Chi è il perfezionista? E’ uno che cerca e pensa di raggiungere la perfezione in tutto. Uno che non tollera l’imperfezione, in niente ed in nessuno. Lui aborrisce ogni difetto (o, almeno, ciò che a lui sembra difettoso).
E’ molto esigente: pretende il massimo (secondo il suo perfezionismo) da tutto e da tutti.
E, forse, qualcuno dirà che questo atteggiamento è bello, che la ricerca della perfezione è qualcosa di nobile, anzi, doveroso. Sempre meglio di colui che, invece, non si cura di migliorarsi e per il quale l’approssimazione è più che sufficiente!
Ma, a volte, se ci si ferma un istante, si può intravedere una luce che fa scorgere una differenza tra il perfezionismo e la perfezione stessa; una differenza per cui tra il perfezionismo e la perfezione rimane una notevole distanza, nonostante il perfezionista dica (a se stesso e agli altri che lo circondano) di voler sempre tendere con tutte le sue forze verso la perfezione).
Cerchiamo di vedere, allora, questa differenza e questa distanza, proprio per aiutare i perfezionisti a non correre troppo, senza, poi, magari, neanche raggiungere la perfezione.
Esaminiamo soltanto alcune delle possibili situazioni che si possono vivere nel quotidiano e nelle quali il perfezionista potrebbe e vorrebbe distinguersi (dagli altri, che non sono perfezionisti e che tendono a fare le cose da gente normale, appunto, senza esagerare col perfezionismo).
FARE I COMPITI COI BAMBINI
Può accadere di seguire i bambini nei loro compiti scolastici, per cercare di dar loro una mano, magari in qualche argomento per loro ostico e difficile. Bene, ma qual è l’atteggiamento giusto per dare loro una mano? Dare una mano significa rinforzare le capacità del bambino, ovvero metterlo in grado di afferrare ed elaborare le informazioni più efficacemente. Ora, cosa potrebbe accadere se tutto ciò fosse fatto in modo perfezionista (cioè in un modo “tendente alla perfezione”)? Beh, potrebbe accadere che il perfezionista farebbe notare i suoi errori al bambino, insistendo sul fatto che tali errori non vanno commessi, altrimenti…(ed inizierebbe qui a fare la sfilza o l’elenco delle possibili conseguenze che i suoi errori (quelli del bambini, ovviamente) – quindi : i voti negativi, la critica dei compagni, il malcontento dei genitori, la sensazione di fallimento da parte del bambino stesso, etc., etc. – ). Secondo il perfezionista tale prospettiva (cioè il mettere davanti al bambino l’elenco dei difetti e dei problemi che potrebbero derivare dal far male i compiti e dal non essere perfetti) sarebbe un utile dovere (poiché se non si fa vedere il male, pensa lui, non si può far apprezzare il bene!
Quando, dunque, un perfezionista cercherà di aiutare un bambino nei compiti, avverrà probabilmente che il suo “aiuto” tenderà sempre a mettere davanti al bambino tutti i problemi e tutti i difetti del suo modo di fare e di essere (imperfetto).
Ma si può valutare questo “aiuto”? Ovviamente dal punto di vista del perfezionista esso è infallibile, necessario ed utile, proprio perché – come dicevamo – egli è convinto che aiutare un bambino a vedere il male (di cui egli, siccome immaturo, sarebbe fondamentalmente la causa!) è funzionale ad “apprezzare il bene”. Ma dal punto di vista del bambino il risultato potrebbe essere non affatto così scontato. Il bambino nella sua “immaturità” (o forse, sarebbe il caso di dire, secondo il suo modo di vedere) potrebbe vedere in quell’”aiuto” una tortura e un’umiliazione; qualcosa, insomma, che più che sostenerlo potrebbe buttarlo ancora più giù. Il bambino, insomma, dal suo punto di vista, forse, potrebbe non scorgere i vantaggi prospettatigli dal perfezionista con l’elencargli tutti i suoi difetti. E magari avrebbe preferito che chi volesse aiutarlo si fosse messo a prospettargli ben altri aspetti (possibilmente positivi) che con un certo cambiamento di strategia nello studio egli avrebbe potuto raggiungere.
Quindi questo esame ci permette di vedere come il perfezionismo spesso può restare distante dalla perfezione: perfetto sarebbe si uno che volesse aiutare il bambino, ma calandosi nei suoi panni ed aiutandolo veramente, ossia portando ad essere incoraggiato e non scoraggiato (meta che sarebbe appunto quella raggiunta dalla perfezione nel modo di aiutare e dal perfezionismo, che in “nome della perfezione” porta ad altri risultati).
Prendiamo un’altra situazione.
EDUCAZIONE DEI FIGLI E RAPPORTI INTERPERSONALI
L’educazione sicuramente è un compito che spetta ai genitori, i quali se cristiani sanno che essa va impostata e basata sui valori ed i principi spirituali rivelatici dal Signore nella sua santa Parola. E questo è giusto e buono.
Ma se anche in quest’ambito intervenisse un atteggiamento perfezionista, cosa potrebbe succedere? Potrebbe succedere che la tendenza e la corsa “alla perfezione” potrebbero irrigidire certi usi e procedure educative.
