Ormai da qualche giorno nei social media non si parla d’altro che di “Blue Whale Challenge”. Alcune notizie di cronaca di queste ore da Palermo, passando da Pescara, a Trieste e un servizio su “Le Iene” hanno portato alla ribalta in Italia una pratica macabra nata sul social network, un “gioco” che mette come premio finale la morte stessa dei suoi partecipanti: la “Blue Whale Challenge”. Le notizie in merito sono tantissime e ormai in sostanza incontrollate, quindi è il caso di fare un po’ di chiarezza.
Con la sfida della “Blue Whale” s’intende una sfida online che ha lo scopo di condurre una persona psicologicamente debole al suicidio dopo aver affrontato 50 giorni di prove ben precise ordinate da un “curatore”. Il social network che ha veicolato tale pratica sarebbero Vkontakte, una sorta di Facebook molto popolare nei Paesi dell’Est e il ben più famoso Instagram, con l’uso di hashtag in lingua russa che riportano i riferimenti Blue whale.
Con questi riferimenti si chiede ai “curatori in ascolto” di poter iniziare la sfida e di essere contattati per dare inizio al gioco. Se il giocatore decide in seguito di ritirarsi, il curatore lo ricatta con delle minacce fisiche verso i famigliari della vittima. Secondo numerosi tabloid esteri, tale pratica ha provocato la morte di una decina di persone in tutto il mondo, ma ha anche sollevato numerosi interrogativi sulla veridicità dei fatti.
Per iniziare a comprendere bene il fenomeno, basta capire il motivo della scelta del nome di quest’orribile sfida: Blue Whale ovvero “balena azzurra”. Come mai si è scelto questo mammifero?
La “scelta del suicidio” delle balene è solo una leggenda letteraria, giacché la balena azzurra è uno dei tanti cetacei che a causa della perdita dell’orientamento o delle forti correnti oceaniche, tante volte si ritrova spiaggiata, finendo i suoi giorni prematuramente per disidratazione o soffocamento. Ma vi sono anche alcune fonti prettamente narrative, ben lontane dalla divulgazione scientifica, che attribuiscono a questi cetacei la volontà del suicidio coincidente con quello dello spiaggiamento. Quindi, sappiate che le balene azzurre in realtà e per natura, hanno solo una gran voglia di vivere, proprio come tutti i mammiferi. L’ipotesi del suicidio è solo materiale da romanzo.
Tornando alla sfida della “Blue Whale”, è molto probabile che questa storia sia nata come una leggenda metropolitana da condividere col copia-incolla online e ben confezionata per gli amanti del brivido, ma è diventata ben presto una reazione a catena diabolica.
Superata la soglia della leggenda metropolitana, qualche esaltato, ha pensato di usare la pratica della Blue Whale, sfruttando la debolezza di qualche adolescente e l’interesse di ogni uomo affascinato dall’occulto, dal mistero, dal soprannaturale e dalla morte. Mai come oggi possiamo dimostrare l’interesse morboso del pubblico per i fatti di cronaca nera. Dunque, i numeri ufficiali dei casi legati alla Blue Whale dimostrano che dietro questo gioco c’è qualcosa di allarmante.
In Russia, paese dove sembra sia nato il fenomeno sulle pagine del social VKontakte, i casi ufficialmente seguiti dalla polizia e attribuiti alla pratica sono circa 15, ma solo 3 di questi trovano riscontro presso gli organi di informazione attendibili, come riporta un’analisi del Siberian Times. Il primo caso è quello di Rina Palenkova, una ragazza appartenente a un gruppo di sostegno morale per giovani, nato su un forum specializzato. Come vedremo tra poco, la sua morte è stata sfruttata da alcuni loschi personaggi per far leva su altre persone in quest’ambiente fragile e bisognoso d’attenzione, con lo scopo di lucro.
Le altre due vittime accertate sono Yulia Konstantinova, 15 anni, e Veronika Volkova, 16 anni. Le indagini hanno permesso di scoprire che le due ragazze appartenevano allo stesso gruppo online e che avevano lasciato alcuni indizi direttamente riconducibili alla “Blue Whale Challenge” come episodi di autolesionismo documentati con materiale fotografico, hashtag riferiti alla sfida e infine un video che riprende i loro ultimi istanti di vita.
L’intera vicenda è supportata dall’arresto di uno degli ideatori o “curatori” – come viene identificato all’interno del gioco – Philipp Budeikin, noto sul web col nome di Filip Lis, accusato di aver creato tra il 2013 e il 2016 otto gruppi su VKontakte inneggianti al suicidio, con lo scopo iniziale di monetizzare facendo crescere il numero degli iscritti alle sue pagine e per far conoscere un marchio di lingerie, come afferma in un’intervista al lenta.ru. Come potete immaginare, lo sfruttamento incontrollato del fenomeno, degli hashtag #f57 #blue_whale e la cattiveria di altri individui, hanno fatto il resto.
La lista delle regole dei 50 giorni” prima del suicidio, l’isteria di massa, il conseguente proliferare di gruppi che scimmiottano la pratica e il sensazionalismo di alcune testate hanno provocato un eco senza precedenti, collegando anche alcuni casi di suicidio che in realtà hanno poco a vedere col fenomeno, proprio com’è avvenuto in Italia nei mesi scorsi.
