Brescia. Tombe di bambini non nati profanate: chiesto il processo per due dirigenti del Comune

La giustizia sta facendo il suo corso per dare una risposta allo scempio che, nel 2021, fu messo in atto a Brescia, nel cimitero Vantiniano, dove circa 2.500 tombe di bambini mai nati furono rimosse. Oggi, a distanza di quasi tre anni dalla vicenda e dopo un anno e mezzo dall’inizio delle indagini, la procura di Brescia ha chiesto il rinvio a giudizio per due dirigenti del Comune di Brescia: la responsabile dei servizi cimiteriali e la dirigente del settore coordinamento amministrativo e servizi cimiteriali.

Secondo il pm Antonio Bassolino, le due dirigenti del Comune in concorso tra loro sono accusate di violazione di sepolcri, vilipendio delle tombe e vilipendio di cadavere. In tutto risultano essere ben 16 le famiglie come parti lese nel procedimento. Proprio dalla segnalazione dei genitori al Giornale di Brescia – che per primo diede la notizia – era emerso il caso.

Ricordiamo, infatti, che era l’ottobre del 2021 quando circa 2.500 tombe di bambini mai venuti alla luce venivano rimosse, senza avvisare i genitori, nonostante l’assessore Valter Muchetti parlò dell’esistenza di un avviso affisso nei giorni precedenti. Pro Vita & Famiglia, che denunciò la vicenda e lanciò una petizione (poi consegnata al sindaco di Brescia Emilio Del Bono nel gennaio del 2022), riportò anche la storia (pubblicata sempre dal Giornale di Brescia) di una mamma coinvolta nel caso e sconvolta per quanto accaduto. La donna, infatti, fece emergere il caso quando arrivando al cimitero non trovò «più le tombe dei bambini e quella di mia figlio», ma una serie di ossa umane nel terreno.

Quella dei cimiteri per accogliere i bambini mai nati è una drammatica – e triste – questione che in Italia va avanti da tempo. Nonostante ci siano delle apposite leggi che prevedono la sepoltura e questa possibilità anche quando un aborto avviene nelle prime settimane, spesso le donne non sono informate e ci sono poi le barricate delle associazioni abortiste o di chi vuole negare tale diritto, come sottolinea Maria Rachele Ruiu, portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus. «L’ideologia abortista – spiega infatti Ruiu – è così violenta e feroce che addirittura vuole negare il dolore delle donne che vogliono semplicemente un luogo dove piangere il proprio figlio morto. Evidentemente far seppellire un figlio alla propria madre significa riconoscere l’umanità del concepito, di quella vita nel grembo materno, e questo dà fastidio. Questa ingiustizia deve finire, bisogna informare correttamente le donne e bisogna arrivare a una svolta in tal senso, affinché tutti gli ospedali diano sempre notizia alle donne che abortiscono che c’è questa possibilità di seppellire, da legge, il figlio qualsiasi sia la settimana di gravidanza».

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