Dicevano che non bisognava discriminare le persone dello stesso sesso che volevano adottare dei figli. Ma ora, come avevamo previsto, da quando gli Stati hanno fatto del cosiddetto matrimonio omoerotico, un bene da tutelare legalmente è ovvio che la discriminazione è verso coloro che ancora lo considerano un fatto contro natura. Perciò dalla non discriminazione di queste persone si è passati alla discriminazione di coloro che hanno una visione opposta a quella assunta dal potere.
È così che una coppia cristiana evangelica della provincia canadese di Alberta in attesa di adozione è stata ritenuta non idonea per via delle sue visioni sulla sessualità e sul matrimonio. Settimana scorsa, i due coniugi hanno denunciato l’Alberta Child and Family Service, spiegando che l’agenzia adottiva a cui si erano rivolti ha esplicitamente espresso preoccupazione mettendo in dubbio la loro abilità nel poter “aiutare i bambini che esprimano dubbi sulla sessualità”. Ma c’è di più, perché l’agenzia in questione, che collabora con il governo, è cattolica. Pare realizzarsi così quanto si era già immaginato, ossia che le agenzie adottive cristiane, dato il riconoscimento del simil “matrimonio” fra persone dello stesso sesso, avrebbero dovuto chiudere (come hanno fatto in India le suore di Madre Teresa) o che altrimenti sarebbero dovute scendere a patti con una mentalità avversa alla fede.
Anche se l’agenzia cattolica, operante nella diocesi di Edmonton, non ha ancora risposto alle accuse, i servizi sociali hanno invece replicato alla denuncia attraverso Aaron Manton, segretario dell’ufficio stampa del ministero dell’Infanzia: “Vogliamo essere sicuri che, in ogni caso, il processo di adozione abbia il miglior risultato sia per i genitori sia per i bambini, per questo il processo per fare domanda è scrupoloso e rigoroso”, ha chiarito facendo riferimento ai quesiti a cui le famiglie devono rispondere per fare domanda di adozione. Fra cui appunto appare la domanda sulla visione del matrimonio e della sessualità a cui la coppia ha risposto così: “Se nostro figlio ci farà domande sulla sua sessualità la nostra risposta si baserà sulla prospettiva biblica”.
La risposta dell’agenzia di adozione cattolica, giunta il 13 marzo scorso alla coppia, parla di timore “di un fallimento” e della restituzione del bambino all’agenzia se mai avesse “avuto problemi con la sua sessualità”. L’agenzia ha anche chiarito che questa è “la posizione ufficiale del governo di Alberta”. La coppia ha poi replicato che la decisione è “irragionevole e invalida perché viziata dall’arbitrarietà, dal pregiudizio, dalla malafede, così come dalla violazione del giusto processo e del diritto naturale”.
Questa vicenda oltre a far pensare circa la posizione dei cattolici che in nome del servizio al mondo stanno diventando come il mondo (anziché trasformarlo) e alla forza di alcuni protestanti che paiono più vicini di loro all’insegnamento della Chiesa (il Catechismo definisce l’omosessualità un “disordine intrinseco” e “contrario alla legge naturale”), fa sorgere una domanda: se in nome della non discriminazione delle “coppie” dello stesso sesso, si è passati, come prevedibile, alla punizione per chi sposa un’altra visione, cosa accadrà ai figli naturali delle persone che intendono educarli ad aderire alla realtà usando la ragione come insegna anche la Chiesa cattolica? Saranno considerati anch’essi genitori non idonei? Il passo a questa eventualità è breve: “Se la decisione non verrà rivista – ha spiegato il Justice Centre for Constitutional Freedoms che difende la famiglia – avrà gravi conseguenze per la libertà di tutti i canadesi”.
Benedetta Frigerio | Lanuovabq.it
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