Quella domenica fu meravigliosa; il mio cuore era colmo di benedizioni. Dopo aver partecipato al culto mattutino, il pomeriggio e la serata erano pieni di riunioni evangelistiche nelle famiglie che abitavano nelle zone povere della città. In questi momenti mi sembrava quasi che il Cielo fosse sceso sulla terra, e che tutto ciò che si poteva cercare non poteva che essere un allargamento delle proprie capacità di gioire, non un riempimento maggiore di quello che già possedevo. Dopo aver terminato il mio ultimo servizio, alle dieci di sera, un povero uomo mi chiese di andare a pregare per sua moglie, sostenendo che stava morendo. Risposi subito affermativamente, e lungo la via gli chiesi perché non avesse mandato a chiamare il prete, poiché il suo accento ne tradiva le origini irlandesi. Affermava di averlo già fatto, ma il prete si era rifiutato di venire senza pagamento di diciotto penny, che l’uomo non possedeva. Immediatamente ricordai che tutto il denaro che avevo al mondo era una moneta da mezza corona; mi venne in mente, inoltre, che mi stava aspettando il piatto di farina d’avena che di solito mangiavo per cena, e che in casa c’era cibo sufficiente soltanto per colazione della mattina seguente. In qualche modo ci fu un interruzione del flusso di gioia nel mio cuore; invece di rimproverare me stesso, cominciai a biasimare il povero uomo, affermando che aveva sbagliato di grosso a lasciare che le cose arrivassero a quel punto, e che avrebbe dovuto interessare della situazione l’incaricato dell’assistenza sociale. La risposta fu che lo aveva fatto, e che gli era stato detto di tornare alle undici della mattina successiva, ma aveva paura che sua moglie non riuscisse a superare la notte. L’uomo mi condusse in cortile, in fondo al quale lo seguii con un po’ d’apprensione. Mi ero già trovato lì in passato e durante la mia ultima visita ero stato trattato molto duramente. I miei opuscoli erano stati strappati in mille pezzi con l’avvertimento a non presentarmi più in quella zona e la cosa destava in me qualche preoccupazione. Tuttavia, era il sentiero della compassione e proseguii. L’uomo mi condusse su una misera rampa di scale, in una stanza spoglia: c’erano quattro o cinque bambini in piedi, con le guance infossate, segno inconfutabile di denutrizione; distesa su un misero giaciglio c’era la madre disperata ed esausta, accanto aveva un minuscolo bimbo nato da appena trentasei ore, che si lamentava più che piangere, perché anche lui era debolissimo e sul punto di venir meno. “Ah”, pensai, “se soltanto avessi avuto un po’ di denaro invece di una mezza corona, con quanta gioia darei loro qualcosa!”. Ma una meschina incredulità m’impediva di ubbidire all’impulso di sollevarli dalla loro condizione di bisogno al costo di tutto ciò che possedevo. Stranamente no fui in grado di dire molto per consolare quelle povere persone. Io stesso avevo bisogno di consolazione. Cominciai a dire loro che non dovevano abbattersi, che anche se le loro circostanze erano difficili, c’era un Padre buono ed amorevole in cielo; ma qualcosa dentro di me diceva: “Ipocrita, parlare a queste persone inconvertite di un Padre dolce e benevolo, e non essere disposto tu stesso a confidare in Lui senza una mezza corona!”. Mi sentii quasi soffocare. Avrei fatto volentieri un compromesso con la coscienza se avessi avuto appena un po’ più di soldi, ma non ero ancora pronto a confidare unicamente in Dio, senza un minimo di denaro in tasca. Parlare in simili circostanze mi fu pressoché impossibile; tuttavia, strano a dirsi, pensai che non avrei avuto difficoltà a pregare. La preghiera era la mia piacevole occupazione in quei giorni; il tempo passato in questo modo non sembrava noioso, e non conoscevo scarsità di parole. Pensavo che tutto ciò che avrei dovuto fare era inginocchiarmi e pregare, e un gran sollievo sarebbe venuto su di loro come su di me. “Mi hai chiesto di venire a pregare per tua moglie”, dissi all’uomo, “rivolgiamoci a Dio”. M’inginocchiai. Avevo appena aperto le labbra per dire “Padre nostro”, che la mia coscienza gridò: “Osi beffare Dio? Osi inginocchiarti e chiamarlo Padre con quella mezza corona in tasca?”