Erano 167 le persone che venivano uccise in un anno in Canda prima che l’eutanasia fosse legale. Ora, dopo solo due anni dalla sua legalizzazione, siamo a 1.982 morti per eutanasia nel primo anno (giugno 2016 – giugno 2017) secondo le stime ufficiali. L’incremento vorticoso, dopo la legalizzazione della morte di stato, era inaspettato, dato che in altri paesi come il Belgio (dove ormai dai malati terminali la legge si è estesa anche ai bambini e a chiunque voglia morire per qualunque motivo) questo salto non è stato fatto in uno ma in dieci anni.
Il paese ha battuto quindi ogni record. Infatti, la Commissione eutanasia del Quebec il 31 agosto scorso era in fase di revisione delle relazioni mediche dei casi di eutanasia ma in nove mesi, appena 198 dei casi registrati erano stati esaminati. E di questi, solo 148 erano stati valutati come rispettosi della legge. In due episodi, addirittura, la Commissione ha scoperto che i pazienti “non erano in fin di vita”, mentre in un altro la persona non “aveva una malattia grave e incurabile”. I casi giudicati sicuramente irrispettosi della legge rappresentano invece il 14 per cento del totale. A spiegare il quadro tremendo non basta la popolosità maggiore del Canada. La colpa è di una legge ingiusta, per cui la vita non è più considerata disponibile, in cui l’obiezione di coscienza non è contemplata mentre i controlli sugli abusi sono minimi.
Ma il rapporto della Commissione solleva anche altre domande perché non prova in nessuno dei casi registrati dai medici che ci fosse “una sofferenza intollerabile”. Si sospetta poi che alcune morti siano sfuggite alla Commissione, proprio perché tocca ai medici che infliggono la morte di segnalare il loro caso. Motivo per cui ormai, come in Belgio e in Olanda, un’alta percentuale dei decessi non viene neppure registrata.
Dunque, se oggi in Olanda su tutte le morti il 4 per cento è per eutanasia (dati 2016), questa percentuale in Canada potrebbe diventare molto più importante, portando verso una mentalità dove sempre più il sofferente, l’anziano o il disabile non viene più curato e lui stesso si sente in dovere di “togliere il disturbo”. Che si sà, non c’è peggior cosa per un malato di non sentirsi dire: “Ti voglio, combattiamo insieme”.
Un’esagerazione? È quello che è accaduto a diverse persone che hanno denunciato il fatto. Fra gli ultimi c’è Candice Lewis, 25 anni, nata con diverse patologie fra cui la spina bifida. La ragazza canadese, entrata in ospedale l’anno scorso per un problema di salute invece che essere curata trovò due medici convinti che dovesse farsi uccidere, suggerendo alla madre, Elson, di chiedere la morte della figlia: “Mi dissero che stava morendo e di chiedere il suicidio assistito che ora era legale in Canada, che mi avrebbe aiutato. Dissi che non volevo e lui mi rispose che ero egoista, perché lei era pronta ad andarsene”. La madre scappò in un altro ospedale dove la terapia fu modificata aiutando Candice a riprendersi. Insomma, nessuno aveva chiesto l’eutanasia ma il sistema, una volta legalizzata e normalizzata la morte di Stato, rendendola una delle vie normali di fronte alla malattia, per altro la più facile da intraprendere, la preferisce. Motivo per cui, nonostante la madre di Candice abbia chiesto le scuse ufficiali delle autorità regionali, “perché non voglio che un altra famiglia passi quello che ho passato io”, non le ha avute
Alex Schadenberg, della Euthanasia Prevention Coalition (Epc), ha chiaroquindi la menzogna di chi sostiene che una legge pro eutanasia non toglierebbe a chi vuole la possibilità di vivere, ma solo a chi lo desidera di farsi uccidere. “Questa è una delle più grandi bugie culturali che ci vendono. Infatti, la verità è che si dà ai medici il potere legale di causare la morte. E una volta che il medico ha questo potere, devi comprendere che fa parte delle sue mansioni, del suo soggettivo livello di discriminazione, del suo sentimento”. Chiaro che i medici che curavano Candice avranno pensato: “Non vorrei mai vivere come te”. Peccato che interpellata sul fatto, Candice abbia poi risposto: “Non volevo morire”.
Appunto, basta questa visione efficientista a spingere l’acceleratore su un paziente, magari incosciente, e sulla legalizzazione dell’eutanasia, che nasce da un terrore della morte, e della malattia, mai affrontato. Ma che invece che portare sollievo, solidarietà e sostegno (quello che ogni malato desidera in fondo al cuore), volendo allontanare la morte e la sofferenza, le sta amplificano rendendo il mondo fatto un inferno di violenza, abbandono, disperazione e morte ricercata. Come dimostrano questi casi, i numeri riportati e i dati mancanti sulle morti di tanti uomini. Neanche si trattasse di mosche.
Benedetta Frigerio | Lanuovabq.it
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