L’Italia è conosciuta internazionalmente soprattutto per 3 cose: la cucina, la politica terribile, e i suoi panorami e spiagge. Negli ultimi mesi si è sviluppata una serie di eventi che ha riguardato questi 3 aspetti. Attivisti, agricoltori e un’indagine del governo hanno fatto un po’ di luce su quello che potrebbe essere un attacco nascosto dell’industria biotecnologica ad uno dei pilastri della cultura italiana e della sua tradizione culinaria: gli ulivi.
L’area del Salento, in Puglia, ospita alcuni dei più antichi uliveti del pianeta. Gli alberi secolari non vengono considerati proprietà esclusiva di chi li possiede, ma un patrimonio collettivo del popolo italiano. La loro presenza ha dato da vivere a migliaia di persone per millenni. Negli ultimi mesi, però, un fenomeno chiamato CoDiRo, o Complesso del Disseccamento Rapido degli Ulivi, ne ha fatti seccare molti. Tra le cause di questa malattia potrebbe esserci il batterio Xilella fastidiosa, che attacca, tra le altre cose, il silema degli agrumi e delle viti, li secca e secca le loro escrescenze, impedendo spesso la comparsa dei frutti. Prima del 2014 non si erano mai registrati casi di queste infestazioni batteriche negli ulivi.
All’inizio della crisi, il diffondersi della malattia veniva spiegato dalle autorità regionali come il risultato di molteplici fattori e patogeni, da cui il termine “complesso” nel nome. Ne erano considerati responsabili almeno 4 infezioni fungine, insieme a un insetto che si nutre di silema e alla xylella fastidiosa. Ciò era stato confermato da un’equipe investigativa indipendente dell’Unione Europea. Anche un documento pubblicato dal governo locale nel 2014 aveva ammesso che il disseccamento degli ulivi rappresentava “una questione fito-sanitaria piuttosto complessa, a causa dei diversi fattori in gioco”. Il comandante della Guardia Forestale incaricato di contenere l’epidemia, Giuseppe Silletti, all’inizio aveva dichiarato che il semplice rivolgimento del terreno attorno agli ulivi aveva eliminato il 90% della popolazione di insetti vettori del batterio.
Nonostante questo, le lobby governative e biotecnologiche, insieme ai media amici del big business, hanno presto cominciato ad attribuire il danno esclusivamente al batterio xylella fastidiosa, ignorando gli altri fattori come l’inaridimento del suolo a causa di erbicidi e pesticidi e la possibile selezione di certe specie di insetti. La complessità del caso è stata quindi drasticamente semplificata per presentare una minaccia che potrebbe perfino non esistere. Per affrontare questo problema apparentemente grave il governo italiano ha optato per una soluzione radicale: la completa distruzione di tutti gli alberi ritenuti infettati e di quelli ad essi vicini.
Per mesi, agricoltori ed attivisti si sono opposti a quella che sarebbe la condanna a morte degli ulivi centenari e porterebbe alla miseria gli agricoltori. La battaglia per gli ulivi ha raggiunto il picco a fine maggio, quando il governo locale ha deciso di procedere con lo sradicamento degli alberi e gli ambientalisti si sono appostati su alcuni di loro per impedirlo. Per difendere la sua pratica, il governo della regione Puglia ha affermato di aver ricevuto l’ordine di sradicamento dall’UE: affermazione però completamente negata dagli ufficiali UE interessati.
A questo punto la domanda principale è se il batterio xylella sia l’unico responsabile della malattia. Molti agronomi italiani hanno dichiarato pubblicamente di credere che le cause prime vadano ricercate nell’eccessivo uso di composti chimici e in altri fattori, piuttosto che nel famigerato batterio. Essi postulano inoltre che la variante locale della xylella potrebbe essere endemica e asintomatica. Facendo eco a queste preoccupazioni, la Federazione Italiana per l’Agricoltura Biologica e Biodinamica sostiene che esistono metodi efficaci e meno distruttivi per combattere l’infezione, utilizzando sistemi antichi e non invasivi come il solfato di rame e l’idrossido di calcio, reti per gli insetti e pesticidi organici, in linea con i principii dell’agricoltura biologica.
[…] Vista l’assenza di prove scientifiche certe, agricoltori e ambientalisti affermano che le misure decise dai governi locale e nazionale sono troppo radicali, e che potrebbero essere in realtà una copertura che nasconde un’operazione più vasta. Perché ovviamente nasce la domanda: questa infezione è solo un evento naturale peggiorato dal comportamento umano, o ci sono gli estremi per sospettare un gioco sporco?
Torniamo al 2010, quando una rete di patologi vegetali, dal nome di Cost 873, tenne un incontro nella città di Bari. Tra i presenti vi erano scienziati dell’Istituto Mediterraneo di Agronomia di Bari, che avevano portato campioni del batterio xylella dalla California “a scopi di ricerca scientifica”. Durante l’incontro venne discusso un ipotetico scenario nel quale la xylella sarebbe stata rilasciata in alcune parti d’Europa per capire come i paesi avrebbero reagito ad un “attacco bio-terroristico”.
