Coronavirus, leader cristiano: Gerusalemme blindata, più paura dell’Intifada (Video)

La città santa è svuotata di pellegrini, visitatori e dei suoi stessi abitanti. Cancellate le prenotazioni alberghiere di marzo e aprile. Oltre 500 contagiati, quasi 50mila in quarantena. Il patriarcato studia le misure per svolgere le celebrazioni in sicurezza e secondo la legge. Sobhy Makhoul: il virus unisce “ebrei, cristiani, musulmani, arabi e israeliani”. Preghiere e canti a Nazareth (video).

Gerusalemme (AsiaNews) – Il blocco imposto dal governo israeliano per contrastare la diffusione del nuovo coronavirus “mi fa ricordare l’inizio dell’Intifada, quando tutto era chiuso a Gerusalemme”. Oggi, però, “la paura è ancora più forte” perché “non sai da dove arriva il virus e come possa colpire”. È quanto racconta ad AsiaNews Sobhy Makhoul, della Chiesa maronita di Gerusalemme e amministratore del Christian Media Center, il quale conferma che “non c’è più niente di aperto: l’aeroporto è chiuso, non entrano più stranieri, solo gli israeliani di ritorno a casa o gli stranieri che hanno la residenza. E all’ingresso vengono sottoposti a quarantena”.

Entro oggi, prosegue il leader cristiano, dovrebbe entrare in vigore “il blocco totale del Paese. In un primo momento la popolazione non ha colto il pericolo. Da qualche giorno, invece, i mass media hanno iniziato a diffondere video dall’Italia per far capire quello che è successo e per sensibilizzare la popolazione, far capire loro che è necessaria la massima serietà”.

A causa dell’emergenza coronavirus, la città santa si è svuotata non solo di pellegrini e visitatori, ma dei suoi stessi abitanti soprattutto da che il governo ha ordinato la chiusura di scuole (comprese quelle cristiane), istituti e università. A questo si aggiunge la cancellazione di tutte le prenotazioni alberghiere per i mesi di marzo e aprile, in un periodo in cui il turismo religioso da tutte le parti del mondo – in concomitanza con la Quaresima e le celebrazioni della Pasqua – è ai massimi livelli.

Molti ristoranti sono già chiusi, funziona solo il servizio di consegna a domicilio. In molte parti della città santa, fra cui la porta di Damasco, la via Dolorosa e la basilica del Santo Sepolcro sono in atto operazioni di disinfestazione. Il ministero della Sanità ha ordinato la chiusura di palestre, piscine, parchi giochi, zoo e aree ricreative. Lo stato di emergenza non si applica solo per supermercati, farmacie, banche ed enti assistenziali.

In vista della Settimana Santa mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, conferma che sono allo studio le diverse modalità “ di celebrazioni”, in un contesto “tutto nuovo, sorprendente anche per noi”. La chiusura del Santo Sepolcro, prosegue, “non è un’opzione” ma “dobbiamo trovare il modo di pregare, rispettando la legge”. L’idea è di formare due o tre gruppi di massimo 10 persone, separati fra loro “lasciando perdere le tradizionali processioni, per andare all’essenza della celebrazione Eucaristica”.

“Nei primi giorni del blocco – racconta Sobhy Makhoul – le persone andavano al mare. Ma si sono resi ben presto conto che non è una festa, ma una situazione grave e bisogna stare attenti. La paura è che un Paese piccolo come il nostro possa avere pesanti ripercussioni: siamo già a oltre 500 infetti, quasi 50mila in quarantena, anche se sono più di 200mila i rientri dall’estero”.

Il virus, prosegue, “preoccupa ebrei, cristiani e musulmani, ebrei e arabi” perché “è un disastro che incombe sulla testa di tutti” e per una volta “siamo tutti uniti”. In una sola settimana sono state fatte 450mila domande per l’indennità di disoccupazione, in un momento in cui l’economia israeliana “andava forte. Questo permette di assorbire meglio le difficoltà”. Questo è “un nemico comune per tutti” e “la sanità è stata presa in contropiede, mancano maschere e kit per tamponi. Nessuno immaginava ne servissero in grande quantità”.

Le chiese di Gerusalemme invitano i fedeli a seguire le funzioni sui social o in televisione, sono proibiti i matrimoni e ai funerali partecipano solo i parenti stretti. La polizia vigila per le strade, facendo osservare la distanza fra persone e le norme di prevenzione. “I supermercati – racconta il leader cristiano – sono in gran parte svuotati, malgrado il governo abbia assicurato che vi sono riserve sufficienti per sei mesi. Ma la gente ha paura”.

La stretta durerà almeno fino alla Pasqua ebraica, dopo il 16 aprile, ma la speranza è che si possano trovare cure adeguate, anche se al momento non vi sono prospettive certe e anche le voci di uno studio israeliano sul vaccino “non hanno nulla di concreto al momento”. Intanto i cristiani pregano: ieri a Nazareth, conclude, “un sacerdote ha tenuto una preghiera nella piazza e le persone si sono unite cantando dai loro balconi”.

Asianews.it

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