Corea del Nord, un missile contro il disgelo

Capire le mosse della Corea del Nord sta diventando un esercizio sempre più difficile. Il 13 maggio il ministero degli Esteri nordcoreano dichiara di voler iniziare a negoziare con gli Stati Uniti “a certe condizioni”. La notte successiva, cioè ieri, la Corea del Nord effettua un nuovo test missilistico, vietato dalle risoluzioni Onu, una provocazione deliberata. Un po’ come a indicare quali siano le “condizioni” richieste per il dialogo: l’accettazione internazionale del “regime eremita” come potenza nucleare e missilistica. Ma restano ovviamente tantissimi dubbi sul significato di un gesto che riattizza di nuovo la tensione, quando pareva proprio che si fosse arrivati all’inizio del disgelo.

Le parole sul dialogo a “certe condizioni” provenivano da una fonte ufficiale, Choe Son-hui, funzionaria del ministero degli Esteri, con delega agli “affari americani”. La dichiarazione arrivava al momento giusto, cioè alla vigilia del Forum della Via della Seta, promosso dalla Cina, a cui partecipano 29 paesi. Era anche una mano tesa all’indomani dell’impeachment dell’ex presidente sudcoreana Park Geun-hye, nazionalista, e all’elezione del liberale Moon Jae-in, che si è detto subito pronto a riaprire il dialogo con la parte Nord della penisola coreana. “Andrei anche a Pyongyang nelle giuste circostanze”, aveva subito dichiarato il neo-eletto presidente sudcoreano, dimostrando di poter superare il momento di forte tensione militare fra le due coree del mese scorso. La dimostrazione di buona volontà di Moon era stata subito assecondata anche dalla Casa Bianca. Il presidente Donald Trump si è infatti detto “onorato” della possibilità di riprendere il dialogo con Pyongyang e con il suo dittatore Kim Jong-un. La dichiarazione di apertura da parte di quest’ultimo, dunque, non era un fatto isolato, ma andava letta all’interno di questo contesto di disgelo. A cosa serve, dunque, il test missilistico di ieri?

Prima di tutto, è bene capire a cosa serva materialmente, a quale risultato tecnologico mirassero i nordcoreani. E anche qui il mistero è fitto, perché il lancio ha caratteristiche insolite. Il missile, lanciato dal poligono di Kusong, vicino alla costa occidentale nordcoreana, ha attraversato il paese per il largo ed è andato a inabissarsi nel Mar del Giappone, al largo della costa orientale. Ha compiuto un’ascesa di 2000 km, circa il doppio della quota standard solitamente raggiunta dai missili balistici intercontinentali, ma ha compiuto per il lungo un volo di appena 700 km, pari a quello che normalmente compie un missile di medio raggio. In pratica, un lancio molto alto e molto corto. Gli esperti si dividono nell’interpretazione di questo test. “E’ difficile che si sia trattato di un errore di lancio, come sostengono alcuni esperti – spiega una fonte tecnica de La Nuova Bussola Quotidiana – Il lancio è infatti perfettamente riuscito, il missile non è esploso in aria come avvenuto nei due precedenti test nordcoreani. La traiettoria è insolita, ma è stata deliberatamente scelta”. Se parlare di errore è una sottovalutazione delle capacità tecnologiche nordcoreane, dall’altra parte, “è ancora difficile, se non impossibile, ipotizzare che si tratti di un’esercitazione per bypassare le difese anti-missile americane, i Thaad recentemente schierati in Corea del Sud. Sarebbe un errore di sopravvalutazione della tecnologia nordcoreana, ancora primitiva. E implicherebbe una correzione del test in troppo poco tempo, visto che i Thaad sono stati installati meno di un mese fa”. Dunque l’ipotesi più probabile, è che: “I nordcoreani stiano semplicemente andando avanti con il loro programma missilistico per ottenere un missile balistico intercontinentale (in grado di colpire anche gli Stati Uniti, ndr). In questo test potrebbero aver testato il motore di un primo stadio di un missile intercontinentale, senza dare troppa importanza alla sua gittata”.

Di fatto, stando a questa interpretazione il test è un passo in più in un programma missilistico inesorabile, che procede indipendentemente dall’ambiente politico circostante, dalle trattative in corso e dai rapporti più o meno buoni con il Sud. Questo spiegherebbe, politicamente, anche il significato di “a certe condizioni”, ribadito dal ministero degli Esteri nordcoreano. Le condizioni sono chiare: accettare la Corea del Nord come una potenza nucleare. Da parte degli Usa ha risposto l’ambasciatrice all’Onu, Nikki Haley, che ha definito Pyongyang quale un “regime paranoico” e ha ribadito che queste sono le condizioni peggiori per iniziare un dialogo. Da parte degli Usa si è sempre accuratamente evitata una trattativa diretta con Pyongyang, per evitare di dar credito a un regime che è considerato un “Rogue State”, uno stato canaglia, da tutte le amministrazioni americane, sia democratiche che repubblicane. Si è sempre messa di mezzo la Cina, unico vero interlocutore dei nordcoreani. La tentazione di iniziare un dialogo diretto, se mai c’è stata, con il test di ieri è stata archiviata ancora. Trump sta ora anche tentando di coinvolgere la Russia, se non altro perché il missile nordcoreano è finito non lontano dall’importante porto commerciale e militare di Vladivostok. Nella sua consueta “diplomazia dei Tweet”, Trump ha scritto che l’ordigno “E’ caduto vicino ai russi, non ne saranno contenti”.

di Stefano Magni | Lanuovabq.it

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