Caccia al Pokemon, l’unico mostro che non esiste

img-_innerArtFb-_pokemongoo-1-2La palma del più fesso l’ha sicuramente vinta quel neozelandese di 24 anni che è praticamente diventato una star: le ore libere alla ricerca dei Pokemon non gli bastavano più. Così ha deciso di licenziarsi e di continuare a girare la Nuova Zelanda alla ricerca dei mostricciattoli Pikachu & co che da qualche giorno a questa parte stanno facendo letteralmente impazzire mezzo mondo. E il padre si è anche detto orgoglioso di lui perché è diventato famoso. Vorrei sperare che entrambi siano stati ben pagati dalla Nintendo per creare un caso esemplare, d’altra parte pecunia non olet, perché diversamente i mostri da ricercare e magari da rinchiudere con due giri di chiave dovrebbero essere loro.

Non male anche quel sacerdote dell’Arizona tutto giulivo perché si è ritrovato nella sua chiesa una stazione dove acchiappare un Pokemon. “Sono felice perché questo contribuirà a riportare la gente in chiesa”. Certo, come no. Povero illuso. Se la gente è fuggita dalle chiese perché non le trova più attrattive per la loro anima questo spera che un pupazzetto virtuale, quindi inesistente, possa aiutarlo nell’opera.

Nella top ten delle notizie estive più lette quella della Pokemon go mania (leggere qui per capire di che cosa si tratta) è al terzo posto dopo la strage di Nizza e il fallito golpe turco. Con il colpo di stato il giochino a realtà aumentata della Nintendo condivide la caratteristica di farlocco e virtuale. Solo che non fa morti in strada e soprattutto la gente in strada ce la manda alla ricerca di mostricciattoli da accalappiare per salire di livello e esplorare altre zone della città o del Paese. Con la strage del camion sulla promenade ha in comune il mostro da cacciare, estirprare ed esorcizzare. Solo che il mostro islamico ci fa paura e ci blocca nelle reazioni, costringendoci a consolarci con palliativi. Più comodo un mostro a cui dare la caccia che non esiste.

Sui giornali è tutto un fiorire di elogi per questo gioco a realtà aumentata che sfrutta la geolocalizzazione per farti andare proprio dietro quel cartello stradale a compiere il tuo “catch”. E così in questa torrida estate ci barcameniamo tra le lacrime per le vittime di Nizza e dopo uno scroll rapido sullo smartphone usciamo di casa a cercare un Pokemon. Magari abbiamo appena postato una frase strappalacrime sulle vittime francesi, però una volta fatto il compitino non si può mica sempre stare a piangere…no?

Sembra il finale di the Truman Show, film indispensabile per capire dove siamo finiti. Una volta che Truman conquista la sua libertà il reality finisce. E le guardie giurate che stavano facendo la posta al garage rimangono con il Big Mac nella destra e il telecomando sulla sinistra: “Cambia canale và, che vediamo che c’è altrove”, dice l’uno all’altro. Forse se avessero uno smartphone oggi sarebbero in giro per la Grande Mela a cercare Pikachu.

E’ stato stimato che mediamente un giocatore trascorre 43 minuti della sua giornata a giocarci. Gli spin doctor pagati da Nintendo garantiscono che questo è il gioco del futuro perché mentre ti fa cercare il Pokemon ti fa fare ginnastica (cammini) e attività culturale e artistica (mentre cerchi i Pokemon devi recarti al museo, alla pinacoteca della città o appunto nella chiesa). E’ vero che molte volte si tratta di persone che non hanno mai visto un quadro dal vivo, ma sai che passo in avanti per l’umanità? Ve li immaginate? “Mentre cercavo un Pokemon mi sono imbattuto contro una statua. A Giuseppe Garibaldi, che qui dormì tre notti. La città riconoscente, pose.  Ma questo Garibaldi poi che faceva di così importante?”.

15 milioni di utenti in appena 3 giorni, 1 miliardo di dollari raccolti dalla Nintendo (il gioco è un’app gratuita, ma ti spinge a tirare fuori la carta di credito per acquisti collaterali). Numeri da paura, ma numeri appunto che finiranno nelle casse della casa giapponese in crisi da tempo per lo strabiliante successo delle Xbox e delle play station.

“Il Pokemon funziona perché ha un aspetto così famigliare, ci riporta ai nostri 20 e 30 anni”, dicono stuoli di giornalisti proni che in questi giorni hanno dovuto “spaginare” in ogni provincia per cercare i Pokemon della rispettiva città. Certo, basta che si sappia che anche questa è un’attività commerciale. Non stanno giocando per loro stessi con altri, per scoprire il senso di una relazione di amicizia, per cementarla o per temprarla, ma stanno giocando su comando di un altro. Che ha la faccia di un mostro. Stanno giocando perchè milioni come loro stanno facendo lo stesso gioco e si spingono sempre oltre perché sperano che questo li faccia sentire parte di una realtà che non riuciranno mai ad afferrare a piene mani. Perché è virtuale, come sono virtuali, perché non potranno mai instaurare con loro relazioni, gli altri che corrono in Central Park verso un simbolo ignoto.

Mentre il mondo islamico esplode di rabbia e odio nei nostri confronti un’intera generazione di Peter Pan incarna perfettamente l’immagine di un Occidente rattrappito che per la paura del suo futuro manda in strada una fiumana di bamboccioni alla caccia di mostri che non esistono. Quelli veri, i mostri dell’ideologia gender che sfascia l’infanzia, degli aborti, dell’islamismo che ci paralizza di paura e della solitudine che fa l’uomo in preda ai suoi più ferini istinti, meglio tenerli a bada nei post su Facebook, dove basta un “non mi piace” per fugare ogni spettro.

di Andrea Zambrano | Lanuovabq.it


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