In passato, le attività sportive non venivano tanto praticate, in quanto la maggior parte della popolazione svolgeva un’attività manuale, a volte, pesante.
Oggi, si scorge una corsa verso qualunque sport, al fine di mantenersi in forma e in buona salute. Nel passo citato, Paolo fa un confronto tra il comportamento degli atleti, dediti agli allenamenti per acquisire i migliori risultati e quello di chi vuole servire integralmente Dio.
Il credente, che si prefigge tale meta, deve essere temperato in tutto: non basta l’aver avuto talento e gioia nell’annunziare l’evangelo agli altri (In 1 Corinti, nei versi da 19 a 23, l’apostolo Paolo ci fa partecipi della sua strategia personale nel presentare la buona novella di Cristo, nella pienezza e nella sua integrità, al fine di guadagnare il maggior numero di anime a Dio), ma occorre vivere in maniera che la testimonianza sia rafforzata dalla personale condotta.
È importante correre, sia fisicamente che spiritualmente, ma non in modo incerto, cioè senza conoscere i motivi o i risultati di quella attività, che in campo cristiano significa sconoscere il tenore di una vita consacrata a Dio, atto ad offrire un servizio secondo la Sua volontà.
Un vero servo o qualsiasi credente devono conoscere i precetti divini, affinché, come conclude Paolo alla fine del capitolo, “non avvenga, che, dopo aver predicato agli altri, io stesso non sia squalificato”, cioè, sia estraniato dall’operato divino.
Salvatore Lionti
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