Come può, chi è cieco alla gloria di Dio, vederlo per ciò che Lui è? In realtà, gli occhi, le orecchie naturali e il cervello fanno parte del processo conoscitivo. Senza essi non potremmo vedere, sentire o costruire le cose naturali che rivelano la gloria di Dio: la creazione, l’incarnazione, l’evangelo, la Scrittura. Ma questa vista naturale non è decisiva per vedere la gloria di Dio. “Vedendo, essi non vedono”, diceva Gesù (Matteo 13:13). Deve accadere qualcosa di più che l’uso degli occhi, delle orecchie e del cervello naturale.
L’apostolo Paolo dice che bisogna avere “gli occhi del cuore illuminati, per poter conoscere” (Efesini 1:18). È troppo strano; il cuore ha occhi?! Ma forse non è incomprensibile.
Molti si sentono a proprio agio parlando del “cuore” come qualcosa in più che l’organo pompante sangue racchiuso nella cassa toracica. Questo linguaggio non ci è estraneo. Questo “cuore” è il vero noi. Intuitivamente sappiamo che siamo più di carne e ossa. Sappiamo di non essere semplicemente dei componenti chimici in un sacco di pelle. Non parleremmo di cose come giustizia e amore, se non lo credessimo.
Gli occhi del cuore
Allora, è così strano aggiungere a questo personaggio immateriale l’idea di occhi immateriali, “gli occhi del cuore”? Questa persona interiore, che è il nostro vero io, vede e sa cose che non sono identiche a quelle viste dagli occhi del corpo. Pascal diceva: “Il cuore ha le sue ragioni, che non conoscono ragione. Lo sentiamo in migliaia di cose” (Pensées). C’è una vista spirituale che va oltre e attraverso quella fisica. C’è un udito spirituale che va oltre e attraverso quello naturale. C’è un discernimento spirituale che va oltre e attraverso il ragionamento naturale.
Come possiamo allora concepire ciò che avviene quando il cuore vede la gloria di Dio? Ho trovato una rivelazione nel modo in cui Paolo parla della nostra conoscenza della gloria di Dio nella natura. Da una parte, Paolo dice che tutti noi “conosciamo Dio”. “Pur avendo conosciuto Dio, non l’hanno glorificato come Dio, né l’hanno ringraziato” (Romani 1:21). È stupefacente. Tutti conoscono Dio!
Ma altrove, Paolo dice enfaticamente che per natura la gente non conosce Dio. Per esempio, “il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza” (1 Corinzi 1:21). I “gentili non conoscono Dio” (1 Tessalonicesi 4:5). Noi prima “non conoscevamo Dio” (Galati 4:8); vedi 2 Tessalonicesi 1:8 e 1 Giovanni 4:8.
Chi conosce Dio?
Perciò, cosa intende Paolo in Romani 1:21 quando dice che tutti gli esseri umani “conoscono Dio”? Per rispondere a questa domanda, potremmo semplicemente citare Romani 1:19-20, “Quel che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Dio manifestato loro; infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite per mezzo delle opere sue; perciò essi sono inescusabili”.
Ma Paolo voleva dire solo questo quando dice che “conoscevano Dio”? Penso ci sia altro. In Romani 2:14-15, Paolo dice che quelli che non hanno mai sentito parlare della legge di Dio, a volte fanno le cose richieste dalla legge. La loro coscienza testimonia la volontà di Dio. Paolo la mette così: “Essi dimostrano che l’opera della legge è scritta nei loro cuori”.
Ecco perciò il mio suggerimento. “Conoscere Dio” in Romani 1:21 intende questa profonda esperienza del cuore descritta in Romani 2:15. L’analogia che ho trovato utile è concepire l’innata conoscenza di Dio e la sua volontà come una sorta di forma o modello già presente nel cuore umano. Questo modello è designato da Dio in ogni cuore umano con una forma, o una sembianza, che corrisponde alla gloria di Dio.
