“Canna-business”, cavallo di Troia della droga libera

Una circolare del governo ha definito la percentuale di thc per la vendita legale di cannabis. Ed è boom di negozi che vendono infiorescenze pronti ad accaparrarsi un business in crescita: già 700. Ma è un grande inganno. Senza avvertenze farmacologiche, soprattutto sul cannabidiolo, il principio attivo nascosto. “E’ un cavallo di Troia. Hanno preparato la rete di vendita con un prodotto a bassa concentrazione per poi essere commercialmente già pronti quando si legalizzerà. In questo modo si diminuisce la percezione del rischio, soprattutto per i più giovani”. La denuncia del neuropsichiatra Serpelloni.

La chiamano già cannabis light e quell’aggettivo sembra far crollare tutti i problemi. Se è leggera, non farà male. Invece è un grande inganno. I giornali si sono precipitati a esaltare le virtù del nascente business delle infiorescenze di cannabis. Oltre 700 negozi sparsi in tutt’Italia che vendono erba legale, con un principio attivo molto più basso di quella illegale. E grazie alla coltivazione nasce un mercato fatto di oli essenziali e creme. Un’esplosione repentina dopo l’approvazione della legge nel gennaio 2017 tanto che quello dell’easy joint sta diventando una tendenza di largo consumo.

Che fino a pochi giorni fa non era nemmeno regolamentato dal punto di vista agroindustriale. La circolare del Ministero dell’Agricoltura infatti fissa un paletto: “La coltivazione della canapa – si legge nella circolare ministeriale – è consentita senza necessità di autorizzazione, che viene richiesta invece se la pianta ha un tasso THC di oltre lo 0,2% come previsto da regolamento europeo. Qualora la percentuale risulti superiore ma entro il limite dello 0,6% l’agricoltore non ha alcuna responsabilità; in caso venga accertato un tasso superiore allo 0,6% l’autorità giudiziaria può disporre il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa”.

Ma le intenzioni di relegare la coltivazione nel solo ambito del florovivaismo sono destinate ad essere facilmente superate. Non è dunque tutto oro verde quello che luccica, come spiega alla Nuova BQ il neuropsichiatra Giovanni Serpelloni, già direttore del dipartimento antidroga di Palazzo Chigi al tempo dell’ultimo governo Berlusconi e ora referente del servizio Tossicodipendenze dell’Asl 9 di Verona.

“È ormai più di un anno che stiamo subendo pubblicità insistenti e un forte impegno di marketing con l’apertura di oltre 700 nuovi negozi per la cosiddetta “Cannabis Legale, cannabis light, cannabis per tutti” in totale assenza di interventi dello Stato”.

Ma di che cosa si tratta?
Sono prodotti derivati dalle inflorescenze della cannabis sativa L che hanno un contenuto di delta 9 THC (il principio attivo della sostanza stupefacente) oscillante tra lo 0,2 e 0,6 % – e quindi molto meno della Cannabis illegale che naturalmente oscilla tra il 2-6% ma può arrivare anche a molto di più. È per questo che furbescamente vengono denominati light e restano sotto i livelli previsti dalla legge sulla droga.

Dunque, non fanno male?
Questi prodotti contengono anche un secondo importante principio farmacologicamente attivo quale è il Cannabidiolo (CBD). In Italia tale pianta sarebbe destinata ad usi agroindustriali e non certo per essere fumata e la coltivazione e l’utilizzo è regolato dalla Legge 242 del 2016, che in questo caso non sembrerebbe proprio essere rispettata.

Qual è il problema principale?
Quello che stupisce è che le vendite continuano e vanno alle stelle e le offerte sul mercato sia presso negozi specializzati, addirittura presso alcuni tabaccai e internet, sono caratterizzate da scarse o assenti indicazioni ed informazioni sulle caratteristiche del prodotto, sui possibili danni ed effetti collaterali, che possono esistere, ma soprattutto non viene evidenziato il reale uso che ne fanno i consumatori e cioè l’assunzione tramite combustione e inalazione del fumo derivante o l’ingestione.

Che cosa si sa degli effetti collaterali?
Che non sono riportati, ma sono possibili anche con queste basse percentuali di principio attivo, anche perché non si tiene in considerazione una legge basilare della farmacologia e cioè che i livelli di assorbimento-accumulo per lungo tempo nei tessuti grassi e la presenza nel sangue del delta 9 THC, sono molto variabili da persona a persona, come riportato da anni nella letteratura scientifica. Questo avviene anche per basse concentrazioni di THC nel prodotto fumato.

E del principio attivo nascosto?
Quello che aggrava la situazione è anche il fatto che in tali prodotti siano presenti alte quantità di Cannabidiolo (CBD) che è una sostanza farmacologicamente attiva in grado di creare effetti “percepibili” sul cervello oltre che su vari altri organi e questi effetti sono stati anche pubblicizzati strumentalmente dai venditori in varie interviste su giornali, internet e TV per incentivarne l’acquisto. Non si comprende come sia possibile che il Ministero della Salute e le varie altre istituzioni preposte permettano che venga messa in commercio una sostanza farmacologicamente attiva, solo dichiarando che è per “ricerca o collezione” sapendo benissimo invece che se ne fa un uso umano fumandola. È tempo che i cosiddetti “preposti” intervengano e lo facciano con perizia, coscienza e decisione.

Che cosa sappiamo del Cannabidiolo?
Sappiamo che i prodotti contenenti cannabidiolo dovrebbero essere autorizzati alla vendita come veri e propri “medicinali” in base al decreto legislativo 219 del 2016. Questo comporta che tali sostanze dovrebbero essere prodotte nel rispetto delle regole previste dall’AIFA e dalle agenzie Europee per garantire sicurezza e scientificità, ma non avviene per questi prodotti. E’ l’aspetto più inquietante di queste sostanze che vengono prodotte fuori dalle regole previste per tutti i medicinali e le sostanze farmacologicamente attive usate sull’uomo.

Insomma, un problema di leggi?
È proprio questo aspetto che la Germania, per esempio, ha invece imposto per assicurare al consumatore qualità e sicurezza di qualsiasi prodotto per uso umano farmacologicamente attivo e che dovrebbe essere immediatamente applicato anche in Italia.

Ci vorrebbero dei “bugiardini” come per i medicinali?
Oltre a questi fattori tecnici c’è il fatto anche che i prodotti vengono venduti “sotto mentite spoglie” senza informazioni complete sui possibili danni alla salute che essi possono comunque produrre, proprio in considerazione della variabilità individuale di risposta, della dose che volontariamente la persona decide di acquisire potendone quindi assumere anche grandi quantità e arrivando a quelle soglie, peraltro molto variabili da individuo a individuo – da 2 a 44 microngrammi di principio attivo THC nel cervello – che producono i cosiddetti effetti farmacologici tossici.

In questa vacatio legis pullula però un mercato che promette di essere fiorente…
Mi fa tristezza tutto ciò e soprattutto mi preoccupa la grande spinta di marketing che sta dietro a tutto questo e le potenti lobbyes che si stanno organizzando e diffondendo.

Qual è il primo effetto sociale?
L’effetto di “normalizzazione”, questo è l’aspetto più negativo perché sfrutta il simbolo della Cannabis che è sempre più inflazionato in tutte le salse in questi esercizi commerciali e attrattivo soprattutto per i giovani più vulnerabili alle droghe. Ma utilizza anche il fatto che tutto sembra predisposto per poter poi convertire questi negozi in veri e propri dispensari della cannabis con alta percentuale di THC, una volta attivata la legalizzazione di tale sostanza.

Questo mercato crede che sia prodromico al commercio di quella che oggi è la cannabis illegale?
Sì. Si tratta di una corsa in anticipo “all’oro verde”, come lo definiscono in America, per poter arricchirsi velocemente sfruttando la scarsa consapevolezza delle persone all’interno di un sistema sanitario nazionale e regionale che si muove con la lentezza di un bradipo nel tutelare la salute delle persone e soprattutto delle giovani generazioni.

Quando e se la legge che sdogana definitivamente la cannabis per uso ricreativo sarà effettiva, il mercato sarà già pronto a recepire la grande domanda…
Esatto. Il danno più grave che si può produrre è proprio quello della diminuzione della percezione del rischio dell’uso di droghe nei giovani, di illuderli che “adesso esiste una cannabis legale che posso fumare”. Però intanto devo dire che la vendo per collezione o per ricerca, escludendo l’uso umano che in realtà è quello che avviene.

Il mercato si sta attrezzando…
Le do un dato economico su tutti: il fatturato del mercato della Cannabis nel 2017 negli USA è stato di 4 volte quello di Mc Donald! Una forza economica veramente preoccupante.

Sembra di essere di fronte ad un cavallo di Troia per una legalizzazione tout court?
Sì, è proprio un cavallo di Troia. Hanno preparato la rete di vendita con un prodotto a bassa concentrazione per poi essere commercialmente già pronti quando si legalizzerà.

Andrea Zambrano | Lanuovabq.it


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