Bangladesh: scegliere la povertà richiede enormi sacrifici!

imagesHanno indossato i loro vestiti migliori. Le cravatte dimostrano che prendono sul serio questo corso. In totale ci sono cinquanta uomini nella sala. Le loro penne si muovono velocemente sulla carta: non vogliono dimenticare niente di ciò che viene detto dall’uomo davanti a loro. Hussein del Bangladesh è uno dei partecipanti. E’ pastore e anche un ex musulmano, come tutti gli altri uomini che insieme a lui seguono un corso di approfondimento teologico di Porte Aperte. Oggi la sua passione è quella di condividere il Vangelo.Insieme si godono 5 giorni di formazione, vitto e alloggio offerti dalla  missione “Porte Aperte”. Avederli, questi uomini stanno bene. Guardandoli più da vicino, però, si vede che sotto le cravatte ci sono camice con i buchi. I pantaloni sono lisi sulle ginocchia e sfilacciati. A dire il vero, i vestiti migliori di questi pastori del Bangladesh sarebbero da buttare in una pattumiera, ma non hanno altro. Essere pastore in Bangladesh è una grande sfida. “Diventando cristiano ho perso tutto“, dice Hussein. Abita in un villaggio dove quasi tutti sono poveri, ma la gente riesce a tirare avanti perché hanno familiari e parenti che li aiutano. I figli adulti abitano con le loro mogli presso i genitori. Così i genitori hanno un’assicurazione per la vecchiaia e i figli hanno un pezzo di terreno su cui una famiglia riesce a coltivare cibo appena sufficiente per tenersi in vita.

Lasciando l’islam e diventando cristiano, però, si perde del tutto questa sicurezza. “Seguire il Signore Gesù per noi significa scegliere la povertà. Diventando cristiani, veniamo diseredati e perdiamo la nostra terra“, spiega Hussein. Ciò vale per tutti i pastori che, come Hussein, seguono il corso. I membri delle loro comunità sono troppo poveri per poter sostenere il loro pastore. Perciò anche Hussein deve lavorare duramente per guadagnare e procurare il cibo alla sua famiglia. “Anche i miei figli soffrono. In Bangladesh tutti i bambini da sei anni in su devono frequentare la scuola. A quel punto comincia la battaglia. A scuola i bambini cristiani vengono messi in fondo alla classe. L’insegnante li deride perché sono cristiani ed esorta gli altri allievi a mortificarli. Spesso i miei figli vanno a scuola piangendo e tornano a casa piangendo“. Mentre Hussein ne parla, le lacrime gli riempiono gli occhi.

Cinque giorni di corso significano per Hussein la perdita di cinque giornate lavorative in cui non può aiutare a procurare il cibo per i suoi. La moglie e i figli stentano a vivere in quei cinque giorni, ma lo fanno e sostengono moralmente Hussein. Lo hanno lasciato andare con l’incarico di imparare qualcosa di utile per la comunità e per il Regno di Dio.

La Bibbia
Che forza enorme dimostrano! E’ impressionante e una sfida vedere quanto questi fratelli e sorelle sacrificano per il Signore Gesù. Nel loro caso, scegliere Gesù non comporta benessere e una vita agiata. Comporta invece rinunciare alla posizione sociale e alla sicurezza. E’ una scelta di povertà. Per loro valgono le parole di Gesù: “Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo hanno dei nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo“. Si paga un prezzo elevato per lavorare come pastore e per seguire un corso come questo. Perciò Hussein si concentra al massimo e cerca di cogliere il più possibile dalle lezioni.

Un Dio vicino
I cristiani come Hussein e i suoi cari rinunciano a tutto: alla famiglia, a una casa, a cibo sufficiente, al denaro. Sicurezza e certezze non sono più scontate. Durante il corso analizziamo il Salmo 23: “L’Eterno è il mio Pastore, nulla mi mancherà“. Quando chiedo cosa significhi per loro, la risposta non si lascia attendere. Questi pastori sperimentano ogni giorno la realtà di questo versetto. Alla fine della giornata gli uomini come Hussein spesso non hanno niente, né cibo per nutrire le loro famiglie, né soldi per comprare indumenti. Tuttavia testimoniano che Dio provvede sempre. A volte si presentano persone alla loro porta che donano indumenti o del cibo. Hussein considera tutto questo un miracolo di Dio. Egli dipende completamente da Lui e vede che non gli manca nulla.


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