Un tempo si chiamava la «tv dei ragazzi» ed era un impegno che le maggiori stazioni televisive avevano verso il pubblico dei più piccoli. Oggi che le reti ammiraglie l’hanno abbandonata, è stata relegata in una sorta di riserva indiana. È il variegato mondo dei canali tematici per l’infanzia che grazie al satellite e al digitale terrestre si sono moltiplicati ma che possono lasciare a desiderare per proposte, idee e valori.Di fatto il baby telecomando fa i conti con una «crisi di crescita»: a fronte di un elevato numero di marchi, non si riscontra un’analoga qualità dei contenuti. Anzi, i palinsesti hanno una «forte ripetitività», si ricorre a format per lo più stranieri, circolano le stesse trasmissioni e si recuperano titoli vintage per «ingaggiare anche la platea dei genitori». Inoltre si preferisce guardare all’intrattenimento piuttosto che all’educational. Sono le conclusioni a cui giunge lo studio «Televisione e infanzia» che passa al vaglio l’offerta televisiva per bambini in Italia. Un’analisi promossa da «Focus in media» della Fondazione per la sussidiarietà che è stata realizzata dal Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università Cattolica e che stamani viene presentata a Milano.
Non è un campanello d’allarme quello che il dossier fa suonare. È, invece, un invito a non considerare le reti per i più piccoli come un «giardino protetto». Anche perché gli ascolti dimostrano che i ragazzi non guardano solo le «loro» tv. Anzi, fra i 4 e i 7 anni, i canali più visti sono Canale 5 (10,3%) e Italia 1 (9,2%). Lo stesso accade fra gli 8 e i 14 anni: le prime tre stazioni sono Italia 1 (15,2%), Canale 5 (12,6%) e Raiuno (8,8%). Non per nulla lo studio sottolinea il «processo di disinvestimento» da parte dei grandi canali generalisti che «hanno sacrificato gli spazi dedicati al pubblico dei più giovani». Una data significativa è quella dell’11 settembre 2010 quando su Raitre viene smantellata la Melevisione. Un addio compensato oggi soltanto da Raidue e Italia 1 che mandano in onda segmenti mattutini per i più piccoli (dai cartoon sulla tv di Stato alle sit-com su Italia 1).
Espulsi dalle reti più seguite, i programmi dell’infanzia si trovano «all’interno di aree targettizzate». Sono i ventidue canali per ragazzi che vanno in onda in Italia. Una cifra che colloca la Penisola ai vertici della classifica europea per quantità di offerta, insieme con Regno Unito, Spagna e Germania. Certo, appena sette sono gratuiti ed entrano nelle case col digitale terrestre: Rai Yoyo, Rai Gulp, Boing, Cartoonito, K2, Frisbee e Super!.
A questi si aggiungono i canali a pagamento di Mediaset Premium (Disney Channel, Disney Junior e Cartoon Network) sempre sul digitale e i tredici satellitari di Sky (dai Disney a DeAKids) che vengono abbinati ai due in arabo di Al Jazeera. Proprio la massiccia presenza della pay tv è considerata una «criticità» dal dossier che parla di tv per ragazzi a «due velocità»: il «differenziale» è dato dal fattore «economico-culturale» che divide le famiglie fra quelle che hanno solo il digitale terrestre e quelle che possono permettersi un abbonamento con «contenuti più originali e creativi».
I canali hanno pubblici diversi. Sette sono per bambini dai 3 ai 6 anni, vale a dire la fascia pre-scolare. Il tratto saliente è l’animazione. Basta considerare le proposte Disney. Ma soprattutto la Rai, con YoYo, punta verso altri lidi seppur affidandosi a programmi «legittimati e storicizzati»: da L’albero azzurro a Le storie di Gipo. Ed è questa l’offerta migliore nel panorama italiano della children tv, secondo la ricerca. Viene valorizzata la dimensione educativa che privilegia l’interazione (la Melevisione sul versante dell’emittenza pubblica o Indovina con Jess sugli spazi Disney) oppure ci sono format della tradizione tv statunitense (con JimJam).
Più complessa la programmazione dei quattordici canali per ragazzi da 7 a 14 anni (la fascia scolare). Qui l’offerta è basata in gran parte sull’intrattenimento. Due sono le declinazioni: una è quella del divertimento «sicuro», chiarisce l’indagine. «Di fronte a una società a rischio si propone alle famiglie, dietro il pagamento di un abbonamento, un patto fiduciario garantito dal marchio»: è quanto si riscontra nei canali Disney e in Nickelodeon.
Con una possibile controindicazione: i genitori vedono nella tv protetta una baby-sitter. Altra strada imboccata dai canali tematici è l’«evasione pura» che unisce animazione e trasmissioni in studio. Su quest’ultimo fronte il dossier evidenzia una preoccupazione: si tratta talvolta di format per gli adulti che vengono riformulati a misura di più piccoli. È il caso dei talent show o dei tutorial che hanno al centro l’abbigliamento o l’arredamento: succede con Camilla Store su Super! o Accademia Nuovi Talenti su Disney Channel. Occhio anche alle sit-com: alcune presentano dimensioni costruttive (il nucleo familiare è al centro di La famiglia di Gionni, la serie per imparare l’inglese su DeAKids), mentre la voglia di successo prevale nella soap Victorious su Nickelodeon. Comunque, avverte lo studio, la famiglia e la scuola hanno risalto nella tv italiana per ragazzi con il loro carico antropologico essenziale per la crescita.
Ai margini della programmazione resta chi ha meno di 3 anni e può contare su una sola rete: BabyTv nel pacchetto Sky. Inoltre mancano canali per gli adolescenti. «È come se il mondo adulto denunciasse una carenza di risorse simboliche o di progettualità educativa in grado di far fronte alle particolari esigenze di questa fase biografica», segnalano i ricercatori.
I programmi che vanno in onda sono dominati da prodotti statunitensi che coprono la metà dei palinsesti. E l’Italia è in coda fra i Paesi europei per trasmissioni nazionali: appena il 5% contro il 19% della Gran Bretagna e il 17% della Francia. Il dossier ricorda, ad esempio, che la Rai spende un quinto dell’inglese Bbc per la tv dei più piccoli. E anche reti come Disney Channel o Nickelodeon hanno ridimensionato nelle ultime stagioni le produzioni locali. È una strada in discesa perché, si legge nel rapporto, i format stranieri sono «facilmente esportabili» ma adottano «modelli narrativi chiusi e poco partecipativi». La conseguenza è l’«omologazione» col «rischio di un appiattimento dei contenuti» che passa anche dal vasto uso di prodotti storici (da Barbapapà alle serie I Robinson o I Jefferson).
Sul versante degli ascolti, i canali per ragazzi allargano la loro platea. Come a dire che nell’era della Rete la tv continua a fare presa e conquista nuovi baby spettatori. La classifica delle reti in chiaro più seguite vede al primo posto Boing (il canale per età scolare frutto dell’alleanza Mediaset-Turner con 106mila spettatori al giorno) e al secondo posto Rai YoYo (canale per l’infanzia con 79mila spettatori). Fra le stazioni pay le prime posizioni sono occupate da Nickelodeon (13mila spettatori) e Disney Channel (11mila).
Da Avvenire.it
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