Ero soltanto un bambino di pochi anni quando mi trovai con mia madre in casa di altre persone che mi invitarono ad avvicinarmi ad una coppa in ceramica nella quale vi era un massiccio scacco quadrato di cioccolata fondente del tipo di quelli utilizzati in cucina per grattugiarne le scaglie sui dolci.
Benché piccolo capii subito che si trattava di un’offerta alla quale avrei mio malgrado dovuto rifiutare dato che la tipologia e le dimensioni dello scacco risultavano decisamente proibitive per la mia bocca a cui, come se non bastasse, mancavano anche alcuni denti.
Forse le intenzioni di quella famiglia erano realmente buone nei miei riguardi ma quello che mi stavano offrendo era del tutto inadeguato per me.
A distanza di circa trent’anni da quell’episodio oggi mi domando: “quante volte nella mia vita ho fatto la stessa cosa nei confronti di Dio?” e più precisamente: “In quante occasioni ho offerto del tempo o delle risorse a Dio ma non nel modo in cui Egli avrebbe voluto?”.
Queste domande, che mi hanno pungolato in parecchie occasioni nel corso della vita, hanno finito col diventare come carboni ardenti sulla mia pelle quando maturai la consapevolezza che ciò che Dio vuole realmente da noi non ha a che vedere con la quantità ma con la qualità.
Nuovamente non è stata l’intelligenza o la filosofia umana a dare una spiegazione ai miei interrogativi quanto la tonante voce dell’Eterno degli eserciti registrata nelle pagine dell’Antico Testamento in cui la parola offerta viene quasi sempre abbinata a quella primizia.
A tal proposito nel libro dell’Esodo cap.13 ver. 2 Dio parlò chiaramente a Mosè dicendogli: “Consacrami ogni primogenito, quello che apre il grembo tra i figli d’Israele, tanto di uomini che di animali; esso mi appartiene”.
Consacrare a Dio il primo nato in una famiglia ebraica (attraverso un cerimoniale che prevedeva il sacrificio di animali) significava onorare l’Eterno con quanto di più prezioso si possedesse dal momento che, alla morte del padre, il primogenito sarebbe divenuto unico erede di tutti i possedimenti.
Abrahamo, moltissimi anni prima dell’autore del Pentateuco, dimostrò più di ogni altro uomo della sua epoca cosa significasse offrire la primizia a Dio, arrivando a sollevare il pugnale sul collo del suo unico figlio Isacco.
Come tutti sappiamo un angelo dell’Eterno bloccò la mano di Abrahamo (Genesi cap. 22 ver.12) ma Dio stesso non fermò quella degli uomini che condussero al martirio della croce il Suo unigenito figluolo Gesù.
Con questo Dio vuole ancora oggi dimostrarci che il nostro meglio gli appartiene perché Lui non si è tirato indietro davanti al prezzo più caro che un padre avrebbe mai potuto pagare concedendo la vita del proprio figlio per la nostra salvezza.
Persino il Re Davide, giunto da un uomo di nome Araunah per comprare un aia e costruirvi un altare per allontanare un calamità piombata sul popolo d’Israele, si rifiutò di prenderne in dono il terreno ammonendo l’uomo con queste parole: “No, certamente io comprerò da te queste cose al prezzo che costano, e non offrirò all’Eterno, il mio Dio, olocausti che non mi costino nulla” (2 Samuele cap. 24 ver. 24)
Concludo invitando ciascuno di noi (io per primo) a riflettere su quanto Dio sia interessato ad avere il nostro meglio quantificato in termini di tempo dedicato allo studio della sua parola, alla preghiera, al servizio cristiano in ogni sua forma.
Benchè sia assolutamente conscio che non sempre sia facile, imparare ad amministrare il tempo a nostra disposizione, ritagliandoci spazi in cui impiegare con efficacia le nostre capacità per l’avanzamento del Regno di Dio, significherà aver offerto a Dio un sacrificio gradito.
Dio benedica immensamente ogni vostro sforzo che sono certo troverà nuovo slancio e vigore, alla Gloria di Dio.
Roberto Curi
Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook