Articolo tratto dall’Osservatore romano –In Italia diminuiscono i reati ma aumentano le condanne e cresce l’affollamento nelle carceri. Gli istituti penitenziari accolgono sempre più italiani e meno stranieri, poche le donne, ma ben 55 i bambini reclusi con le loro madri, tanti i tossicodipendenti (un quarto dei detenuti) e troppi i suicidi. È il quadro che emerge dall’annuale rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia redatto dall’Associazione Antigone, che si batte per i diritti in carcere, condotto attraverso l’attività di osservazione che l’associazione svolge dal 1998 in tutti gli istituti penitenziari del paese.
«Una situazione drammatica — ha spiegato il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, presentando a Roma il rapporto — con ben 8 mila detenuti in più rispetto solo a quattro anni fa e 3 mila rispetto all’inizio dello scorso anno, e un tasso di affollamento del 120 per cento che rischia di farci tornare presto alla situazione per cui Strasburgo ha condannato l’Italia». «L’aumento delle presenza in carcere — ha aggiunto Gonnella — rende i detenuti anonimi. Oscura le loro sofferenze e la loro disperazione. Anche così si può spiegare l’aumento dei suicidi. Ma serve ricordare che ogni persona che si uccide in prigione è una sconfitta delle istituzioni tutte». E a fronte di 60.439 detenuti reclusi al 30 aprile scorso, di cui 2659 donne (il 4 per cento del totale) ci sono stati 67 casi di suicidio con un tasso di 11,4 episodi ogni 10 mila detenuti. Nel 2018, secondo il rapporto, erano stati venti di meno. In carcere dunque ci si uccide quasi 18 volte di più che in libertà. Inoltre, secondo Antigone, in alcune carceri il tasso di suicidi è troppo elevato rispetto alla media: è il caso di Taranto dove negli ultimi dodici mesi in quattro si sono tolti la vita.
Non a caso quello pugliese è uno degli istituti penitenziari più affollati d’Italia, con un tasso di presenze del 199 per cento. Ciò limita lo spazio vitale e possibili attività rivolte ai detenuti, prime fra tutte il lavoro e la formazione professionale. Il 18,8 per cento delle celle in Italia, tra cui quelle del carcere di Opera a Milano e Secondigliano e Poggioreale a Napoli, non rispetta il parametro dei 3 metri quadrati per detenuto, soglia considerata dalla Corte di Strasburgo minima, al di sotto della quale c’è il rischio di trattamento inumano e degradante. La presenza degli stranieri è diminuita negli ultimi dieci anni di oltre mille unità mentre crescono i detenuti italiani. E mentre in Europa, a fronte di una diminuzione dei reati si segnalano meno detenuti, anche in Italia i reati sono calati (del 24 per cento le rapine, del 3,3 gli omicidi, del 10 i furti in abitazione) ma di contro il tasso di detenzione è cresciuto del 7,5 per cento. Il rapporto di Antigone sfata dunque la credenza che il nostro Paese sia lassista con chi delinque. «È vero il contrario se il 17 per cento delle condanne va dai 10 ai 20 anni a fronte di una media europea di 11 anni». «Vi è dunque una tendenza dei giudici — rileva il rapporto — a elevare le pene comminate».
Un dato fortemente negativo è anche quello relativo al ricorso all’isolamento disciplinare, «che costituisce un surplus di sofferenza rispetto alla pena in sé», aumentato negli ultimi 5 anni di ben 10 volte. Di positivo, invece, si registra l’aumento al ricorso alle pene alternative al carcere ma, secondo Antigone, si sceglie sempre di più la detenzione domiciliare, «misura più custodiale e meno tesa alla reintegrazione sociale». Infine nelle carceri si registra una carenza di personale del 16 per cento così come pochi sono gli educatori, in media uno ogni 78 detenuti, e i mediatori culturali di cui oltre il 60 per cento degli istituti è privo. «Il rischio che lo sguardo di Antigone, occhio della società civile, mostra — ha commentato il Garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma — è quello che il carcere sia il luogo della marginalità sociale e dell’indifferenza di una società rancorosa. La stessa analisi è emersa dalla recente relazione al Parlamento del Garante nazionale, frutto di un mandato istituzionale intrusivo e forte.
Chiara da entrambi gli sguardi emerge la necessità di ridare al carcere visibilità e riportarlo nella discussione politica, primo passo per superare quel senso di abbandono che troppo spesso sembra ultimamente caratterizzarlo».
Foto Ansa
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