Ogni giorno sembrano crescere i contagi da Coronavirus. Il problema sta nella lettura dei dati, in cui i malati sono solo una piccola parte.
I numeri infatti parlano di un calo nel weekend, dovuto in particolare al calo dei test. Come anche la crescita delle scorse settimane era dovuta a un aumento degli stessi test. Nei numeri diffusi il 30 agosto, si parla di 81.723 tamponi con 1.365 positivi, contro i 99.108 elaborati il giorno precedente, di cui 1.444 positivi.
Coronavirus, tutti i numeri dell’ultima giornata e come leggerli
I ricoverati con sintomi, al momento, sono 1.251. Nell’ultima giornata i ricoverati in terapia intensiva sono aumentati di 7 unità, portando il totale a 86. Le vittime della giornata di ieri sono state 4, contro una sola vittima della giornata precedente. In totale, i casi in Italia ammontano a 268.218, con 35.477 vittime. Al momento ci sono 24.205 positivi.
In tutto, al livello nazionale c’è stato un incremento dello 0,51 nell’ultima giornata. Un dato che francamente a molti appare estremamente limitato per provocare l’allarme che purtroppo, nei media e da parte delle autorità pubbliche, pare si voglia provocare. Si parla di una crescita di contagi inferiore all’uno per cento, dovuta a un aumento esponenziale dei test effettuati, che tuttavia soltanto in percentuali praticamente inesistenti ha conseguenze concrete sulla salute delle persone.
La questione degli asintomatici, e le percentuali irrisorie di ricoveri
La maggior parte di questi nuovi positivi è infatti asintomatico. Il che significa che non presenta sintomi, ovvero non è malato. La percentuale di individui ricoverati in terapia intensiva, ad oggi, corrisponde allo 0,36 del totale. I ricoverati, tra cui sono compresi anche i casi non gravi ma che presentano solamente lievi o anche trascurabili sintomi, sono pari al 5 per cento del totale.
Un dato, questo, del tutto inconfutabile. Che fa emergere la realtà del Covid-19 oggi in Italia, ovvero quella ripetuta in più occasioni dal professore Alberto Zangrillo, primario del reparto di Terapia intensiva all’ospedale San Raffaele di Milano. Che il coronavirus, nel nostro Paese, è “clinicamente morto“.
Coronavirus, l’analisi dei dati e la domanda: perché si fa allarmismo?
Quindi tecnicamente irrilevante, dal punto di vista della salute pubblica, se si pensa che durante il picco dell’epidemia in Italia si parlava di una media di persone ricoverate in terapia intensiva pari addirittura al 12 per cento. In relazione a circa un 70 per cento di ricoverati rispetto al numero dei positivi.
Anche il numero dei decessi, che purtroppo ancora sono presenti ma sempre al netto di una distinzione al momento non ponderata tra i decessi “con” il Coronavirus e quelli “per” il Coronavirus, è estremamente ridotto. Si parla di una media di 4 al giorno, mentre nella fase più critica della pandemia si contava tragicamente un numero di vittime all’incirca sulle 700-800 al giorno.
La differenza abissale dal picco della pandemia
La differenza è quindi abissale: dal 12 per cento allo 0,36 per le terapie intensive, e dal 70 per cento a solamente il 5 per cento per quanto riguarda i ricoveri in generale. Ci si chiede allora: ci sono i presupposti per tutto questo allarmismo e censura? L’idea, che molti avanzano tra le righe, è che ci siano interessi nascosti e ben più profondi di quelli legati alla presunta “tutela” della salute pubblica.
Se si continua a tenere sotto scacco l’intero paese, dagli esercizi commerciali, alle imprese fino alla scuola o a molte altre iniziative legate ad esempio al turismo, agli eventi, alla produzione culturale e quant’altro, rischieranno di esserci conseguenze ben più gravi dei pochi casi di ricoveri ospedalieri che si stanno ad oggi, per fortuna, verificando.
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