Ogni anno, più di diecimila persone attraversano il territorio dello Yemen per raggiungere l’Arabia Saudita, ma vengono catturati da gruppi armati, derubati, sottoposti a torture e costretti a pagare una “tassa” per essere rilasciati. “Le risorse economiche del Paese e il supporto delle istituzioni internazionali non sono sufficienti per affrontare questo fenomeno di immigrazione”.
San’a (AsiaNews/Agenzie) – Sintayehu Beyene è uno dei tanti etiopi che ha lasciato il suo Paese per raggiungere clandestinamente l’Arabia Saudita, ma è finito prigioniero di trafficanti di esseri umani nello Yemen. È stato picchiato e detenuto per nove giorni con altre 30 altre persone, e costretto a consegnare tutti i soldi che aveva con sé prima di essere rilasciato.
Ogni anno sono migliaia le persone che dall’Africa cercano di raggiungere clandestinamente l’Arabia Saudita e i paese del Golfo, passando per lo Yemen, in cerca di benessere economico.
I migranti che raggiungono lo Yemen, passano giorni in viaggio via terra o via mare in condizioni umane al limite del sopportabile, e arrivano infine a Haradh. I gruppi armati pagano ai ‘trasportatori’ una cifra che può variare dai 98 ai 390 euro a persona. Una volta approdati sulle coste yemenite vengono consegnati nelle mani di questi gruppi, spesso dopo un’attesa di ore sotto il sole, senza cibo né acqua.
Dopo essere stati presi in consegna dalle organizzazioni criminali, i migranti vengono fatti stazionare in piccoli campi allestiti nelle zone desertiche nei dintorni di Harath. Le regole sono chiare: se i migranti non pagano una ‘tassa’ ai trafficanti, non potranno raggiungere il confine con l’Arabia Saudita.
I migranti che non possono, o non vogliono, pagare la suddetta ‘tassa’, vengono rinchiusi in condizioni terribili. Sottoposti a torture, privati dei propri pochi averi personali, molti di loro vengono costretti a chiamare familiari o amici per farsi inviare la somma richiesta dai trafficanti.
In un articolo del 2 giugno, Bloomsbury cita un’intervista a Wondiya Goshu, 31 anni. Egli racconta di aver lasciato l’Etiopia lo scorso anno per raggiungere l’Arabia Saudita. Gli yemeniti lo hanno rapito dalla barca, poi hanno contattato i suoi amici e i suoi parenti per chiedere un riscatto di 685 euro. Egli racconta di essere rimasto per 28 giorni con altre 60 persone in un campo pieno di pidocchi, sopravvivendo con acqua tiepida e piccole porzioni di riso.
In una relazione pubblicata a maggio dal titolo “Yemen’s torture camps: abuse of migrants by human traffickers in a climate of impunity”, Hrw (Human Rights Watch) afferma che i campi di traffico sono vicini alla città di Haradh; in alcuni di essi funzionari governativi collaborano con i contrabbandieri in una attività che può alimentare l’80% dell’economia del territorio. “I funzionari avvertono i trafficanti di imminenti raid, li liberano dalle prigioni quando vengono arrestati, e in alcuni casi, li aiutano a catturare e detenere i migranti”.
Il numero di migranti africani nella città settentrionale yemenita di Haradh è aumentato di 10 volte tra gennaio e marzo.
I migranti che raggiungono via mare lo Yemen da Dijbouti o dalla Somalia è aumentato del 56% rispetto al 2013. Secondo il Rmms (Regional Mixed Migration Secretariat) con sede a Nairobi, l’82% dei migranti sono etiopi.
Hamid Alawadhi, vice-ministro degli esteri yemenita per gli affari politici, afferma: “Il trattamento degli etiopi nello Yemen non è stato discusso nel corso di un recente incontro tra funzionari governativi delle due nazioni. Il governo prende il rapporto del Hrw molto seriamente, inoltre ha formato un comitato dove tutte le autorità saranno chiamate a discutere di queste accuse”. Egli poi aggiunge che il sostegno delle istituzioni internazionali e le risorse economiche del Paese non sono sufficienti per affrontare questo flusso di migranti.
Tratto da: http://www.asianews.it/
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