Di per sè è uno scenario bizzarro da immaginare, ma non prova con certezza nulla. Gli scienziati affermano di aver eliminato l’agente patogeno, e che il batterio presente in Italia è una variante diversa da quella che avevano portato dalla California. Il che tuttavia non è dato sapere con certezza, perché l’investigatore principale, il comandante della Guardia Forestale Giuseppe Silletti, si è rifiutato di effettuare il confronto genetico tra i batteri importati e quelli coinvolti nelle attuali infezioni.
Molti non capiscono l’insistenza del governo sullo sradicamento, vista soprattutto la mancanza di prove concrete e l’esistenza di efficaci metodi alternativi. Molti hanno puntato l’indice contro l’industria biotecnologica, e con buone ragioni: tanto per cominciare, l’istituzione che ha portato il patogeno in Italia è finanziata da compagnie biotecnologiche. Inoltre, il gigante del biotech Monsanto, noto per le sue pratiche predatorie, possiede Allelyx, un’azienda interamente dedicata alla creazione di varianti OGM resistenti ai batteri, e il cui nome, ironia della sorte, è quello di xylella letto al contrario. Visti questi collegamenti, interessanti ma non determinanti, e visto il rifiuto del governo a condurre un’indagine appropriata, in molti sostengono che esista collusione tra il governo e l’industria biotecnologica. L’opinione popolare è che la crisi potrebbe essere stata provocata apposta per sradicare gli uliveti locali. A quale scopo è ancora oggetto di discussione, ma l’ipotesi prevalente è che sia per costringere i coltivatori locali ad acquistare varietà OGM resistenti all’infezione. C’è solo un problema con questa spiegazione: al momento non esistono studi per ulivi OGM.
Durante l’indagine, infatti, è stato interpellato un portavoce di Monsanto, così come l’Università di Wageningen e l’Istituto Agronomico Mediterraneo di Chania, e hanno tutti negato di essere coinvolti o di conoscere ricerche su alberi di ulivo OGM. I soli esperimenti conosciuti erano stati eseguiti in Italia a partire dagli anni ’70, ma nel 2012 gli alberi vennero sradicati in seguito all’approvazione della legge che proibisce qualsiasi sperimentazione su campo di piante OGM. Questo fatto non prova che non ci siano coinvolgimenti nefasti, ma tiene l’indagine aperta. Tra l’altro non si può essere certi che le risposte fornite dalle istituzioni contattate siano sincere. Potrebbero esserci ricerche condotte in segreto, in attesa che la diffusione dell’infezione raggiunga un punto critico.
C’è una seconda ipotesi che viene presa seriamente e pare poggiare su basi solide, ovvero che la responsabilità non sarebbe da attribuire al biotech, ma all’industria turistica. Di fatto, l’area più colpita è una località turistica. Negli ultimi due anni le prenotazioni sono cresciute del 45%, il che ha spinto le autorità locali a proibire la costruzione di nuovi villaggi turistici. Se gli uliveti verranno decimati, ciò potrebbe cambiare. Che ne siano direttamente responsabili o stiano soltanto approfittando di una “buona crisi”, le imprese turistiche comunque stanno già guadagnando dalla situazione: le proprietà ritenute infette dal batterio xylella sono in vendita a prezzi estremamente bassi, e molte sono già state acquistate con l’esplicita intenzione di costruirvi nightclub o alberghi. Prima che ciò sia possibile le terre dovranno venire riassegnate ad uso residenziale e commerciale: misura che la regione probabilmente prenderà in considerazione qualora necessitasse di compensare la diminuzione del reddito agricolo.
Da luglio la polizia italiana sembra affrontare questo caso con più decisione, e ha confiscato dischi fissi e file dal Ministero dell’Agricoltura e dall’Istituto Mediterraneo di Bari. Nel frattempo i tribunali amministrativi regionali di Lecce e Roma hanno invocato un congelamento immediato degli sradicamenti (chiamati il “piano Silletti”) mentre l’indagine è in corso. Aderiscono alla causa 26 marche di olio d’oliva biologico e numerosi agricoltori. Il ministro dell’agricoltura Maurizio Martina, principale proponente del piano di sradicamento, ha già promesso che, qualora gli agricoltori vincessero la causa, farà ricorso.
Se si troverà una risposta e magari si chiamerà xylella, questo sarà motivo di lutto: è previsto l’abbattimento di oltre 800.000 alberi. Nel frattempo la domanda rimane: l’industria biotecnologica sta deliberatamente attaccando gli uliveti italiani? L’unica cosa certa è che, senza prove scientifiche conclusive, trasparenti e indipendenti, queste domande resteranno senza risposta. Se questo sarà il caso, migliaia di ulivi centenari verranno sradicati senza motivo, o, peggio, per perseguire una nefasta agenda nascosta.
di Ruben Rosenberg Colorni
Fonte: Globalresearch.ca
Traduzione: Anacronista
Fonte traduzione:: www.controinformazione.info
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