Come nel caso di prima (l’ “aiuto” nei compiti) il perfezionista cercherebbe di prospettare ai figli tutte le cose negative da evitare. E, anche qui, la sfilza dei divieti sarebbe in cima alle priorità che il nostro genitore perfezionista penserebbe di dover mettere:
- Non scherzare mai (sarebbe cosa da buffoni);
- Non rispondere mai sbuffando a chiunque si rivolge ai figli o accennare addirittura il minimo segno di replica o protesta (sarebbe da ineducati e ribelli);
- Mostrare sempre un atteggiamento cordiale, sorridente – nascondendo eventuali emozioni negative davanti ai fratelli (sarebbe poco decoroso);
- Etc., etc.
Questa agli occhi dell’educatore perfezionista sarebbe disciplina. E di certo dalla “sua parte” egli avrebbe una serie di versetti biblici da sfoderare a difesa della sua linea educativa, tendente alla perfezione (primo fra tutti – probabilmente – il versetto che dice di “Allevare i figli nella disciplina del Signore”) .
Ma ciò che forse manca in questa linea educativa è sempre una parte del consiglio del Signore, che dice di allevare, si, i figli nella disciplina, ma senza portarli a scoraggiarsi (si potrebbe dire ad avvilirsi). E cosa vuol dire ciò? Vuol dire che la disciplina è giusta se applicata per lo scopo giusto e nella misura adatta. E qual è lo scopo giusto e la misura adatta per educare e disciplinare i figli nelle vie del Signore?
Beh, bisognerebbe chiedersi quali sono le vie del Signore: grazia, giustizia, amore, pace, serenità, pensieri onesti, diletto (cioè gioia).
Oppure ci si potrebbe chiedere quale deve essere l’esito e l’effetto al quale dovrebbe condurre la disciplina cristiana quando fosse applicata nel giusto modo e nella giusta misura; in tal senso penso al verso biblico che dice “Il frutto (o l’effetto) della giustizia sarà la pace” (Isaia 32: 17). Questo versetto mostra il fine, lo scopo e la misura contemporaneamente di ciò a cui dovrebbe portare la disciplina, ossia la pace (e non, già, lo scoraggiamento).
Ma certi atteggiamenti perfezionisti, come quelli che avevamo prima elencato, potrebbero portare non alla pace (frutto della giustizia e, quindi, di una giusta disciplina), ma allo scoraggiamento. Anche in questo caso, quindi, il perfezionismo rivela di essere un atteggiamento (o uno spirito) diverso e distante dalla perfezione e, come nel caso precedente (quello relativo all’aiuto nei compiti dei figli), farebbe allontanare i figli dallo scopo stesso della disciplina , che è quello di amare ciò che è giusto, per portarli all’esito opposto, che è quello di odiare la “disciplina” (o ciò che si chiamata così, quando – invece – si trattava di qualcos’altro (frustrazione, costrizione, annichilimento (di qualsiasi espressione dell’animo, anche di ciò che era lecito e fattibile secondo giustizia)).
Da questi due esempi vorrei trarre una conclusione, per riflettere sul cosa si perde il perfezionista a causa del suo modo di vedere, di fare e di essere.
Il perfezionista, per quanto dica a se stesso di tendere alla perfezione, come abbiamo visto, rischia – al contrario – di allontanarsene.
Perché? Cosa c’è di diverso tra il perfezionismo e la perfezione?
Beh, potremmo dire che il perfezionismo è una “perfezione” esagerata o estremizzata.
Ora, che perfezione può esservi in una “perfezione esagerata”? La perfezione è tale proprio perché non manca di nulla, né in eccesso né in difetto. La perfezione è tale in quanto perfettamente equilibrata, perfettamente in equilibrio. La perfezione è equilibrio!
Le esagerazioni (perfezioniste) o le mancanze (della trascuratezza) non hanno nulla a che vedere con la perfezione.
Spero che queste riflessioni possano aiutare coloro che si sentono spinti a cercare la perfezione, ma con i propri metodi; coloro che si riconoscono in questa descrizione del perfezionista (ossia in colui/colei che cerca – a modo suo – di tendere alla perfezione, svilendosi però del fatto di non raggiungerla, e di conseguenza si arrabbia, dando la colpa a coloro che “non lo capiscono”)!
Spero che tali riflessioni servano, a coloro che dovessero trovarsi in questa situazione, a prendere coscienza del fatto che il problema può non trovarsi in coloro con cui abbiamo a che fare (perché “non ci capiscono”), ma in noi stessi (che cerchiamo forse di imitare la perfezione, ma a modo nostro)!
Immagino che si potrebbero esaminare anche altre situazioni in cui il perfezionismo potrebbe guastare il frutto della vera perfezione. E magari in una prossima riflessione, a Dio piacendo, cercherò di farlo con l’aiuto e l’ispirazione del Signore.
Nel frattempo se qualcuno ha trovato utili ed interessanti questi spunti e volesse indicarmi qualche ulteriore idea per poterli approfondire è cordialmente invitato a contattarmi.
Pertanto ricordo la mia mail: enzo_maniaci@libero.it
Enzo Maniaci | Notiziecristiane.com
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