Chaouki e quella strana voglia di “concordato”

Mettiamola così, mi stupisco dello stupore. L’elezione del deputato Pd Khalid Chaouki a presidente della Grande Moschea di Roma è una notizia che non mi sconvolge. La scelta affidare quel ruolo ad un personaggio come lui è la chiara ed evidente mossa di partenza per tutta una serie di cambiamenti che nel tempo si tenterà di portare a casa; chi meglio di un parlamentare a capo della più grande istituzione islamica in Europa può portare avanti, che so, il tentativo ormai annoso di raggiungere un’intesa con lo Stato Italiano?

Vado subito al sodo perché, vista la congiuntura politica internazionale e il personaggio a cui si fa riferimento, non è più il momento di fare troppi giri di parole; devo ricordare la partecipazione al video del rapper Amir Issaa? O la richiesta che alla buvette della Camera dei Deputati (dove evidentemente ritiene di rimanere a lungo) ci sia anche cibo per chi è di religione islamica? O magari la causa intentata contro di lui dalla sua assistente il cui esito al momento, fra dichiarazioni e smentite, non è chiaro? In Europa, peraltro, non esiste un esempio di questo genere, in cui un parlamentare della Repubblica diviene presidente della moschea più grande del Paese: troviamo presidenti di consigli islamici nazionali, come in Francia dove è votato dalla comunità, o di grandi e rappresentative associazioni. I parlamentari rappresentano nelle istituzioni la dimensione civile dei cittadini, non il loro orientamento religioso.

Questo, per come la vedo io, è un vulnus giuridico assai grave le cui conseguenze sono tutte da valutare. Che si puntasse all’Intesa con lo Stato Italiano era evidente; del resto all’Ansa Chaouki ha detto che ”subito dopo la mia nomina ho incontrato il ministro degli Interni Minniti con cui ho parlato del potenziamento dell’islam italiano”. ”Convocheremo tutti i protagonisti dell’islam italiano per coinvolgerli. Si tratta di un passo importante verso l’Intesa”. E le motivazioni sono chiare, visto che finora non è stato possibile realizzare l’intesa per via della mancanza nella dimensione islamica di un vertice gerarchico con cui negoziare: eccolo, è stato costruito a tavolino, guardacaso a stretto giro di posta con le elezioni e in pieno dibattito sullo Ius Soli. Mossa del Pd e di chi manovra l’islam politico? E poi chi lo ha votato? La comunità islamica italiana a cui dice di volersi rivolgere? Oppure solo i consiglieri con la benedizione del ministero del culto saudita? Quando parla di ”potenziamento dell’islam italiano”, di cosa parla esattamente?

Forse sarebbe il caso che il Parlamento, o almeno quelle forze che ancora hanno il coraggio di guardare dentro alle cose chiedano la presenza in Aula del Ministro Minniti affinché riferisca sulla vicenda e spieghi quali sono gli intendimenti a lui comunicati dal nuovo presidente della Grande Moschea. Certo, farebbe un po’ sorridere che debba venire un Ministro a spiegare cose anche a chi gliele ha dette, che è seduto nella stessa Aula. E poi mi chiedo: in caso si dovesse ipoteticamente negoziare l’Intesa con lo Stato Italiano, Chaouki come e dove siederebbe? Come parlamentare oppure come presidente della Grande Moschea? A meno che abbia deciso di non ricandidarsi alle prossime elezioni politiche, il rischio di conflitto di interesse potrebbe esserci…

Souad Sbai | Lanuovabq.it

Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook