Assunti solo i medici abortisti: la democrazia che discrimina i nemici della dittatura relativista

Questa volta il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, ha vinto. Impegnato nella diffusione dell’aborto senza se e senza ma, e quindi nella battaglia contro gli obiettori di coscienza, è riuscito a chiudere un bando di concorso per l’assunzione di medici esclusivamente abortisti. L’ospedale san Camillo-Forlanini di Roma, superando resistenze e ricorsi, ha quindi assunto due medici proprio perché disposti a uccidere i bambini nei grembi materni, con tanto di commento del direttore ospedaliero, Francesco d’Alba, per ricordare che “se chi ha vinto il concorso farà obiezione nei primi mesi dopo l’assunzione, potrebbe rischiare il licenziamento, perché sarebbe inadempiente rispetto al compito specifico per cui è stato chiamato”. Siamo dunque all’assurdo in cui un medico, che dovrebbe essere assunto per le sue capacità di cura, viene reclutato al solo scopo di uccidere.

Ma Zingaretti non è nuovo alle battaglie radicali, dato che già nel 2014 aveva emanato un decreto in cui obbligava tutti i medici obiettori a rilasciare certificati per l’aborto, raggirando di fatto l’obiezione di coscienza tutelata dalla legge (come ha ricordato ieri il centro studi Livatino chiedendo un intervento del governo). Il consigliere regionale Olimpia Tarzia e altre associazioni avevano quindi sollevato le loro obiezioni di fronte al Tar, che poi aveva dato ragione al governatore. L’anno successivo, però, il decreto era stato sospeso dal Consiglio di Stato che, al ricorso in appello, aveva risposto riaffermando il diritto degli obiettori.

Senza darsi per vinto e forte del richiamo del Comitato europeo dei Diritti Sociali, organo del Consiglio d’Europa (l’anno scorso aveva accolto il ricorso della Cgil, per cui i medici non obiettori erano pochi e si sobbarcavano troppo lavoro, dichiarando che L’Italia “viola il diritto alla salute delle donne”) Zingaretti ci aveva riprovato aprendo nella primavera del 2016 il concorso per l’assunzione dei soli abortisti, questa volta ottenendo ciò che voleva. In effetti, oltre alla menzogna sul numero crescente di obiettori e sul carico di lavoro degli abortisti smentiti dai dati ministeriali (dai 3,3 bambini uccisi settimanalmente negli anni Ottanta da ogni medico abortista, si è passati a 1,4), bisogna riconoscere che quanto sta avvenendo nasce dal ribaltamento dell’impianto legislativo democratico, anche se tramite processi democratico-giuridici. Come dimostra anche la recente legge francesce in cui, in nome della legalità dell’omicidio dei figli in grembo, è stato stabilito il divieto di diffondre informazioni anti abortiste.

Motivo per cui il problema non deve essere tanto quello di dimostrare che l’accesso all’aborto in Italia è garantito, bensì di continuare a spiegare perché l’aborto non può essere contemplato dalla legge. Infatti, quello a cui stiamo assistendo è senza dubbio l’esito normale e ultimo di una democrazia che ammettendo l’aborto, e quindi privandosi del fondamento nella legge naturale oggettiva e riconoscibile dalla ragione di ogni uomo, è destinata a degenerare in una dittatura della maggioranza al potere. Non a caso papa Benedetto XVI chiamava una tale democrazia “dittatura del relativismo” o “intolleranza dei tolleranti”, mostrando il paradosso quanti in nome della difesa di ogni opinione, poiché non esiste verità, diventano incapaci di accogliere quella di chi pensa al contrario che la verità esista. Perché lasciare spazio anche a quest’ultima “opinione” significherebbe accettare la presenza di un argine all’impianto ideologico relativista necessario allo Stato per imporsi. Lo spiegò sempre il papa nell’Udienza generale del 16 giugno 2010: “Quando la legge naturale e la responsabilità che essa implica sono negate si apre drammaticamente la via al relativismo etico sul piano individuale e al totalitarismo dello Stato sul piano politico”.

Dunque i nemici di questa nuova forma di dittatura, che non ha nulla da invidiare a quelle precedenti, anzi è più pericolosa in quanto subdola, non possono che essere tutti coloro che si rifiutano di fare del male perché riconoscono un bene da perseguire. E quindi anche tutti i cristiani fedeli al Vangelo. Non a caso già nel 2001, in “Dio e il mondo. Essere cristiani nel nuovo millenio”, un autorevole rappresentante della chiesa profetizzò così sul relativismo: “Credo che questo sia un pericolo reale. Certo, i cristiani non sarebbero apertamente perseguitati; sarebbe una cosa troppo di altri tempi, poco elegante. No, bisogna essere tolleranti, aperti a tutto. Ma poi ci sono cose che vanno decisamente escluse, etichettate come fondamentaliste, anche laddove si può invece trattare di vera fede. Penso che si possa creare una situazione in cui occorrerà opporre resistenza, resistenza a una dittatura di tolleranza apparente che vuole mettere fuori gioco lo scandalo della fede liquidandolo come intollerante”. Dunque, non c’è alternativa se non quella di resistere e denunciare il potere, come ha fatto, fa e chiede anche noi Gesù.

di Benedetta Frigerio | Lanuovabq.it

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