La notizia è tristemente chiara e, soprattutto, indiscutibilmente ufficiale. Stiamo parlando del taglio – pesantissimo – disposto dal Governo in carica alle famiglie e, aspetto non secondario, messo nero su bianco sul sito della Camera laddove vengono illustrate le misure per l’istituto familiare, appunto, nonché i fondi per le politiche sociali.
Quel si legge, infatti, è che «dal 2019, la dotazione a regime del Fondo è pari a 100 milioni di euro. Per il 2020, la dotazione del Fondo prevista dalla legge di bilancio 2020 è pari a 74,5 milioni di euro». Per chi non avesse ancora capito, il portale prosegue chiarendo che tali numeri sono la risultante del fatto che «la Sezione II della legge 160/2019 ha operato una riduzione di circa 30 milioni di euro sulla dotazione strutturale del Fondo come stabilita dalla legge di bilancio 2019».
Sì, avete letto bene: in un momento di crisi sanitaria ed economica, in un momento in cui le famiglie dovrebbero essere sostenute più di prima, sul sito della Camera viene ufficializzato un taglio pesantissimo, pari a circa 30 milioni di euro in meno. Un passaggio doppiamente grave se si pensa che, tradizionalmente, il nostro Paese non è che sia abituato a destinare chissà quali risorse economiche alla «cellula fondamentale della società».
Anzi, semmai sappiamo che è l’esatto contrario: lo Stato tende a lasciare sole le famiglie, come prova un costante decremento dei fondi ad esse destinate. Basti pensare che essi erano passati dai 185 milioni del 2011 ai miseri 32 dell’anno dopo salvo poi risalire ai 56 del 2013. A far cambiare la musica in modo significativo, lo scorso anno, era stato il Ministro Lorenzo Fontana, sotto la cui guida lo stanziamento pro family, nel 2019, era ritornato ad una cifra tonda e a suo modo rassicurante: 100 milioni, appunto.
Eppure, è bastato un cambio di colore politico dell’esecutivo per riportare le cose come prima e peggio di prima, con un taglio spietato pari – lo si ripete – di ben 30 milioni. Ora, in un Paese normale questa novità vergognosa sarebbe denunciata dai tetti; in un Paese sotto pandemia e stretto nella morsa della crisi economica, ancora di più. Invece ora rischia quasi di passare sotto silenzio. Motivo per cui questo merita essere denunciato con tutta la forza possibile.
Anche perché, giova ricordarlo, aiutare la famiglia – per un Paese oltretutto con natalità zero – non equivale a sostenere un’agenzia tra le altre o a sostenere, tanto per fare un esempio, un’azienda in difficoltà. No, aiutare la famiglia, anche se si stenta a capirlo, per uno Stato significa anzitutto aiutare sé stesso. Per un motivo semplice: la «cellula fondamentale della società» è il pilastro senza il quale una comunità rischia di implodere, di sfaldarsi, di scomparire. Non c’è alternativa.
Questo non lo dicono i cattolici o i conservatori, ma lo attestano fiori di evidenze antropologiche e sociologiche che pongono in rilievo come non si abbia memoria di una civiltà sopravvissuta all’assenza o all’eccessivo indebolimento familiare. Anzi, per la verità la storia ci consegna testimonianze clamorose che vanno nella direzione opposta, come quella dell’Unione Sovietica che vide i comunisti guidati da Stalin costretti, dopo aver promosso aborto e divorzio facile per anni, a correre ai ripari con ben due controriforme familiari, una nel 1936 l’altra nel 1944.
A questo punto, quindi, la domanda è: ma se tutti – perfino, come si è detto, i regimi più sanguinari della storia – sono giunti prima o poi a riconoscere l’importanza di quello che san Tommaso definiva «utero spirituale», com’è possibile che il Governo guidato da Giuseppe Conte, quello che a parole dovrebbe far ripartire il Paese e dice di non voler «lasciare indietro nessuno», si possa permettere di falcidiare così spietatamente i fondi per la famiglia? Vale la pena chiederselo perché qui non ne va di un aspetto marginale: qui nel va del futuro stesso dell’Italia.
di Giuliano Guzzo | Provitaefamiglia.it
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