L’iniziativa in risposta all’appello lanciato dall’Arunachal Christian Forum (Acf). A innescare la protesta, la mancata concessione dei terreni e l’arresto a inizio ottobre del pastore Joseph Singhi. Nell’area sorgono templi, moschee, monasteri ma non vi è un luogo di culto cristiano. Leader Acf: Questione di diritto, non di contrapposizione fra fedi diverse.
Delhi (AsiaNews) – “Giustizia per la chiesa di Tawang”. Con questo slogan centinaia di persone, appartenenti a diverse denominazioni cristiane, hanno promosso il 2 novembre una manifestazione all’IG Park di Iatanagar, capitale dello Stato dell’Arunachal Pradesh, per chiedere l’assegnazione di terreni per la costruzione di chiese. A lanciare l’ iniziativa (nella foto), cui hanno aderito fedeli di diverse aree fra cui la cittadina di Doimukh, l’Arunachal Christian Forum (Acf) sceso in campo per tutelare gli interessi delle comunità locali.
A innescare la protesta, l’arresto il 6 ottobre scorso del reverendo Joseph Singhi, pastore della chiesa Tawang Revival, in base alla denuncia presentata dal dipartimento che regola la gestione dei terreni. In base all’accusa, egli avrebbe sostenuto la “costruzione illegale” della chiesa. La vicenda ha quindi innescato pesanti condanne da parte di alcuni leader cristiani dello Stato.
In un secondo momento, le autorità hanno rilasciato il reverendo Singhi dietro pagamento di una cauzione e in base alle dichiarazioni di altre otto persone che hanno garantito per lui.
Rivolgendosi ai manifestanti del 2 novembre Toko Teki, presidente Acf, sottolinea la controversia divampata attorno alla Tawang Church “non è uno scontro con i fratelli e le sorelle buddisti di Tawang e dello Stato”. Per il forum “non è questione di buddisti contro cristiani, come qualcuno (pochi, in realtà) cerca di dipingere sui social network”. “Non vogliamo – proseguono i vertici cristiani – convertire i buddisti al cristianesimo e fare di Tawang un distretto cristiano. Abbiamo solo bisogno di un luogo di culto” per “impiegati amministrativi, operatori sanitari” e questo “è un nostro diritto democratico”.
Il presidente Acf prosegue sottolineando che la Chiesa è da sempre impegnata a mantenere la pace e la fratellanza nello Stato. Un’area dove peraltro i fedeli delle altre religioni, dai musulmani agli indù e buddisti dispongono di templi, monasteri e moschee. Solo i cristiani non rispondono di un luogo di culto in cui celebrare le loro funzioni e le preghiere comunitarie. “Tuttavia – prosegue Teki – se i nostri diritti democratici vengono negati, continueremo a combattere”. “Abbiamo presentato – aggiunge – un memorandum al governo, ma finora non abbiamo avuto alcun risultato” per questo la comunità si è decisa a scendere in piazza e manifestare.
Secondo Teki il governo “sta cercando di allestire un comitato” per risolvere la controversia. Se le raccomandazioni che verranno da questo comitato non saranno soddisfacenti, aggiunge, “continueremo le nostre iniziative di protesta in ogni quartiere del distretto”. La comunità cristiana occupa il terreno al centro della controversia dal 1999, anno in cui è stata costruita la chiesa previa presentazione della richiesta per l’assegnazione del lotto. In tutti questi anni non è mai arrivata una risposta ufficiale, fatta eccezione per una sentenza della Corte suprema del settembre 2009 secondo la quale non era permesso costruire templi, moschee, chiese, gurudwara nelle vie pubbliche, nei parchi, nelle piazze o nelle aree comuni.