Un comunicato Ansa di oggi, 4 settembre, ci rende nota la “storica” sentenza del Tribunale dei minorenni di Bologna che dopo aver ammesso che una donna di Parma adottasse (stepchild adoption) la figlia della compagna nata da fecondazione artificiale ottenuta con sperma comprato, ha dato alla medesima bambina il cognome di entrambe le donne. All’origine della vicenda legale il provvedimento del Sindaco che ha registrato la nascita all’anagrafe.
Perché “il cognome è una parte essenziale e irrinunciabile della personalità”, scrive il giudice.
Il cognome, certo.
E il padre?
Qui non si tratta di un padre morto o fuggito, che da qualche parte sta o stava. Qui si tratta di un padre che non è mai esistito di cui quella bambina soffrirà per sempre l’assoluta assenza.
Ne soffrono i figli della fecondazione artificiale ottenuta da coppie eterosessuali, che comunque un padre legale ce l’hanno. Ne soffrirà ancor di più questa bambina.
Ma il suo diritto ad aver un padre non conta. Conta solo il “diritto” di quelle due donne ad avere un figlio.
Per quanto i giudici si affannino, però, quella bambina nella realtà sarà sempre e solo figlia di una madre. La seconda donna non sarà mai un’altra madre e tanto meno un padre.
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