In altre parole, se si potesse vedere la gloria di Dio con gli occhi del cuore, rientrerebbe perfettamente nella forma che abbiamo dentro, e riconosceremmo all’istante che quella gloria è vera. Sapremmo che siamo stati creati per essa. Quando Paolo dice che tutti gli esseri umani “conoscono Dio”, o che tutti gli esseri umani hanno l’opera della legge “scritta nel loro cuore”, vuole intendere che esiste un modello a forma di gloria nel cuore di ciascuno, che attende di ricevere la gloria di Dio.
Tutti noi “conosciamo Dio” nel senso che abbiamo questa testimonianza nel cuore, che siamo stati creati per la sua gloria. C’è un’aspettativa latente, un desiderio, che si ricollega a questa forma che abbiamo nel profondo della nostra anima.
Cuori zeppi
Il motivo per cui non vediamo la gloria di Dio non è che il modello è difettato o che la gloria di Dio non risplende. Il motivo è la “durezza del cuore” (Efesini 4:18). Questa durezza è una profonda avversione a Dio, ed un corrispondente amore per l’auto-esaltazione. Paolo diceva che la mente della carne è ostile a Dio (Romani 8:7). E Gesù ha detto che “la luce è giunta nel mondo, e le persone hanno amato le tenebre più della luce” (Giovanni 3:19).
Il nostro problema non è che ci manca la luce, ma che amiamo le tenebre. Questa è la durezza dei nostri cuori. Così, nella mia analogia del modello, ciò significa che il modello o la forma, perfettamente plasmato ad immagine della gloria onnipresente e soddisfacente di Dio, è invece pieno di amore per altre cose. Così, quando la gloria di Dio risplende nel cuore per mezzo della creazione o dell’incarnazione o di Gesù o dell’evangelo, non vi trova posto. Non è sentita o percepita come riempiente.
Per la mente naturale, la cui forma di gloria è zeppa di idoli, la gloria di Dio è stoltezza (1 Corinzi 2:14). Non c’entra. Come disse Gesù a quelli la cui durezza di cuore li aveva spinti quasi all’omicidio: “Voi cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi” (Giovanni 8:37).
Naturalmente, potevano capire e ricordare le sue parole. Ma non ne potevano vedere la bellezza gloriosa e persuasiva. Sentivano le parole, ma non le amavano. Amavano invece le tenebre che riempivano quella forma designata per lo splendore della gloria di Dio.
Scavo soprannaturale
Se siamo sulla traccia giusta, l’unica speranza di vedere la gloria di Dio nella Scrittura è che Dio possa togliere i palliativi idolatri sostitutivi della gloria di Dio che riempiono la forma del nostro cuore.
La Bibbia parla di quest’azione soprannaturale in molti modi. Per esempio, descrive questa irruzione soprannaturale come una luce di gloria divina che splende nei nostri cuori (2 Corinzi 4:6), che concede verità e pentimento (2 Timoteo 2:25), come il dono della fede (Filippesi 1:29), come una risurrezione della morte (Efesini 2:5-6), come una nuova nascita per mezzo della parola (1 Pietro 1:23; Giacomo 1:18), come una rivelazione speciale del Padre (Matteo 16:17) e del Figlio (Matteo 11:27), come l’illuminazione degli occhi del cuore (Efesini 1:18), e come un segreto del regno di Dio (Luca 8:10).
Quando avviene questo miracolo in noi, la gloria di Dio rompe, taglia, brucia, scioglie e rimuove dal “modello” quel cemento suicida di amore alieno, e lo riporta nelle condizioni originali. Siamo stati fatti per questo. E la testimonianza di questa gloria nell’autenticità delle Scritture è sconvolgente. Dove prima vedevamo pazzia, ora vediamo la soddisfacente bellezza di Dio. È Dio che lo ha fatto – in maniera soprannaturale.
Nessuno decide semplicemente di sperimentare le Scritture cristiane come la verità soddisfacente e appagante della vita. Vedere è un dono. E perciò, l’abbraccio gratuito della parola di Dio è un dono. Lo Spirito di Dio apre gli occhi del nostro cuore, e ciò che una volta ci sembrava noioso, assurdo, stupido o mitologico, ora ci appare come una realtà innegabile.
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