Gli esperti delle Nazioni Unite parlano di popolazioni derubate dei mezzi di sussistenza. Ad acuire il problema fenomeni come “la desertificazione e il cambiamento climatico”. Ogni anno vanno perduti almeno due milioni di ettari. Almeno 400 milioni di ettari in condizioni critiche. Nel Sud-est asiatico preoccupa il disboscamento illegale.
Ulaanbaatar (AsiaNews/Agenzie) – Le nazioni della regione Asia-Pacifico non riescono a frenare la perdita progressiva di foreste naturali e di aree dedicate ai pascoli. A lanciare l’allarme sono gli esperti dell’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), secondo cui le popolazioni sono sempre più derubate dei loro mezzi di sussistenza. Ad acuire il problema, avvertono, si aggiungono altri fattori quali “la desertificazione e il cambiamento climatico”. Patrick Durst, alto funzionario Fao, conferma che foreste e pascoli ricoprono il 58% circa del territorio, ma ogni anno almeno due milioni di ettari (circa 20mila km2) si degradano o sono resi inutilizzabili.
Nei giorni scorsi si è tenuta una conferenza sul cibo e sull’alimentazione a Ulaanbaatar, capitale della Mongolia, durante la quale è emerso con forza il problema della deforestazione. In tutta la regione Asia-Pacifico, circa 400 milioni di ettari (pari a 4 milioni di km2), un’area pari alla somma dei territori di India e Myanmar, si presenta in condizione critiche e necessita di intervento immediato. “Possiamo già osservare – aggiunge Durst – i primi impatti negativi”.
In Cina e in Mongolia lo sfruttamento eccessivo dei pascoli e una cattiva gestione del territorio hanno spinto sempre più persone ad abbandonare la pastorizia, in cerca di un lavoro nelle città che crescono a ritmi sempre più vertiginosi. La perdita di prati ha contribuito alla desertificazione che, di riflesso, comporta un aumento delle tempeste di sabbia che trascinano in granelli fino al Canada.
Nel Sud-est asiatico, invece, è fonte di allarme il fenomeno crescente del disboscamento illegale, la crescita incontrollata di aree agricole (sottratte alla foresta) e l’urbanizzazione selvaggia. Studi del Wwf mostrano che la regione del Mekong ha perso almeno un terzo delle foreste negli ultimi decenni, anche se va evidenziata una parziale inversione di tendenza dal 2009 a oggi. Il recupero di aree boschive e prati, avverte il funzionario Fao, garantirebbe “enormi benefici” a livello ambientale, sociale ed economico; per raggiungere l’obiettivo è però necessaria una forte volontà politica e il rispetto rigoroso delle leggi.
Secondo l’analisi della Fao, negli ultimi anni India, Cina e Vietnam hanno promosso programmi di riforestazione nelle aree di maggiore rischio; tuttavia, a fronte di foreste con una notevole varietà di alberi e piante sono state piantate singole specie con chiare finalità commerciali, come palme da olio e gomma. Per citare un esempio, nella provincia cinese dello Yunnan restano meno del 10% delle foreste naturali e gli alberi piantati di recente non sono in grado di regolare al meglio il flusso delle acque sotterranee, consumando acqua altrimenti destinata ai campi coltivati.
Fonte: http://www.asianews.it/
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