Che fine ha fatto la Cina?

A Wuhan, dal 18 maggio, non si registrano nuovi casi di trasmissione locale; la vita sembra essere tornata alla normalità. Nonostante un mese fa più di 600 milioni di persone in tutta la Cina si siano messe in viaggio per celebrare una delle feste più importanti del Paese, ad oggi non risulta nessun aumento nel numero dei contagiati.

Pare che ciò si debba alla cosiddetta “regola delle tre T” che, applicata in tutto il Paese, si sta rivelando efficace nel limitare il numero di contagi fino a quasi azzerarli: Testare, Tracciare e Trattare. Così facendo, infatti, gli oramai sporadici casi di contagio vengono immediatamente accertati e isolati localmente, grazie soprattutto all’efficienza che può avere un regime autoritario nell’imporre e, quindi, far rispettare eccezionali misure preventive e restrittive della libera circolazione degli individui.

Questo può farci sperare che, nonostante le enormi differenze geografiche, politiche e culturali dell’Europa rispetto alla Cina, a distanza di un anno dai primi contagi in Europa questo virus possa perdere la sua efficacia, fino a dissolversi.

Anche la situazione economica della Cina è invidiabile (al pari di quella sanitaria), visto che tutti i trend sono in controtendenza rispetto a quelli europei e americani, con una ripresa del Pil che registra addirittura un incremento del 4,9% rispetto allo stesso periodo del 2019 e un tasso di esportazioni per l’anno in corso che è pari al + 10,4%. Scenari incredibili se ci si ricorda le scene da film di appena pochi mesi fa; probabilmente la Cina sarà persino leader nella vendita e distribuzione dei vaccini. Una nazione che sembrava sconvolta, spaesata e atterrata, facendo leva sia su un sistema autoritario che non permette divergenze che su uno strato sociale che si è rimesso subito in moto senza arrendersi, nonostante i perenni limiti democratici e sociali, sta diventando, paradossalmente, esempio sanitario e finanziario per tutto il mondo.

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