Comprare sesso non dovrebbe essere legale

Un intervento di Rachel Moranaug, ex-prostituta, di Dublino, sulle pagine del New York Times. Rachel20Moranaug

(Rachel Moranaug) Qui nella mia città, all’inizio del mese di agosto, il Consiglio internazionale di Amnesty International ha sponsorizzato una campagna per la depenalizzazione del mercato globale del sesso. I sostenitori di questa politica sostengono che depenalizzare la prostituzione sia la strada migliore per proteggere “i diritti umani dei lavoratori del sesso”, benché questa politica si applichi in egual misura agli sfruttatori, ai tenutari di case chiuse e ai clienti.

Amnesty International si sbaglia
Amnesty sostiene che l’obiettivo di questa proposta è di rimuovere la stigmatizzazione che pesa sulle prostitute, in modo da renderle meno vulnerabili verso gli abusi da parte dei criminali che operano nell’ombra. Il gruppo chiede anche ai governi “di assicurare che i lavoratori del sesso possano godere pienamente della protezione legale dallo sfruttamento, dal traffico di esseri umani e dalla violenza”.
Il voto di Amnesty arriva nel contesto di un lungo dibattito internazionale sul modo di gestire la prostituzione e proteggere gli interessi dei cosiddetti lavoratori del sesso. È un dibattito sul quale io ho un coinvolgimento personale – e ritengo che Amnesty stia facendo un errore storico.

La storia di Rachel
Sono entrata nel commercio del sesso – come la maggior parte delle prostitute – prima ancora di diventare una donna. A 14 anni fui affidata alle cure dello stato, dopo che mio padre si era suicidato e a causa del fatto che mia madre soffriva di una malattia mentale.
Entro un anno ero già in strada, senza una casa, privata dell’educazione e della possibilità di conseguire competenze professionali. Tutto ciò che avevo era il mio corpo. A 15 anni incontrai un giovane uomo che mi disse che sarebbe stata una buona idea, per me, prostituirmi. Come “carne fresca” ero merce molto richiesta. Per sette anni fui comprata e venduta. Sulle strade, il che significa anche dieci volte per notte. È difficile descrivere l’effetto della coercizione psicologica e in che modo questa ha consumato la mia fiducia in me stessa. Nella tarda adolescenza facevo uso di cocaina per alleviare il dolore.

Un lavoro come un altro?
Rabbrividisco quando sento la parola “lavoro sessuale”. Vendere il mio corpo non era un mezzo di sussistenza. Non c’era alcuna somiglianza con un normale impiego in quel degrado rituale di estranei che usavano il mio corpo per saziare le loro pulsioni. Ero doppiamente sfruttata – dai protettori e da chi mi comprava.
So che alcuni sostenitori affermano che esistono prostitute che vendono sesso in modo consenziente. Ma questa è una minoranza privilegiata – principalmente donne bianche, appartenenti alla classe media, donne occidentali che lavorano per agenzie di escort – non minimamente rappresentative della maggioranza globale. Il loro diritto a vendersi non si mischia con il mio diritto e di altre di non essere vendute in un mercato che va a caccia di donne già marginalizzate a causa della classe sociale e della razza.

Il business della prostituzione
Il tentativo di depenalizzare il commercio globale del sesso non è un movimento progressista. Sostenere questa politica non farà altro che strutturare in una legge il diritto degli uomini a comprare sesso, mentre depenalizzare gli sfruttatori non servirà a proteggere nessuno se non gli sfruttatori stessi.
Negli Stati Uniti si stima che la prostituzione frutti almeno 14 miliardi all’anno. La maggior parte di questo denaro non va alle ragazze come la me stessa adolescente. Nel mondo il traffico di esseri umani è la seconda impresa più fruttuosa del crimine organizzato, dopo i cartelli della droga ma in parità con il traffico di armi.
Nei paesi che hanno depenalizzato il commercio del sesso, ciò che è legale ha attirato l’illegale. Con il sostegno popolare, le autorità di Amsterdam hanno chiuso la maggior parte del famoso distretto a luci rosse, perché era diventato polo di attrazione per l’attività criminale.
In Germania, dove la prostituzione è legalizzata dal 2002, l’industria è esplosa. Si stima che un milione di uomini paghino per usare 450.000 ragazze e donne ogni giorno. Il turismo del sesso si sta riversando nel Paese, nei “mega-bordelli” alti fino a 12 piani.
In Nuova Zelanda, dove la prostituzione fu depenalizzata nel 2003, delle ragazze mi hanno raccontato che adesso gli uomini pretendono più che mai offrendo sempre meno. E dato che il commercio sessuale è sanzionato socialmente, non c’è incentivo per il governo a creare percorsi di uscita per coloro che vogliono sottrarsi alla prostituzione. Queste donne sono in trappola.

Il modello nordico
C’è un’alternativa: un approccio, nato in Svezia, ora adottato da altri paesi come la Norvegia, l’Islanda e il Canada e detto a volte “Modello nordico”. Il concetto è semplice: vendere sesso è legale, mentre comprarlo è illegale – in modo che le donne possano ricevere aiuto senza essere arrestate, molestate o peggio e invece la legge venga utilizzata per scoraggiare i clienti, perché alimentano il mercato. Ci sono diverse tecniche, incluse operazioni sotto copertura negli hotel del sesso, la pubblicazione di falsi annunci per scoraggiare i clienti e l’invio di convocazioni del tribunale ad indirizzi privati, dove le coniugi degli uomini accusati possono vederli.
Da quando la Svezia ha approvato la sua legge, il numero di uomini che dicono di aver comprato sesso è crollato (al 7,5%, è circa la metà di quanto riportato dagli uomini americani). Al contrario, dopo che la vicina Danimarca ha depenalizzato completamente la prostituzione, il commercio è cresciuto del 40% in un lasso di tempo di sette anni.

Il profilo del cliente
Contrariamente allo stereotipo, il cliente medio non è un solitario o un perdente. In America una proporzione significativa degli acquirenti che usufruiscono spesso del sesso a pagamento hanno un reddito annuo superiore ai 120.000 dollari e sono sposati. Molti hanno il diploma del College e molti hanno figli. Perché non fare in modo che le multe a questi uomini privilegiati vengano usate per pagare la consulenza, l’educazione e l’alloggio delle giovani ragazze? Sono loro ad avere carte di credito e possibilità di scegliere, non le ragazze e le donne che si prostituiscono.
Amnesty International propone un mercato del sesso libero da “forza, frode e coercizione”, ma io so da ciò che ho vissuto personalmente che la prostituzione non può essere disgiunta dalla coercizione. Credo che la maggior parte dei delegati di Amnesty che hanno votato a Dublino desiderassero aiutare le donne e le ragazze che si prostituiscono ed erroneamente si sono lasciati vendere l’idea che depenalizzare gli sfruttatori e i clienti possa in qualche modo aiutare le persone che si prostituiscono. Ma nel nome dei diritti umani, ciò per cui hanno votato è stata invece la depenalizzazione delle violazioni di quei diritti, su scala globale.
La raccomandazione passerà al consiglio per una decisione definitiva in autunno. Molti leader e membri di Amnesty si rendono conto che sono in gioco la credibilità e l’integrità dell’organizzazione. Non è ancora troppo tardi per fermare questa politica disastrosa prima che danneggi donne e bambine in tutto il mondo.

Rachel Moranaug è fondatrice di Space International, che chiede l’abolizione del mercato del sesso ed è autrice delle memorie “Paid for: my journey througt prostitution”. (fonte; trad. it. Luisa Nitti/voceevangelica.ch)

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