare legalmente il loro genere fino a dopo i 18 anni. Nel frattempo, gli insegnanti si dovranno astenere dall’impegnarsi in conversazioni “esplicite” sul sesso fino all’età di 13 anni. Non solo: gli insegnanti, se chiamati in causa sull’argomento, dovranno informare i bambini che “l’ideologia di genere” non è supportata da basi scientifiche.
Un vero e proprio documento che si potrebbe definire epocale, dunque, e che rappresenta l’ennesimo passo in avanti – in tale ambito – da parte del governo guidato da Rishi Sunak, primo ministro del Regno Unito, che già da tempo aveva infatti annunciato la sua volontà di rivedere protocolli, politiche, prassi e in generale modus operandi riferiti al gender e all’identità di genere.
Tutto ciò, inoltre, ha a che fare anche con un rapporto dello scorso anno del think-tank “New Social Covenant Unit”, fondato dalla deputata Tory Miriam Cates, che ha scoperto che ai bambini in età scolare venivano insegnate teorie radicali come la “fluidità di genere” in lezioni ispirate dalle linee guida prodotte dalla “Stonewall”, una controversa quanto radicata associazione Lgbtqia+. Il rapporto aveva anche scoperto che ai bambini venivano insegnati gli “aspetti positivi” del sesso rude e come masturbarsi. Nel frattempo, uno studio del Policy Exchange ha scoperto che alcune scuole insegnano ai bambini che esistono diverse, praticamente decine, “identità sessuali e di genere”, come demisessuale, genderqueer, omoromantico, pansessuale e tanto altro. Il rapporto ha inoltre rilevato che oltre il 50% delle scuole inglesi utilizzava o continua a farlo materiali didattici forniti da associazioni esterne alle scuole stesse, comprese organizzazioni “woke” o arcobaleno come “The Proud Trust” e “Rainbow Flag Award”.
La nuova guida promossa dal Governo interviene anche dunque su tutto questo, vietando alle scuole di utilizzare materiali di terze parti, come il famigerato cartone animato “Genderbread Person”, dove si afferma che le identità innate dei bambini si basano su stereotipi di genere fortemente regressivi e in qualche modo sessualizzati.
L’intervento del governo sembra tempestivo, visto che un’altra ricerca, sempre del think-tank “Policy Exchange”, ha rilevato che ben quattro scuole secondarie su dieci in Inghilterra consentono ai bambini di cambiare genere senza informare i genitori. Già un mese fa il governo aveva risposto a questa notizia obbligando le scuole a informare i genitori se il loro bambino mostra segni di transgenderismo. Tuttavia, nonostante i numerosi esempi di istituti che promuovono un’ideologia progressista riguardo al sesso e al genere nei confronti dei bambini, le organizzazioni degli insegnanti di sinistra hanno tentato di affermare che le ultime linee guida del governo siano motivate solo da questioni politiche e faziose e non dall’amara realtà.
In un’intervista alla BBC, Pepe Di’Iasio, segretario generale dell’Association of School and College Leaders e preside di una scuola di Rotherham, ha accusato il governo di voler usare gli scolari «come un pallone da calcio politico». «Tutti i presidi – ha dichiarato – devono valutare il proprio piano di studi e modificarlo per far fronte a qualunque possa essere il problema del giorno. Anche se accogliamo con favore la possibilità di esaminare questo aspetto, abbiamo anche bisogno della flessibilità per rispondere a ogni possibile esigenza particolare che emerga». Di’Iasio ha aggiunto che gli insegnanti vogliono decisioni ben informate e basate sull’evidenza, non una guida “politicizzata” da parte del governo. Si è aggiunto al coro anche Paul Whiteman, segretario generale del sindacato dei dirigenti scolastici NAHT, che ha dichiarato: «Se ciò che è trapelato è accurato, il governo deve fornire le prove che dimostrano inequivocabilmente che i limiti di età imposti miglioreranno il sostegno, la protezione e la salvaguardia dei bambini e dei giovani».
In queste dichiarazioni emerge tutta la malafede ideologica del pensiero progressista contemporaneo. Non sono loro, con le loro nuove e bislacche teorie sulla suddivisione tra sesso, genere, autopercezione e quant’altro a dover dimostrare, dati scientifici alla mano, che le loro asserzioni incrociano le reali esigenze psico-fisiche dei giovani. È invece il governo che, nel ripristinare limiti di età che corrispondono ai ritmi di crescita fisica e mentale degli individui e della loro sessualità, deve dimostrare scientificamente che… cosa? Che la natura è natura? Che parlare di sesso a un individuo che è molto lontano dall’avere pulsioni definite o definibili attraverso la conoscenza, l’esperienza e la ragione?
Bene, dunque, sta facendo il governo britannico a tirare i remi in barca, dopo un fin troppo lungo lassaiz-faire che ha permesso al business disumano fondato sull’ideologia queer di prendersi il dito e tutto il braccio, incurante di rovinare numerosi giovani. Il mondo anglosassone spesso fa da apri-pista per ciò che poi accade nel resto del mondo occidentale. Non resta che augurarsi che queste nuove regole per la scuola britannica facciano breccia anche da noi.
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