Un nuovo studio belga apre nuovi scenari per il trattamento di un disturbo di cui soffrono 700 milioni di persone in tutto il mondo. La dislessia è tutt’altro che una malattia rara: secondo le stime più recenti oggi questo disturbo interesserebbe almeno il 10% della popolazione, ovvero circa 700 milioni di persone in tutto il mondo. Ma cos’è la dislessia, e come si manifesta? Ne parla quotidiano spagnolo El País, spiegando anche l’evoluzione della conoscenza medica del disturbo: per decenni gli scienziati avevano individuato l’origine del problema nel sistema di rappresentazione fonetica, che nel cervello dei dislessici sarebbe distorto.
DEFICIT DI CONNETTIVITÀ – Non sarebbe così: un recente studio ha preso in esame 23 volontari, di cui uno soltanto dislessico, che si sono sottoposti a un esame di imaging cerebrale. Nel soggetto dislessico le rappresentazioni fonetiche cerebrali sarebbero risultate intatte ma è stato rilevato un deficit tra le tredici aree del cervello che concorrono all’elaborazione e allo sviluppo del linguaggio. Sarebbe proprio questo deficit a causare la dislessia: una scoperta che porta i medici a riconsiderare le terapie messe in pratica fino ad oggi che, per essere realmente efficaci, dovrebbero essere volte a migliorare la connettività tra le aree cerebrali deputate al linguaggio.
NESSUN LEGAME CON L’INTELLIGENZA – La dislessia è un disturbo dell’apprendimento che rende più difficoltoso imparare a leggere con scioltezza e comprendere la totalità del testo letto. Il disturbo non ha niente a che vedere con l’intelligenza ma, piuttosto, con la struttura stessa del cervello indipendentemente dalle capacità cognitive dell’individuo e gli psicologi hanno spiegato che chi è dislessico ha difficoltà ad associare i fonemi ai rispettivi segni grafici – che sono i «mattoni» del linguaggio umano, scritto e parlato. Le difficoltà di lettura di un dislessico non sono legate alla percezione visiva dei grafemi e il disturbo, che peraltro sembra essere più comune negli uomini che nelle donne, ha una forte componente genetica.
COLLEGAMENTI CEREBRALI – Il neuroscienziato Boets Bart e i suoi colleghi delle università di Lovanio, Londra, Oxford e Zurigo, hanno utilizzato tecniche avanzate per osservare come funziona il cervello di un dislessico quando si trova a dover leggere ad alta voce un testo scritto. I risultati dello studio, che saranno presto pubblicati su Science, hanno evidenziato notevoli differenze tra le mappe di connettività dei soggetti affetti dal disturbo paragonate a quelle dei soggetti normali: i collegamenti tra il giro frontale inferiore e l’area della corteccia uditiva sarebbero molto più deboli, rendendosi quindi responsabili dell’insorgere del disturbo.
UNA DIAGNOSI DIFFICILE – Non tutti gli scienziati sono convinti della validità di questa tesi, e cioè che la dislessia sia totalmente indipendente dalla rappresentazione fonetica a dalla capacità di distinguere chiaramente un fonema dall’altro. Su una cosa, però, gli esperti sono tutti concordi: poiché l’articolazione del linguaggio e la lettura sono processi mentali estremamente complessi, la dislessia può apparire sotto molteplici forme, rendendo più difficile una diagnosi. Solitamente, il problema si palesa nei primi anni di scuola e, come sottolinea Boets, «le difficoltà a imparare a leggere e a scrivere non vanno a impattare solo sull’istruzione e lo sviluppo cognitivo, ma anche sul benessere socio-emotivo dell’individuo».
(Photocredit: Thinkstock)
Fonte: http://www.giornalettismo.com/
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