Non dobbiamo mai accusare Dio quando siamo tentati o quando siamo invogliati a peccare: “Nessuno, quand’è tentato, dica: Sono tentato da Dio; perché Dio non può essere tentato dal male, ed egli stesso non tenta nessuno” (Giacomo 1:13). La prova, invece, viene da Dio per fortificare la nostra fede e conformarci di più all’immagine di Cristo, nell’ubbidienza: “Fratelli miei, considerate una grande gioia quando venite a trovarvi in prove svariate” (Giacomo 1:2), “Beato l’uomo che sopporta la prova; perché, dopo averla superata, riceverà la corona della vita, che il Signore ha promessa a quelli che lo amano” (Giacomo 1:12).
Questo è il risultato che ottiene il credente che cammina in ubbidienza e si confida in Dio durante la prova.
Quando un credente sceglie di dubitare di Dio e di non camminare in ubbidienza, allora quella stessa prova che avrebbe potuto portare benedizioni, diventa una tentazione, un ostacolo, e il credente pecca.
Dio è fedele e non permette che siamo provati oltre le nostre forze. Con ogni prova ci dà anche la via di uscita, affinché la possiamo sopportare.
Le prove sono strumenti per far crescere la nostra fede, dunque le prove in se stesse non ci invogliano a peccare.
Siamo tentati a peccare quando scegliamo di non credere in Dio e di non ubbidirGli.
Quando siamo tentati a peccare, non dobbiamo mai dire, né pensare, che siamo tentati da Dio, cioè, non dobbiamo mai credere che è Dio a metterci in condizione di peccare.
Spesso l’uomo vuole accusare Dio per le proprie debolezze e per i propri peccati. Se pensiamo ad Adamo ed Eva, possiamo vedere questo nel modo in cui essi risposero dopo essere caduti nel peccato. Notiamo come risposero quando Dio chiese loro il motivo del loro peccato: “Allora l’Eterno DIO chiamò l’uomo e gli disse: Dove sei? Egli rispose: Ho udito la tua voce nel giardino, e ho avuto paura perché ero nudo, e mi sono nascosto. E DIO disse: Chi ti ha mostrato che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero del quale io ti avevo comandato di non mangiare? L’uomo rispose: La donna che tu mi hai messo accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato. E l’Eterno DIO disse alla donna: Perché hai fatto questo? La donna rispose: Il serpente mi ha sedotta, e io ne ho mangiato” (Genesi 3:9-13).
Sia Adamo che Eva rifiutarono di riconoscere la colpa per il loro peccato.
Adamo diede la colpa ad Eva, e indirettamente a Dio, visto che era Dio che gli aveva dato Eva. Lei, dal canto suo, diede la colpa al serpente.
Questa tendenza peccaminosa di non ammettere la propria colpa e di accusare Dio di averci tentato a peccare, è presente nel cuore dell’uomo.
Ma se Dio non tenta mai, perché l’uomo dice di essere tentato da Dio?
L’uomo fa questo per giustificare se stesso e dare la colpa a Dio; lo abbiamo visto con Adamo ed Eva. Eppure Adamo non fu l’unico ad accusare Dio. Ogni volta che cerchiamo di scusare il nostro peccato, giustificandoci alla luce delle circostanze della nostra vita, stiamo accusando Dio.
Per esempio, se diciamo che abbiamo peccato perché non ce la facevamo più, stiamo dicendo che la prova ci ha fatto peccare e visto che è Dio che permette le prove, stiamo accusando Dio. Fu Dio a dare Eva ad Adamo. È stato Dio a permettere difficoltà nella nostra vita.
Quando cerchiamo di attribuire i nostri peccati alle circostanze, allora agiamo come Adamo e non facciamo altro che accusare Dio di averci fatto peccare.
Questo è sbagliato!
Non è mai Dio che ci tenta a peccare. Accusare Dio è un grave peccato.
Se Dio non ci tenta mai, da dove vengono i nostri peccati?
Leggiamo i versi 13,14,15 di Giacomo 1: “Nessuno, quand’è tentato, dica: Sono tentato da Dio; perché Dio non può essere tentato dal male, ed egli stesso non tenta nessuno invece ognuno è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce. Poi la concupiscenza, quando ha concepito, partorisce il peccato; e il peccato, quando è compiuto, produce la morte“.
Qui vediamo in che modo la tentazione porta al peccato e qual è il suo risultato finale.
Il versetto dichiara che “ognuno è tentato dalla propria concupiscenza“.
Allora non è Dio, bensì è la nostra concupiscenza che ci induce a peccare.
Questa verità è molto importante. Quello che ci porta a peccare non è fuori di noi, bensì dentro di noi.
Cos’è la concupiscenza?
La concupiscenza è quello che ci porta tanti dolori nella vita, è quello che ci allontana da Dio. Noi crediamo di essere in grado di agire per il nostro bene, mentre invece non è così (Proverbi 16:2).
Per natura ogni essere umano cerca di soddisfare i propri bisogni, e la Bibbia lo spiega molto bene in Efesini 2:3.
Dio non dà le stesse cose ad ogni credente: un uomo è alto e di bell’aspetto, mentre un altro è basso e non attraente, uno gode di buona salute, l’altro ha molte malattie, uno nasce in una famiglia benestante, l’altro in una famiglia povera.