. Allora si scatenò in me un conflitto come mai avevo sperimentato in precedenza. Riuscii appena a terminare quella preghiera , non so, e non posso dire se le parole pronunciate avessero un senso o fossero sconnesse; ma mi alzai dalle ginocchia profondamente scosso. Il povero padre di famiglia si voltò verso di me e mi disse: “Voi vedete in quale terribile stato ci troviamo; se potete aiutarci, per amore di Dio, fatelo!“. In quel momento balenò nella mia mente la parola: “Da a chi ti chiede”. Misi la mano in tasca e, tirando fuori lentamente la mezza corona, la diedi all’uomo, affermandogli che poteva sembrare poca cosa per me aiutarli in quel modo, vedendo che in confronto a loro ero un benestante, ma nel dare quella moneta stavo cedendo tutto quello che possedevo; che quello che avevo cercato di dirgli era vero: Dio è un padre di cui si può avere fiducia. La gioia tornò con forza nel mio cuore; ora potevo dire qualsiasi cosa con convinzione, l’ostacolo alla benedizione era stato rimosso, una volta per tutte. Non soltanto la vita della povera donna venne alleviata, ma compresi che anche la mia era stata salvaguardata! Avrebbe potuto essere un disastro – sarebbe stato un fallimento, da un punto di vista cristiano – se la grazia in quel momento non avesse vinto e non avessi ubbidito alle pressioni dello Spirito di Dio. Ricordo bene che quella notte, mentre tornavo a casa, il mio cuore era leggero come le mie tasche. Le strade deserte e solitarie risuonavano di un inno di lode che non potevo trattenere. Quando presi il mio piatto d’avena prima di ritirarmi, non l’avrei scambiato per il banchetto di un re. Ricordai al Signore, mentre m’inginocchiavo a lato del mio letto, che chi dona al povero presta al Signore: Gli chiesi di non lasciare che il mio debito fosse a lunga scadenza, altrimenti non avrei avuto niente da mangiare il giorno successivo; e con grande sensazione di pace trascorsi una notte felice e riposante. La mattina successiva per colazione era rimasto il mio piatto d’avena, e prima che fosse consumato sentii il postino suonare alla porta. Di solito non ricevevo lettere di lunedì, giacché i miei genitori e la maggior parte dei miei amici evitavano di imbucare la posta di sabato; fui quindi sorpreso quando l’affittacamere entrò con un pacchetto nella mano bagnata e ricoperta dal grembiule. Guardai l’intestazione, ma non riuscii ad identificare la calligrafia; inoltre il francobollo era imbrattato. Non riuscii a capire chi fosse il mittente. Aprendo la busta non trovai nulla scritto; ma all’interno di un foglio di carta bianca era piegato un paio di guanti da bambino, dai quali, mentre li aprivo con stupore, cadde in terra una sterlina d’oro. “Gloria a Dio!”, esclamai, “il 400 per cento per un investimento di dodici ore; questi si che sono interessi. Quanto sarebbero contenti i commercianti di Hull se potessero prestare il loro denaro a questo tasso d’interessi!”. Da quel momento, presi il fermo proponimento di affidare i miei risparmi e i miei guadagni ad una banca che non poteva venir meno – una decisione di cui non mi sono ancora pentito. Se rimaniamo fedeli al Signore nelle piccole cose, sperimenteremo copiose benedizioni e nuove forze che ci saranno d’aiuto nelle prove più gravi della vita.
Trascritta da La Manna Francesco – notiziecristiane.com
J. Hudson Taylor
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