Probabilmente Walid Jumblatt non era mai assurto agli onori della cronaca (perlomeno non solo di quella “locale”, libanese) come all’epoca della sua presunta relazione adulterina con la moglie di Moravia, conosciuta, pare, nel 1986 alle esequie di Olof Palme. A cui il leader druso libanese presenziava in quanto presidente (dal 1977 al 2023) del Partito Socialista Progressista (fondato da suo padre Kamal Jumblatt) che aderiva alla Internazionale socialista
Un partito – il PSP – sia laico che confessionale, in quanto rappresentante della maggioranza dei drusi libanesi dello Shuf (regione del SE di Beirut). Solo una piccola minoranza dei drusi libanesi aderisce al partito concorrente Yazbaki (legato ad un’altra importante famiglia drusa, quella degli Arslan).
Memore del fatto che esistono fondati sospetti sulle responsabilità siriane nella morte del fondatore Kamal Jumblatt (nel 1977), nel 2009 il PSP partecipò alle elezioni legislative con la coalizione anti siriana (“Alleanza del 14 marzo, poi risultata vincitrice) insieme al Movimento del Futuro (sunnita), alle Forze Libanesi e alle Falangi Libanesi (entrambe espressione della comunità cristiano-maronita).
Tutto questo tornava alla mente ripensando alla strage di minori drusi nel Golan (in contemporanea, va detto, con l’ennesima perpetrata contro i bambini palestinesi di Gaza). Così come veniva da pensare allo scontato “cui prodest ?”.
Come allontanare infatti il sospetto che in fondo una milizia drusa – agguerrita e animata da propositi vendicativi nei confronti dei responsabili della strage – come quella legata al PSP, potrebbe (condizionale d’obbligo) far comodo a “qualcuno” (stabilite voi chi).
I drusi – ricordo – costituiscono un ben preciso gruppo etno-religioso (arabo, monoteista, di derivazione sciita-ismaelita) e sono presenti, oltre che in Libano, in Siria, Israele, Giordania e nella diaspora. Di quelli che vivono nel Golan (territori siriani sotto occupazione israeliana) si era parlato circa un anno fa quando, il 20 giugno 2023, i militari israeliani avevano impedito manu militari agli abitanti di Al-Hafair (a est di Masada) di accedere ai loro campi.
Dove si voleva realizzare, malgrado l’opposizione sia dei proprietari dei terreni, sia della stragrande maggioranza degli abitanti (circa 25mila persone), un progetto di “energia pulita” eolica denominato Giant Turbines. Progetto che implica l’esproprio di oltre seimila ettari (per ora) di terreni agricoli per l’installazione di gigantesche turbine alte sui 200 metri. Ovviamente non si tratta dei primi espropri arbitrari dato che molti altri terreni sono già stati confiscati per realizzarvi una trentina di insediamenti coloniali (come avviene regolarmente in Cisgiordania).
Le proteste degli autoctoni erano presto degenerate in scontri con centinaia di persone intossicate dai gas lacrimogeni (forse, azzardo, i CS spesso impiegati da Israele contro i palestinesi) e altre ferite (anche gravemente) dai proiettili di plastica. Allo sciopero generale indetto per protesta contro la dura repressione, l’esercito israeliano rispondeva mobilitando le forze speciali e istituendo numerosi posti di blocco.
Sempre l’anno scorso, contro tale progetto il governo siriano era intervenuto duramente presso il Consiglio di sicurezza e l’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
In ogni caso appare quantomeno opinabile la presa di pozione di Israele in difesa dei drusi vittime (effetto collaterale involontario o deliberato ?) del tiro incrociato in una guerra che non gli appartiene.
Gianni Sartori
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