Ogni essere umano ha la tendenza a ricercare relazioni che soddisfano, che appagano che riproducono quella esperienza iniziale dell’amore accogliente della madre verso il proprio figlio.
Gran parte della cultura psicologica e psicopatologica, nelle loro ricerche, hanno da tempo studiato come gran parte delle disfunzioni comportamentali e psicologiche sono in relazione alle prime esperienze di amore vissuto. Esperienze che entrano nella dicitura di relazione intima. Il traguardo di ogni uomo che tende alla dimensione dell’equilibrio, della serenità, dello stare bene e in pace con se stessi è proprio la capacità di essere in intimità. Il valore dell’intimità è evidenziato dal cristiano nell’intimità con il Signore: Il Signore dice: “Figlio mio, dammi il tuo cuore, e gli occhi tuoi guardino le mie vie” (Pr 23: 26). Questo significa che ognuno deve potere avere una fonte di affidamento certa e sicura per la quale concedersi, affidarsi e avere fiducia nella profonda intimità. Oggi più che mai le relazioni mancano del sale che le alimenta; l’intimità (vedi articolo di P. Riccardi “La recita dell’intimità del 23 marzo 2018, in notiziecristiane.com). Inutile frequentare corsi e stage dove assicurano il sano comportamento, ma quando a specificare cosa significa “sano comportamento” il pensiero corre all’obiettivo. Nella dicitura di una certa psicologia del lavoro, dello sport, dei metal coach, dei mental trainer si parla di goal setting. Si afferma, in essa, che il successo derivi da un sano comportamento che consiste in una adeguata strategia di goal setting, ovvero di sapere definire e centrare gli obiettivi. Gli obiettivi diventano la fonte principale di motivazione del comportamento. Sebbene questo ragionamento possa essere utile nelle prestazioni sportive non lo diventa nella vita quando per esempio centrare l’obiettivo annulla l’altro, la relazione ma soprattutto non lascia spazio all’intimità. Più volte ho dovuto constatare come per seguire il successo, il prestigio, il potere non si considerano i valori della famiglia, delle relazioni autentiche e intime. Gli obiettivi da raggiungere diventano, in una cultura della prestazione, il nuovo idolo. Farsi una carriera, una famiglia una posizione sociale possono diventare idoli se surrogati di una inquietudine esistenziale. Se una persona fonda il proprio esistere sulla carriera, vive per essa e, investe le sue energie per essa. Quando raggiunge l’obiettivo si riposa, trova quiete ma può non sentirsi soddisfatto. Di fronte ad una vita autentica non c’è scappatoia in obiettivi e goal setting assunti a come idoli “Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù ne’ cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra; non ti prostrare dinanzi a tali cose e non servir loro, perché io, l’Eterno, l’Iddio tuo (Esodo 20:4-6).
Mi piace, come psicologo e psicoterapeuta ma soprattutto come cristiano citare il rabbino ebreo Hillel (Babilonia, 60 a.C. circa – Gerusalemme, 7) che in punto di morte era sorridente e il suo discepolo incredulo gli chiede: «maestro ma sei in punto di morte e sorridi? Risponde: si perché dopo tutto Dio non mi chiederà se nella vita mi sono comportato come Mosè, ma se sono stato me stesso».
Pasquale Riccardi | Notiziecristiane.com
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