Ci sono casi preoccupanti in Italia, a incappare nella rete è stata una minorenne pescarese salvata però all’ultimo momento, e ora ricoverata al reparto di neuropsichiatria dell’ospedale pediatrico ‘Salesi’ di Ancona. Nel capoluogo dorico è arrivata in eliambulanza nella giornata di mercoledì. Tragedia sfiorata, la giovane si era iscritta al ‘Blue Whale’ circa due mesi fa ed era giunta al cinquantesimo giorno nonché al cinquantesimo e ultimo livello richiesto, quando cioè arriva il tempo che la balena (in questo caso la vittima adescata su internet) si arena sulla spiaggia per lasciarsi morire. L’ultimo livello consiste, però, nel lanciarsi nel vuoto, dall’ottavo piano di un edificio.
Una tragedia evitata solo perché a salvarla sono state le amiche che si sono accorte di come la 13enne si procurasse ripetutamente lesioni al braccio, provocandosi dei tagli che rispettavano, purtroppo, le modalità descritte e volute dall’ideatore di questo macabro gioco. Le amiche, che conoscevano l’esistenza del Blue Whale, sono quindi riuscite ad avvisare i genitori della ragazzina appena in tempo, nel giorno in cui la tredicenne avrebbe dovuto gettarsi dalla finestra e farla finita.
La ragazzina è stata portata ad Ancona perché al ‘Salesi’ è in funzione un reparto specifico per la neuropsichiatria infantile. Le sue condizioni sono al momento stabili, anche se presenta piccoli tagli sul corpo che non sarebbero per fortuna preoccupanti.
Purtroppo la potenza della pubblicità può essere distruttiva, soprattutto quando vi è il rischio concreto di emulazione di questa pratica. A tale scopo abbiamo evitato di riproporre alcune immagini terrificanti dei casi raccontati o di scendere nel dettaglio della pratica della Blue Whale, come l’elenco delle regole del gioco, al fine di ridurre il cosiddetto “Effetto Werther”, in altre parole l’effetto di una notizia di un suicidio pubblicata dai mezzi di comunicazione, che potrebbe provocare emulazione da parte della società.
L’intera vicenda è un po’ inquietante, ha alcuni tratti da film horror. Ricalca le posizioni di chi è dominante, di chi si pone in una condizione di vittima. Anche se alcuni indizi suggeriscono che si tratti di una bufala, resta comunque inquietante e deve porci in uno stato di allerta e di grande attenzione, soprattutto verso la sofferenza dei giovani. Inoltre l’intero caso ci fa ricordare come la Rete sia un mezzo potentissimo, nel male come per il caso della Balena Blu, ma anche nel bene, grazie alla possibilità di garantire l’espressione individuale. Dopotutto sappiamo quanti giovani pubblicano i loro video su YouTube.
La Rete va dunque sfruttata in questo senso, anche se noi esseri umani siamo abituati a pubblicare solo cose belle su Facebook, creando un po’ una realtà che è un mito. A giudicare da quello che si vede online procede sempre tutto bene e chi è triste passa perché ha “problemi”, ma in realtà non è così. Se ti senti triste sei perfettamente nella media, nella giornata media di una persona normale che ha alti e bassi e che ha un fluire di emozioni. Questo è uno degli inganni della Rete, di non raccontare tutto in fondo e di raccontare solo il bello, ma è anche una caratteristica umana che abbiamo a prescindere dalla Rete. Dopotutto, i nostri selfie sul cellulare sono tutti belli, non si conservano mica quelli spiacevoli. L’importante è rimanere attenti agli stimoli e restare vigili.
Avendo acquisito tutte queste informazioni la domanda più importante che deve porsi un Cristiano, è: Che cosa dice la Parola di Dio su tutto ciò che ci coinvolge direttamente o indirettamente in rete?
“Io sono il Signore, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avere altri dei oltre a me. Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il Signore, il tuo Dio, sono un Dio geloso; punisco l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso bontà fino alla millesima generazione, verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti”. (Esodo 20:2-6).
Ho voluto citare soltanto alcuni versetti che imporrebbero a ogni Cristiano di evitare categoricamente di avere a che fare con trovate di personaggi come Philipp Budeikin, ideatore di Blue Whale che non dopo essere stato arrestato, dichiara di non pentirsi di ciò che ha fatto, anzi afferma: “Un giorno capirete tutti e mi ringrazierete”. Ecco quindi un chiaro seguace di satana! Purtroppo di trappole come quella della balena blu ce ne sono tante in rete; già non appena collegati, ci si trova di fronte ad un mondo attraversato da un filo sottile tra il virtuale e il reale, dove ogni anima viene e spinta a promuovere la propria immagine educandola alla vanità, alla seduzione, all’innalzamento del proprio Io. Non dimentichiamo che i social sono solo un grande contenitore sociale e come tale può essere utilizzato per cose diaboliche o per cose edificanti, dipende tutto da noi, maneggiamolo con cura!
Se pensiamo che i nostri figli abbiano accesso libero a questa Sodoma cadendo spesso nelle trappole di mostri come quest’essere ignobile, al servizio del nemico, non possiamo fare altro che invocare il Santo nome del Signore dicendo: “LIBERACI DA QUESTO MALE”, ma voglio sottolineare un aspetto positivo che ne estrapoliamo fuori da questo marasma; come sappiamo, il nostro Dio è talmente immenso che anche dalle tenebre più oscure sa trarne fuori la luce, e non per niente nell’antichità era chiamato il Dio degli eserciti perché quando c’è da combattere il male Egli sa come fare e per l’azione irresistibile dello Spirito Santo manda i suoi Figli a immergersi in questo inferno per affrontare a viso aperto il diavolo che governa la rete e diffondere con efficacia l’Evangelo contrapponendo alla perversità la Sacra Parola di Dio che illumina ogni anima che ne riceve la Luce; Dio vi benedica!
Pietro Proietto | Notiziecristiane.com
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