I bambini rischiano sempre di più di diventare oggetti di commercio, messi in vendita come veri e proprio prodotti. «Una pratica abominevole e figlia di un’alienazione che riduce l’umanità a essere straniera a se stessa e a svilirsi come fosse una merce». Con queste parole il giovane filosofo Diego Fusaro, intervistato da Pro Vita & Famiglia, ha commentato la nuova compagna choc che per i prossimi 15 giorni, con numerosi camion vela, girerà a Roma per contrastare proprio l’utero in affitto.
La nuova campagna ritrae un bambino in un barattolo, per dire no all’utero in affitto e al fatto che i bambini siano trattati come un oggetto: cosa ne pensa?
«Penso sia una campagna eroica che sottoscrivo pienamente così come l’immagine forte che serve per scuotere dal torpore in cui la società dell’indifferenza gravita. Dell’utero in affitto penso il peggio possibile, così come ho espresso ampiamente nel mio libro Il nuovo ordine erotico. L’utero in affitto è l’apice dell’alienazione, nel senso marxiano, perché rende l’umanità straniera a se stessa e la riduce al rango delle merci. Per un verso il nascituro diventa una merce, un oggetto, programmabile con evidenti derive eugenetiche, che sono realizzate dagli stessi cantori del verbo multiculturale. Dall’altro verso si tratta di un’alienazione perché riduce la donna a un magazzino aziendale per conservare una merce preziosa per conto di terzi. Inoltre questa pratica è l’apice del marxismo capitalistico e della falsa libertà perché quest’ultima porta avanti l’idea di “poterlo” fare, cioè senza costrizioni, ma in realtà è una libertà che si trasforma in necessità economiche perché le donne meno abbienti, deboli e in condizioni disagiate vengono costrette a mettere il loro utero in affitto per la condizione in cui versano. È una pratica abominevole che si può tranquillamente mettere sullo stesso livello delle pagine più aberranti della storia del Novecento come le leggi razziali, l’eugenetica nazista e le pratiche peggiori di cui la storia del secolo scorso ci ha parlato».
Si parla sempre di più dell’utero in affitto, mentre fino a pochi anni fa era un argomento quasi sconosciuto. C’è una maggiore sensibilizzazione in Italia?
«Credo che in tal senso si cominci a svegliare qualcosa, anche perché ci sono stati dei dibattiti e perché l’aggressività del neo-progressismo liberista ha fatto di tutto per far passare l’utero in affitto come una pratica emancipativa, questo soprattutto per mezzo della destra finanziaria del denaro e dalla sinistra fucsia del costume. In realtà non c’è nulla di emancipazione, ma solo qualcosa di alienante ed è una barbarie di cui la gente si sta accorgendo. Si vorrebbe far passare l’utero in affitto come un diritto civile, ma in realtà è un capriccio di consumo individualistico delle classi possidenti, che devono trasformare ogni loro capriccio in una legge riconosciuta universalmente. A mio giudizio bisogna battersi contro questi diritti e riaprire il fronte dei diritti sociali delle classi lavoratrici e dei ceti “sconfitti” dalla mondializzazione».
Una maggiore sensibilizzazione significa vincere la battaglia contro questa pratica o ci sono i rischi che possa arrivare in Italia?
«Io credo che il rischio ci sia perché è una battaglia voluta dai signori del capitale, del neo-progressismo cosmopolita liberista, i quali oltre a detenere i mezzi di produzione detengono anche i mezzi di comunicazione. Quindi all’occorrenza si adopereranno in ogni modo per tentare di far passare questa mentalità. Questo però può essere uno stimolo in più per tirar fuori le armi di difesa e per creare un fronte con nuovi argomenti per contrastare queste pratiche. Bisogna, in sostanza, sintetizzare le tesi di chi ama l’umano per fronteggiare chi, invece, ama la merce».
Salvatore Tropea | Notizieprovita.it
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