Naturalmente, nascere belli, o con tanti soldi, in sé, non è un peccato e nemmeno una benedizione, ma si tratta della sovrana volontà di Dio, che è, a questo proposito, insondabile e inspiegabile. gli dà ciò che vuole a chi vuole, mentre gli uomini si illudono d’essere loro a conseguire ciò che vogliono (Matteo 6:27; Luca 12:25).
Noi ci illudiamo che la realizzazione di un nostro desiderio ci dia la felicità.
Si tratta invece d’un grande errore, che ogni essere umano commette!
Con la bellezza fisica o con il denaro ci sentiamo al sicuro; per mezzo di essi siamo ammirati e quindi invidiati. Essi ci fanno sentire l’oggetto delle lusinghe, dell’ammirazione e dell’attenzione altrui, e questo ci appaga. Facciamo di tutto per esser più belli o più ricchi, e per raggiungere tali scopi ci impegnamo sempre di più, e impegnamo tutte le nostre capacità e risorse per tali cose, ecco che allora si cambia il colore dei capelli, ci si trucca, ci si riempie di gioielli, si va in palestra per avere un fisico scultoreo, e lentamente si avverte anche il bisogno di mettersi in mostra talché i vestiti cominciano a dover mettere in risalto la silhouette (e questo vale sia per l’uomo che per la donna).
C’è poi l’esigenza di avere un determinato tipo di abitazione, che deve trovarsi in determinati quartieri, la giusta autovettura, le giuste località di villeggiatura, le frequentazioni più adatte al proprio ceto sociale. Insomma, tutto deve essere “in” e ben visibile, persino la scuola frequentata dai propri figli deve rispecchiare che s’appartiene ad una classe sociale superiore, e d’essere in grado di saper e poter fare meglio della gente comune.
Che fatica costruire una facciata di tanta bellezza! (Proverbi 30; Ecclesiaste 1:8; 1 Giovanni 2:16).
Così si vive seguendo un modello falso, una vita basata sulla falsità e l’inutilità.
La concupiscenza non è una forza misteriosa ed estranea all’uomo; anzi ne fa parte!
Ogni essere umano la possiede, perché fa parte della propria natura, o se vogliamo usare un termine più immediato, del proprio carattere. L’abbiamo ereditata da Adamo ed Eva e non è scomparsa con la vittoria di Cristo. Quest’ultima, però, è l’unica nostra speranza di vincere la concupiscenza, di respingerne gli impulsi malvagi e mortiferi.
Non bisogna nemmeno pensare che la concupiscenza abbia qualcosa a che fare con Satana. Infatti, la Bibbia dice chiaramente: “Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e per mezzo del peccato la morte, così la morte si è estesa a tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato; perché, fino a che fu promulgata la legge, il peccato era nel mondo; ora il peccato non è imputato se non vi è legge; ma la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, che è figura di colui che doveva venire. La grazia però non è come la trasgressione; se infatti per la trasgressione di uno solo quei molti sono morti, molto più la grazia di Dio e il dono per la grazia di un uomo, Gesù Cristo, hanno abbondato verso molti altri. Riguardo al dono, non è avvenuto come per quell’uno che ha peccato, perché il giudizio produsse la condanna da una sola trasgressione, ma la grazia produsse la giustificazione da molte trasgressioni. Infatti, se per la trasgressione di quell’uno solo la morte ha regnato a causa di quell’uno, molto di più coloro che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo di quell’uno, che è Gesù Cristo. Per cui, come per una sola trasgressione la condanna si è estesa a tutti gli uomini, così pure con un solo atto di giustizia la grazia si è estesa a tutti gli uomini in giustificazione di vita. Infatti, come per la disubbidienza di un solo uomo i molti sono stati costituiti peccatori, così ancora per l’ubbidienza di uno solo i molti saranno costituiti giusti. Or la legge intervenne affinché la trasgressione abbondasse; ma dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata, affinché come il peccato ha regnato nella morte, così anche la grazia regni per la giustizia a vita eterna per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore” (Romani 5:12-21). Come si vede le trasgressioni, ossia i peccati sono i prodotti della concupiscenza, come ci dice anche Giacomo 1:14.
Abbiamo bisogno di cambiare modo di pensare, abbiamo bisogno di gridare aiuto, perché siamo in pericolo di vita.
Chi ci può salvare da questa situazione, chi ci può liberare da tale schiavitù? Fratelli e sorelle, è chiaramente scritto che concupire è peccare! “O miserabili che siamo! Chi ci libererà da questo corpo di morte?“.
Gridiamo a Dio, invochiamolo, chiediamogli di liberarci dalla schiavitù della concupiscenza, la quale è stata vinta da Gesù il Signore.
Solo la croce ci può dare la vittoria.
Inginocchiamoci, umiliamoci riconoscendoci per ciò che veramente siamo: peccatori e bisognosi.
La cosa importante da ricordare è che ai nostri occhi tutto ciò che è oggetto della concupiscenza sembra essere motivo di felicità o soddisfazione, ma non è così, perché solo Dio è in grado di dare la vera felicità per chi “ricerca la giustizia, la fede, l’amore, la pace” (2Timoteo 2:22).
Egli l’ha promesso e voglio ricordarvi che Dio non mente mai, non ne ha bisogno!
Fonte: http://www.betaniachiesaevangelica.it/
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