Pechino (AsiaNews) – Le autorità sanitarie cinesi hanno imposto una quarantena di 9 giorni ai circa 30mila residenti dell’antica città di Yumen – nella provincia nordoccidentale del Gansu – dopo che un abitante è morto di peste polmonare. L’area è del tutto isolata dal resto del Paese: il rischio è quello di un contagio per via aerobica che si dimostrerebbe devastante. Dal 2002 a oggi, l’Organizzazione mondiale della sanità ha registrato in tutto il mondo 7 epidemie di peste polmonare, e dal 1998 a oggi sono stati in totale 24mila i decessi: il 98% dei casi si è verificato in Africa.
La peste polmonare può trasmettersi in due modi: il primo è con l’inalazione dei batteri attraverso i canali respiratori; il secondo è attraverso il contatto con un elemento già in setticemia che contenga il batterio della peste. Spesso, soprattutto nei casi registrati in Cina, il contagio deriva dall’aver mangiato animali selvatici o averli scuoiati senza le dovute precauzioni. Dai circa 10 casi registrati nel Paese negli anni ’80 del secolo scorso si è arrivati a circa 100 casi nel 1996 e a più di 250 negli anni 2000.
La malattia si manifesta con una semplice tosse, che presto inizia a presentare tracce di sangue; dopo arriva febbre, mal di testa, debolezza e mancanza di respiro. Se non viene trattata, la peste polmonare uccide in 36 ore. Dei tre ceppi della peste, questo è l’unico che può trasmettersi da uomo a uomo.
Nel caso di Yumen, un uomo di 38 anni lo scorso 16 luglio avrebbe scuoiato una marmotta morta per nutrire il suo cane: in serata ha presentato i primi sintomi ed è stato portato all’ospedale del popolo, ma dopo due giorni è morto. Subito dopo aver diagnosticato la malattia, le autorità hanno imposto la quarantena: questa finisce domani, ma gli esperti e i patologi sono ancora al lavoro su 151 persone considerate più a rischio per la vicinanza con la vittima, che probabilmente rimarranno reclusi ancora per una settimana.
Fonte: http://www.asianews.it/
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