L’udienza inaugurale del processo d’appello all’Alta Corte del Punjab è stata rinviata a data da destinarsi. La donna sta male, i familiari sono perseguitati. Le speranze ridotte al lumicino.
Cattive notizie per Asia Bibi. Solo ieri è stata data notizia che l’udienza inaugurale del processo d’appello all’Alta Corte del Punjab, che avrebbe dovuto tenersi il 14 febbraio a Lahore, è stata rinviata a data da destinarsi per l’assenza di uno dei giudici. Un fatto sconcertante se si tiene conto che sono tre anni che si attende l’inizio del procedimento e che, intanto, Asia Bibi si trova in carcere.
CONDANNA A MORTE. I lettori di tempi.it conoscono la triste vicenda della donna di 50 anni che è ingiustamente incarcerata per un’accusa di blasfemia. Arrestata il 19 giugno 2009 e condannata a morte l’11 novembre 2010, Asia Bibi sarebbe colpevole di aver bevuto nella stessa tazza di una musulmana e di avere rifiutato la conversione all’islam. È stata condannata a morte in primo grado. Le sue condizioni di salute si sono aggravate a causa della prigionia e il suo unico sostegno sono le rare visite in incognito dei familiari (Asia Bibi è stata trasferita in un penitenziario lontano da casa e la famiglia deve vivere nascosta perché è perseguitata dagli estremisti) e la preghiera. A chi la va a trovare, Asia Bibi chiede di pregare: «Vi prego di fare tutto il possibile per la mia libertà. Sono forte, ma mi indebolisco giorno dopo giorno». Nel dicembre 2013 ha scritto una meravigliosa lettera a papa Francesco.
«LA MIA VITA PER CRISTO». Ma 1.714 giorni in carcere sono tanti, troppi. Il marito, Ashiq Masih, padre dei suoi 5 figli, non ha nascosto la sua delusione, parlando ormai di una «rara speranza per me e per i miei figli» e ha lanciato un appello alla Corte che «dovrebbe riconsiderare i fatti e rilasciarla» (scarica qui il taz&bao con l’appello in sua difesa).
Asia Bibi è una martire dei nostri giorni, dietro le sbarre solo per non voler negare la propria fede. Esemplari le sue parole, raccolte tempo fa: «Ho sacrificato la mia vita per seguire Gesù Cristo. Credo in Dio e nel suo grande amore e sono orgogliosa di sacrificarmi e passare la mia vita in prigione, come cristiana, piuttosto che convertirmi a un’altra religione in cambio della libertà».
Fonte: http://www.tempi.it/
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