Il contraccettivo è un microchip e si gestisce con un click… che orrore!!!

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114925782-6a7725ea-578a-4939-bba7-fc8065570d26S’impianta sottopelle e dovrebbe sbarcare sul mercato entro il 2018. È un impianto wireless che la donna può accendere o spegnere, secondo le esigenze personali, usando un telecomando. VENTI MILLIMETRI di altezza, venti di larghezza e sette di profondità. Può essere sistemato sottopelle in braccia, addome e gambe: si tratta di un microchip, ma funziona come un contraccettivo. Un impianto wireless poco invasivo che può essere acceso o spento, secondo le esigenze personali, usando un telecomando. Per una donna decidere se, e quando, avere un figlio, diventa facile come guardare la tv, o ascoltare la musica. Basta un click. O, almeno, questa è la promessa di una startup americana. Il suo nome è MicroCHIPS, si trova a Lexington, e già da diversi anni è impegnata a perfezionare sistemi impiantabili, capaci di rilasciare nel corpo dei medicinali necessari al trattamento dell’osteoporosi. Una tecnologia sviluppata negli anni Novanta al Massachusetts Institute of Technology da Robert Langer, Michael Cima e John Santini, e poi ceduta alla nuova azienda, grazie a una licenza.

Il pensiero di usarla per il controllo delle nascite, però, è stato successivo e risale a una visita di Bill Gates all’istituto di Boston. “Gates e i suoi colleghi chiesero a Langer informazioni sulla fattibilità di una struttura utile a limitare i concepimenti”, racconta Gen Kinkead sulla rivista online del Mit che ha riportato la notizia. “Un qualcosa che le donne potessero spegnere e accendere, a loro piacimento, per molti anni”. Da lì l’idea: provare a usare MicroCHIPS. È venuto fuori un prodotto che sarà sperimentato a livello preclinico negli Stati Uniti entro il prossimo anno, con l’obiettivo di sbarcare sul mercato nel 2018. “Se il dispositivo passerà i test di efficacia e sicurezza”, prosegue Kinkead, “sarà conveniente per molte donne perché, al contrario dei modelli già esistenti, potrà essere disattivato senza un viaggio in clinica e un periodo in ambulatorio. Inoltre, dovrebbe funzionare per circa la metà della loro vita riproduttiva”.

Si tratta, infatti, di un meccanismo che agisce in modo analogo ad altri impianti di contraccezione, come Implanon e Nexplanon, cioè immette quotidianamente nell’organismo un certo livello di levonorgestrel, un ormone progestinico di seconda generazione. Ma se tutti i congegni fino ad ora in commercio devono essere sostituiti come minimo ogni cinque anni, il microchip è disegnato per rimanere attivo ben sedici anni. Il tutto grazie a delle riserve conservate in serbatoi grandi 1,5 centimetri, e avvolte in un contenitore ermetico fatto di titanio e platino. Un involucro che si scioglie parzialmente, quando riceve dei piccoli input elettrici, e permette così un graduale dosaggio dell’ormone: trenta microgrammi ogni giorno, anche se la misura può essere controllata e cambiata dal dottore in caso di necessità. È sufficiente premere un pulsante per dire: stop alla terapia, sì alla maternità e viceversa, senza l’ansia di doversi ricordare l’ingestione di una pillola a determinati orari. Ha dichiarato Robert Farra, presidente della startup: “Usare una sottile membrana come un fusibile elettrico è stato il problema tecnico più impegnativo che abbiamo dovuto risolvere, nonché la parte più creativa”. 

Certo, il microchip non può essere utile per quel che riguarda altri importanti aspetti legati alla contraccezione attraverso l’uso del preservativo: per esempio, proteggersi dalle malattie sessualmente trasmissibili come l’Aids, che solo nel nostro Paese colpisce dieci nuove persone al giorno. Ma a credere nel nuovo metodo, almeno per quel che riguarda la pianificazione familiare, sono stati in tanti. A partire dallo stesso creatore di Microsoft che con la sua fondazione, già impegnata a sostenere la creazione del condom del futuro, ha finanziato il progetto con un premio di 4,6 milioni di dollari. Fino ad altri venture capitalist con cui, in base a quanto riportato da Crunchbase, è stata raggiunta la quota di 26 milioni di dollari. Diversi però sono i dubbi rimasti, persino sul sistema. Li segnala EJ Dickson sul sito Daily Dot. “Il brevetto deve ancora essere ottimizzato, prima che l’azienda lo sottoponga alla Food and Drug Administration (cioè l’ente americano per il controllo di alimenti e farmaci, ndr)”, spiega, “così come devono ancora crittografare il chip per mantenere al sicuro i dati di chi indossa l’impianto e prevenire che sia hackerato. Un problema che sembra essere oggetto di speculazione da parte delle teorie cospirazioniste che vedono nella tecnologia una potenziale forma di controllo governativo sulla popolazione. Non è chiaro, poi, se il nuovo sistema avrà gli stessi effetti collaterali dei precedenti, incluse perdite irregolari, nausea e aumento di peso”.

09/07/2014 di ROSITA RIJTANO

Fonte: http://www.repubblica.it/


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