«Ancora una volta si dice di voler diminuire le violenze con Strumenti educativi per accogliere studenti LGBTQIAP+ (?!), e ci si trova attivisti che insegnano agli educatori come parlare ai nostri figli di identità di genere, relazioni in famiglia, e coming out, fino anche alle transizioni di genere. Questi alcuni degli argomenti del progetto “La scuola che valorizza le differenze”, organizzato dalle associazioni arcobaleno Frame e Cassero e finanziato dal Comune di Bologna, destinato a docenti, insegnanti e personale delle scuole. E’ vergognoso che, ancora una volta, dietro l’encomiabile obiettivo di diminuire le violenze, si trasforma la scuola in campo di rieducazione al gender fino a sponsorizzare la conseguenza più pericolosa di questa ideologia, cioè percorsi di transizione fin da bambini per chi si sente nato nel corpo sbagliato. Inculcare il gender sembra essere un diktat del comune di Bologna tanto che oggi è stato pubblicato un vero e proprio manuale del “piccolo attivista gender”, caldeggiato dalla vice sindaco Emily Clancy, e che sconsiglia di usare le parole “uomo” e “donna”, “paternità”, fino a spingersi all’uso di asterischi e schwa. Paradigmatico, nel manuale, presentato come un invito al rispetto attraverso “parole che fanno la differenza”, il riferimento denigratorio, in un esempio, all’avvocato Giulia Bongiorno e al direttore d’orchestra Beatrice Venezi, ree di aver scelto di essere chiamate non come l’amministrazione Lepore vorrebbe imporre. La famigerata autodeterminazione delle donne che si schianta nell’imposizione. Verrebbe da ridere se non fosse che questi progetti si sono rivelati profondamente pericolosi per i più piccoli, tanto che i Paesi “civili”, pionieri di questo approccio ideologico, lo stanno via via abbandonando. Non possiamo permettere sperimentazioni ideologiche già fallite sulla pelle dei nostri figli. Ricordiamo al Comune che se l’intenzione è il rispetto incondizionato di ciascuno, deve assicurare ai genitori con idee diverse che tutti gli insegnanti fruitori di questi corsi e che chiunque vorrà parlare di questi temi chiederà, come da normativa, il consenso informato preventivo dopo dettagliata informativa, rispettando il diritto di priorità educativa delle mamme e dei papà. Non abbasseremo la guardia e, se costretti, alzeremo barricate per difendere i nostri figli da ideologie mortifere». Così Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus.
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