Chiese protestanti sempre più vecchie

Negli ultimi decenni la quota di persone che dichiara di non avere nessuna appartenenza religiosa è fortemente aumentata nel nostro paese, attestandosi nel 2021 al 32% della popolazione. Gli ultimi dati disponibili in tema di “religiosità elvetica” sono stati resi pubblici lo scorso 13 giugno dall’Ufficio federale di statistica (UFS) che ha intervistato 200.000 persone di età superiore ai 15 anni. I “non affiliati” ad una religione sono pertanto diventati il secondo gruppo per importanza dopo i cattolici (33%), seguito dagli evangelici riformati (21%).
Se ne è parlato a “Controcorrente”, rubrica radiofonica di attualità di RSI ReteUno a cura di Antonio Bolzani, con in studio i giornalisti Francesco Muratori (Strada Regina, RSI La1) e Gaëlle Courtens (Chiese in diretta, RSI ReteUno). (L’approfondimento può essere riascoltato cliccando qui).

Società sempre più secolarizzata, ma anche più diversificata religiosamenteù

L’ampio rapporto dell’UFS permette di fare il punto non solo su chi si è allontanato dalla religione “istituzionalizzata”, ma anche su molti altri aspetti della religiosità in Svizzera, nonché su numerose variabili, tra cui quella delle fasce di età, da cui scaturisce che le chiese evangeliche riformate sono tra le realtà religiose “più vecchie”. Quali ne sono le cause? Come svecchiare le nostre chiese? Come portare di nuovo i giovani a farne parte, a vivere la comunità? L’agenzia di stampa ref.ch ha interpellato Andrea Rota, ricercatore in Scienze delle religioni presso le università di Berna e di Oslo. Proponiamo qui la traduzione dell’articolo a firma di Clarissa Rohrbach (per vedere i grafici elaborati da ref.ch clicca qui).

Non è una chiesa per giovani?

(Clarissa Rohrbach) I riformati hanno un problema generazionale. Come mostrano i dati dell’Ufficio federale di statistica (UST), la maggioranza dei membri delle chiese cantonali è di età piuttosto avanzata. In tutti i cantoni la percentuale dei riformati dai 15 ai 24 anni è in media di appena il 10%. A titolo di paragone, i riformati ultrasessantacinquenni rappresentano in media il 35% del totale. Nel complesso, ben più della metà (65%) dei riformati hanno oltre 45 anni di età.
Andrea Rota, ricercatore in Scienze delle religioni presso le università di Berna e di Oslo, giunge alla conclusione che i riformati hanno un “problema di socializzazione”. Non sono riusciti a raggiungere i giovani. “La chiesa e i suoi membri sono molto ben integrati in Svizzera e ciò li rende praticamente invisibili. Con la sua posizione storicamente centrale la chiesa ha fortemente influenzato i valori della Svizzera. Oggi l’identità dei riformati si sovrappone all’“identità svizzera”.
Ciò fa sì che altre proposte risultino più attrattive. Secondo Rota attività come lo yoga o la meditazione sono in concorrenza con la chiesa. Oggi vi sono molte offerte laiche nell’ambito del tempo libero o della consulenza. Quindi oggi le persone non chiedono più consiglio al pastore, bensì allo psicologo.

I giovani vanno per la propria strada
Oggi, secondo Rota, sono per esempio le chiese libere a possedere un’identità più chiara. Riescono a rivolgersi ai giovani con proposte concepite su misura per loro. Tuttavia il problema dei riformati, secondo lo studioso, ha a che fare principalmente con tendenze macrosociali. Con la crescente individualizzazione le forme tramandate di comunità verrebbero indebolite. “Le persone hanno perduto ogni interesse per l’appartenenza a gruppi tradizionali”, dice Rota. Nelle zone rurali questa tendenza è un po’ meno pronunciata. La tradizione e quindi anche la chiesa vi sono radicate meglio.
Secondo Rota la disaffezione dei giovani per la Chiesa riformata ha avuto inizio negli anni Settanta del secolo scorso. Fino a quel punto la popolazione era ancora per il 49% riformata e per il 47% cattolica. In totale circa il 95% della popolazione apparteneva a una chiesa cantonale.
“Il boom economico di quegli anni ha però promosso l’individualizzazione” afferma Rota. Le persone hanno così acquisito una maggiore libertà per decidere della propria vita. Ciò si applica anche alla fede. Il risultato: i giovani non abbracciano più automaticamente l’affiliazione religiosa dei propri genitori, ma vanno per la propria strada. Trovano alternative o semplicemente non nutrono più alcun interesse per la chiesa.
L’invecchiamento in Svizzera è un fenomeno generale. Secondo l’UST ha a che fare con il tasso di natalità in calo e con un’accresciuta aspettativa di vita. Ancora all’inizio del XX secolo una donna dava alla luce in media 3,7 figli, mentre oggi si limita a 1,5%. Non basta per sostituire la vecchia generazione. Affinché la popolazione possa rinnovarsi sarebbero necessari 2,1 figli per donna. Inoltre dagli anni Ottanta dell’800 l’aspettativa di vita è raddoppiata, passando da circa 40 anni agli oltre 80 anni del 2021.

Altre comunità religiose sono più giovani
Tuttavia per Rota l’invecchiamento dei riformati non è da ricondurre soltanto a questa tendenza. Lo dimostra la distribuzione per età nelle altre religioni. Nelle comunità islamiche del canton Zurigo, per esempio, nel 2020 circa il 65% delle persone era di età compresa tra i 15 e i 44 anni. La quota degli ultrasessantacinquenni era di appena il 7%. A titolo di paragone, tra i riformati gli ultrasessantacinquenni erano circa il 30%.
Il fatto che le altre comunità religiose abbiano in proporzione più aderenti giovani dipende dalla migrazione. Secondo l’UST i tre quinti degli immigrati hanno un’età compresa tra i 20 e i 39 anni. In questo modo la popolazione di questa classe di età viene costantemente rinnovata. I migranti appartengono per lo più a religioni che non hanno una lunga tradizione in Svizzera. Con 400.000 persone i musulmani rappresentano il gruppo principale di immigrati. Le altre persone di origine straniera sono in gran parte cristiane ortodosse, indù o buddiste. (trad.: G. M. Schmitt; adat.: G. Courtens)


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